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38 lordi

 

Che confusione, sarà perchè tifiamo, è un emozione che sale piano piano, stringimi forte e stammi più vicino, e chi non salta...

 

 

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21 - Il caso Suarez

"Nessuna certezza è possibile senza prove. E forse nemmeno così." (R. Kipling)
Il 17 settembre 2020 cade di giovedì. Un cappellino sulla testa, la mascherina sul viso, lo zainetto dietro le spalle: Luis Suarez sembra uno studente al primo giorno di scuola. Mentre s’avvia verso l’ingresso dell’Università per stranieri di Perugia – è atterrato pochi minuti prima all’aeroporto umbro con un jet privato – i flash dei fotografi lo immortalano. È accompagnato dai boati della folla, acclamato da ragazzi e ragazze che gli chiedono selfie e autografo. Non è uno studente qualsiasi, pur se come altri quel giorno deve sostenere un esame. È l’ex prolifico e mortifero centravanti del Barcellona da cui s’è appena separato non senza reciproca rottura di cocci, è il Pistolero dell’Uruguay che al Mondiale del 2014 ha rifilato un morso a Chiellini, il quale è ancora il centrale della nazionale e indossa ancora la fascia di capitano della Juve.

La Juventus s’è cucita da poco al petto il trentaseiesimo scudetto, il suo nono di fila: il campionato di serie A è finito appena quaranta giorni prima, è stato sospeso mesi per colpa della pandemia di Covid. È stato un campionato anomalo, come anomala è stata tutta l’estate. Il calciomercato compresso, trattative dal 1° settembre al 5 ottobre; il campionato che parte nel week-end del 19 settembre: due giorni dopo il 17 settembre, il giorno dell’esame d’italiano per lo scolaro Luis Suarez.

La Juve all’esordio affronta la Sampdoria, proprio la squadra che ha battuto il 26 luglio conquistando con due giornate d’anticipo lo scudetto. Il tricolore, colorato dai 31 gol di Cristiano Ronaldo, non ha però evitato la rivoluzione in panchina: dopo appena un anno Andrea Agnelli ha già deciso di dare il benservito a Maurizio Sarri. Via l’allenatore che doveva inaugurare un nuovo progetto, via pure Gonzalo Higuain, il centravanti argentino ormai caduto in disgrazia. In panchina il direttore dell’area tecnica Fabio Paratici ha sistemato Andrea Pirlo. È alla sua prima esperienza da allenatore di prima squadra, non ha ancora superato l’esame a Coverciano, però ha accettato con piglio l’incarico, ha presentato il suo piano, ed espresso un solo desiderio. «Datemi un centravanti.» Il mercato ha però tempi ristretti, l’identikit è quasi obbligato. I bianconeri valutano Edin Dzeko per il quale la Roma non fa sconti, e valutano anche Luis Suarez. L’uruguagio, appena svincolato, pare abbia scritto un messaggio a Pavel Nedved: se volete, ci sono. La Juventus vorrebbe, ma è frenata da un inghippo burocratico: col tesseramento dello statunitense McKennie la lista extracomunitari è piena, trovare un buco è impossibile. A meno che…

A meno che Luis Suarez non venga tesserato come comunitario. Sofia Balbi è la moglie con parenti italiani, l’orizzonte pare possa allargarsi. Suarez però deve superare un esame: dimostrare di saper parlare l’italiano, così dice la legge. Deve fare cioè come migliaia e migliaia di normali richiedenti. Soltanto che tanti di quelli sono spesso odiosamente ostacolati, tenuti lontani dalle frontiere oppure rimandati indietro, sfruttando proprio quest’appiglio della conoscenza della lingua di Dante. Suarez però non è mica un richiedente qualsiasi: è un campione di calcio e per giunta c’è la Juventus che vuole tesserarlo. Certo, poi ci sarebbe da superare un altro ostacolo, che invece è di natura temporale. Il decreto in vigore si chiama “Decreto Sicurezza” o anche “Decreto Salvini”, e fissa in 48 mesi il termine per rispondere alle richieste di cittadinanza, mentre il ministro Luciana Lamorgese ha ispirato la riforma che lo ha ridotto a 36 mesi. Un richiedente, per ottenere una risposta dal ministero, deve cioè sperare di essere esaudito entro quattro anni, a meno che non arrivi un intervento dall’alto.

Paratici e la Juventus guardano verso il cielo: loro hanno solo pochi giorni di tempo perché il mercato chiude il 5 ottobre e il giorno dopo bisogna presentare la lista Uefa per la Champions. I tempi sono stretti, gli ostacoli si frappongono uno dopo l’altro. E poi c’è la questione dell’esame in presenza, si è ancora in periodo pandemico e l’Università deve scadenzare le sedute. Anche quella del 17 settembre.

