Si è parlato molto del bando per la vendita dei diritti televisivi del campionato di serie A per il triennio 2018-2021, ma quasi nessuno si è soffermato sulla distribuzione di questi proventi tra le società che compongono la Lega di serie A.

La cosa merita, invece, un po’ di attenzione dal momento che proprio quest’anno entra in vigore la nuova legge che regola la distribuzione di tali ricavi voluta dall’ex ministro dello sport Lotti, appartenente al governo Renzi, che va a sostituire la legge Melandri in essere fino alla scorsa stagione. Incrementando la componente meritocratica, “cioè quella dei risultati conseguiti”, ed aumentando la quota divisa in parti uguali, questa legge ha l’intento dichiarato di ridurre il gap tra le risorse distribuite ai grandi club rispetto alle società medio-piccole.

Non crediate che le big del nostro campionato abbiano accettato di buon grado questi cambiamenti; alla fine se li sono fatti andare bene solamente perché la riduzione in percentuale sarebbe stata mitigata dal maggior incasso che la Lega aveva previsto di ottenere dalla vendita complessiva dei diritti tv, sia nazionali che all’estero.

In realtà poi le cose sono andate un po’ diversamente.

Sappiamo tutti come è andata a finire la vicenda con gli spagnoli di Mediapro e con la successiva vendita fatta col bando dei pacchetti avvenuta a favore di Sky e Perform, col risultato che al posto dei 1.050 milioni previsti ne sono arrivati poco più di 970, con una riduzione di circa 80 milioni di Euro.

Risultato? I minori introiti finiscono, coi nuovi criteri, per penalizzare i nostri 3 principali club, vale a dire Juventus, Inter e Milan, che incasseranno meno soldi rispetto al vecchio metodo.

A beneficiarne, al contrario, sono società come Roma, Napoli e Lazio su tutte.

Ricordiamo che i 970 milioni vanno a sommarsi ai 370 della vendita dei diritti della serie A all’estero (assegnati a IMG), e che detratte commissioni e spese alla fine le società si spartiranno circa 1.155 milioni di euro.

Cosa prevede la nuova legge Lotti? Il 50% sarà distribuito in egual misura ai club di serie A (era il 40% con la Melandri), mentre il restante 50% tiene conto del radicamento sociale (20%) e dei risultati sportivi (30%), privilegiando i risultati più recenti (il 15% terrà conto della classifica e dei punti della passata stagione, il 10% dei risultati del quinquennio precedente, il il 5% dei risultati dal ‘46 ad oggi).

Per quanto riguarda il radicamento sociale, spariscono indagini demoscopiche e abitanti della città, e si tiene solo conto degli spettatori paganti allo stadio (12%) e dell’audience televisivo (8%).

È chiaro che soprattutto quest’ultimo aspetto impatta molto sul risultato finale, dal momento che società come Juve, Inter e Milan godono di un numero di tifosi superiore rispetto a tutte le altre squadre.

Tenendo conto dei dati così ottenuti, e facendo un confronto tra quanto incasseranno le società con questo nuovo criterio rispetto a quello che avrebbero incassato con quello precedente, si evincono due conclusioni: la prima è che effettivamente si riduce abbastanza il gap tra gli incassi delle big e quelli delle piccole (la prima incasserebbe solo 75 milioni in più dell’ultima contro i 110 della scorsa stagione); la seconda è che nel confronto Juventus, Inter e Milan sarebbero i club a veder ridotti gli introiti da diritti tv rispetto alla stagione precedente (5 milioni circa per Juve e Milan, 2,5 per l’Inter), con le due milanesi scalzate dal podio delle società che incassano di più a favore di Napoli e Roma Il primato spetta comunque alla Juventus (con 106 milioni circa rispetto agli 89 del Napoli, agli 88 della Roma, agli 86 dell’Inter ed ai 78 del Milan).

Tutte, di contro, avrebbero incrementato le entrate da diritti tv qualora la torta fosse stata spartita col metodo Melandri, ma il gap sarebbe rimasto immutato tra i top club e le medio-piccole.