Il 17 settembre 2020, intanto, Luis Suarez sostiene l’esame di lingua italiana, gli serve una certificazione B1 per poter poi compilare il modulo e completare la richiesta per ottenere la cittadinanza italiana. L’esame scorre via fluido. Rapido. Venti minuti in tutto: eppure, di solito, dicono e scrivono gli altri studenti richiedenti, dura in media oltre due ore. Suarez lascia sorridente palazzo Valitutti a Perugia, e addirittura nello zainetto porta già via il diploma di certificazione di conoscenza della lingua italiana, livello B1. Una toccata e fuga, tanto che alle ore 10.11 la professoressa Stefania Spina che ha preparato lo studente Luis Suarez all’esame, cinguetta su Twitter: «Grazie @LuisSuarez9 per la tua visita di oggi all’Università per stranieri di Perugia. È stato un piacere averti come studente!».

L’esame si è trasformato in un evento mediatico, Perugia invasa da cronisti e fotografi, sui social si scatena una valanga di commenti. Molti studenti utenti non si nascondono, definiscono la prova di Suarez una “pagliacciata”, protestano perché un esame che in media supera le due ore è durato invece appena venti minuti per il centravanti; qualcuno ironizza e chiede se esistano esami di tre minuti per diventare astronauti, c’è chi accusa sostenendo che sia tutta una truffa.

Fuffa, invece, dice la Juventus, non c’è più nulla sulla trattativa per Suarez: le voci che lo vorrebbero in bianconero sono di un altro pianeta. Da qualche giorno tv, quotidiani e siti specializzati raccolgono e filtrano i pensieri bianconeri: Suarez non sarebbe più nel mirino, complicato ottenere la cittadinanza italiana entro il 5 ottobre. E così, mentre Suarez riprende l’aereo, si riapre la pista Dzeko cui si aggiunge quella che porterebbe a Milik, e torna in auge il ritorno di Alvaro Morata dopo l’esperienza all’Atletico Madrid, e non si esclude l’ipotesi Depay. Due giorni dopo l’esame a Perugia, a ridosso della prima contro la Samp, Andrea Pirlo sospira: «Aspetto l’attaccante, è difficile che arrivi». Pur senza il centravanti, il giorno dopo la Juventus rifila tre gol alla Samp.

Due giorni dopo, curiosamente proprio mentre Alvaro Morata sta sostenendo le visite mediche allo Juventus Medical Center, le agenzie di stampa battono una notizia. Arriva da Perugia: la Procura della Repubblica ha emesso un decreto di otto pagine dopo aver ricevuto un’informativa della Guardia di Finanza firmata dal colonnello Selvaggio che curiosamente di cognome fa Sarri. Le indagini della magistratura sono condotte dai pm Paolo Abritti e Gianpaolo Mocetti, il decreto porta invece la firma del procuratore capo Raffaele Cantone, il magistrato che vive e lavora sotto scorta perché minacciato di morte dal clan dei Casalesi e in precedenza presidente dell’Autorità anticorruzione.

«L’esame di Suarez è stato una truffa» raccontano quelle otto pagine di decreto: vengono sequestrati cellulari e documenti mentre nel registro degli indagati compaiono la rettrice dell’Università degli stranieri Giuliana Grego Bolli, il direttore generale dell’ateneo Simone Olivieri, l’esaminatore del centravanti Lorenzo Rocca, Stefania Spina, che è la docente incaricata di preparare Suarez per il test e Cinzia Campagna che ha predisposto l’attestato di livello B1 per Luis Suarez. «Io lo faccio già preparare, ma devo attendere l’anagrafica, una volta che si è inserito, io posso già metterci il voto. Mi dici tu che voto ci do e via» dice la Campagna a Rocca che risponde: «Brava, mettici il minimo». L’altra risponde: «3, 3, 3, 3, 3», e Rocca aggiunge: «Brava, perfetto: metti tutti 3. E perché tanto ho sentito la rettrice ieri, la linea è quella».

Come dicono gli indagati, Suarez non «spiccica» una parola d’italiano, ma con «10 milioni di euro di stipendio» l’esame lo deve passare. A parlare è la professoressa Spina che in un’altra conversazione, registrata dagli uomini della Guardia di Finanza qualche giorno prima del 17 settembre, dice: «Per dirtela tutta oggi abbiamo praticamente concordato quello che gli farà l’esame. Quindi mi ha detto fagli scegliere ’ste due immagini… Oggi c’ho l’ultima lezione e me la devo preparare perché non spiccica ’na parola… Far passare due ore di lezione con uno così non è facile».

Gli indagati sono accusati di rivelazione di segreto d’ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, l’inchiesta contempla anche altri reati e altri indagati, però ancora non resi pubblici. Intanto Bolli, Rocca, Oliveri e Spina, si legge nel primo decreto, «in concorso tra loro, rivelavano i contenuti della prova di esame orale del 17 all’esito della quale veniva rilasciata in favore di Suarez Diaz Luis Alberto l’attestazione della conoscenza italiana di livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento necessario per il conseguimento della cittadinanza italiana». E sempre nello stesso decreto si legge: «Gli argomenti oggetto della prova d’esame sono stati preventivamente concordati con il candidato e il relativo punteggio è stato attribuito prima ancora dello svolgimento della stessa, nonostante sia stata riscontrata nel corso delle lezioni a distanza svolte dai docenti dell’Ateneo, una conoscenza elementare della lingua italiana».

Inizia la giostra delle domande, dei sospetti, delle dichiarazioni. L’Università di Perugia dirama un comunicato: «In relazione agli accertamenti in corso all’Università per stranieri di Perugia ribadisce la correttezza e la trasparenza delle procedure seguite per l’esame sostenuto dal calciatore Luis Suarez e confida che ciò emergerà con chiarezza al termine delle verifiche in corso». Nella lista degli indagati non figurano né Suarez, né i componenti del suo entourage. E la Juventus? Il colonnello Selvaggio Sarri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Perugia chiarisce come al momento il club bianconero sia estraneo ai fatti: «Non abbiamo evidenze particolari, a meno che nel corso delle perquisizioni in atto non troviamo qualcos’altro. Per il momento gli indagati sono soltanto all’interno dell’ateneo». Molte inchieste nascono per caso. Ed è il caso anche di quella che sta per far fibrillare il mondo del calcio, riportando al centro del dibattito la questione dei “passaporti facili o taroccati” nel pallone italiano.

Nel 2000 una doppia inchiesta (si mossero la magistratura ordinaria e quella sportiva) nacque dopo il fermo all’aeroporto di Varsavia di due calciatori dell’Udinese, Warley e Alberto. I funzionari polacchi avevano scoperto che i due passaporti comunitari erano falsi, e da lì sarebbe partita un’inchiesta che avrebbe coinvolto altri club e altri giocatori. La vicenda sarebbe così diventata “Passaportopoli”: al lavoro le Procure di Udine, Roma e Milano. Quella meneghina affondò le ricerche nel tempo tornando a qualche anno prima, quando l’Inter aveva tesserato Recoba. Saltarono fuori altri due passaporti portoghesi finti dell’Udinese (Da Silva e Jorginho) e lo scandalo si allargò a macchia d’olio, tra pesci piccoli (tre Primavera della Sampdoria: Job, Ondoa e Zé) e molto grossi: su tutti, Alvaro Recoba dell’Inter, Gustavo Bartelt e Fabio Junior della Roma e Dida del Milan. Oltre a Veron. “Passaportopoli”, a livello sportivo, costerà ai club robuste pene pecuniarie (3 miliardi di lire all’Udinese, unica a pagare per responsabilità diretta, 2 per Inter e Lazio) e nessun punto di penalizzazione, mentre ai giocatori e ai dirigenti arrivarono solo squalifiche, molte però scontate a campionato fermo.

Qualcuno, come Recoba e Lele Oriali (responsabile dell’area tecnica dell’Inter), fu condannato anche dalla giustizia ordinaria: 6 mesi patteggiati per concorso in falso e ricettazione e trasformati in una multa da 21.000 euro. Anche il portiere milanista Dida, sempre iscritto come extracomunitario pur avendo un passaporto portoghese (falso) ne uscirà con sette mesi di reclusione, pena mai scontata grazie alla sospensione condizionale. Il colpo di spugna sportivo fu reso possibile dalla decisione del 4 maggio 2001, quando la Corte federale dichiarò illegittimo l’art. 40, comma 7 delle Norme organizzative interne della Federcalcio, nella parte in cui prevedeva che «soltanto tre dei calciatori tesserati e provenienti da paesi extracomunitari potessero essere utilizzati nelle gare ufficiali in ambito nazionale».

La vicenda però tenne banco per mesi, diventò oggetto di veleni e gag televisive, tanto che Teo Teocoli a Quelli che il Calcio fece l’imitazione di Sensi, all’epoca presidente della Roma, intento a risalire la sponda di un fiume brasiliano pur di confermare l’italianità di Cafu: la Roma la prese male, tanto da chiedere di stoppare l’intervento.

Vent’anni dopo il tema dei passaporti facili nel calcio è tornato d’attualità. Inizia a emergere grazie a un’inchiesta che si stava occupando d’altro. Come spesso capita, per un caso fortuito. Dal febbraio del 2020 la Procura di Perugia e la Guardia di Finanza stanno infatti indagando su presunte irregolarità in esami, nomine, appalti e concorsi che riguardano l’Università di Perugia. Una conversazione intercettata dai finanzieri però fa aprire immediatamente un altro fascicolo. Il mirino si sposta, devìa sul pallone. «Questa di Suarez è una gatta da pelare, come si fa si fa male»; «se lo bocciate ci fanno attentati»; «l’abbiamo instradato bene, sta memorizzando parte dell’esame»; «non coniuga i verbi, parla all’infinito»: sono altre delle conversazioni registrate e ascoltate prima del 17 settembre, prima dell’esame di Suarez. I finanzieri e la Procura sono in allerta mentre curiosamente le voci di calciomercato, con l’avvicinarsi del giorno dell’esame, riferiscono che la Juve starebbe mollando la presa su Suarez, pronta a dirottarsi altrove.

Quattro giorni dopo l’esame arriva il decreto della procura di Perugia, il procuratore capo Cantone dice «l’esame di Suarez è stato una farsa». Da quel giorno quella deriva laterale nell’inchiesta principale avviata da mesi diventa come un fiume carsico, che scorre sotterraneo e che poi emerge dalle falde della terra, tranne poi ritornare implacabilmente invisibile. Un fiume impetuoso che non coinvolgerà solo docenti universitari, funzionari, professori e dipendenti. E non soltanto avvocati e dirigenti della Juventus, ma persino un ministro, prefetti, funzionari ministeriali e statali.

Le intercettazioni riveleranno ingerenze, manovre, interessamenti, influenze, richieste di piaceri, promesse. Salvini tuona: «Chi ha truccato va licenziato in tronco». Il premier Conte rassicura: «L’inchiesta c’è, ci sarà ed andrà avanti». L’inchiesta comincia ad allargarsi, iniziano ad affiorare domande legate a sospetti: ma non è strano che mentre ancora ai primi di settembre – come da intercettazioni – si preparava l’esame facilitato a Suarez, la Juventus abbia cominciato a guardarsi pure altrove? Che avesse sentito puzza di bruciato? Al 22 settembre gli unici indagati sono i cinque dell’Università, non coinvolto Suarez né il suo entourage, non coinvolta la Juventus. Ma il clamore è tanto.

Tant’è che il 23 settembre la Procura della Figc apre un fascicolo sulla vicenda: il procuratore capo Giuseppe Chiné chiede gli atti alla Procura della Repubblica di Perugia, comprese le intercettazioni telefoniche, per capire se ci sia anche il coinvolgimento del club e di tesserati bianconeri; dispone audizioni e indagini. In via teorica, se riconosciuta colpevole, la società rischia punti di penalizzazione fino alla retrocessione. Due giorni dopo, a Perugia, vengono ascoltati l’avvocato del club Luigi Chiappero e una sua collega di studio, Maria Cesarina Turco, che è quella che ha materialmente seguito la pratica con il direttore generale dell’Università Simone Olivieri, indagato con gli altri quattro professori e funzionari universitari. Chiappero ha invece assistito a una delle telefonate tra la collega e Olivieri. L’audizione dei due legali dura quasi otto ore. «Abbiamo ribadito la trasparenza del nostro operato professionale e contribuito in maniera positiva alla ricostruzione dei fatti in un incontro costruttivo,» dice Chiappero al termine dell’incontro in Procura «la Juve è estranea ai fatti.»

Intanto affiorano altre intercettazioni, mentre le indagini della Procura guidata da Raffaele Cantone vanno avanti. Tra le intercettazioni ne risaltano alcune, delimitate in un arco temporale che lascerebbe capire come la Juventus, dalla fine di agosto sino alla prima decade di settembre, stesse cercando di chiudere per il tesseramento di Suarez: per farlo bisognava che l’uruguaiano sostenesse l’esame d’italiano per poter poi chiedere la cittadinanza. Tempi stretti, a fronte di passaggi burocratici lunghi e ben definiti.

A riprova, basta riannodare il filo di alcuni messaggi che si scambiano Paratici, il segretario della Juventus Maurizio Lombardo e l’avvocato Maria Turco. Il 29 agosto Paratici scrive a Lombardo: «Sono in un posto dove non prende il telefono, ti chiamo alle 22 per Suarez». Il giorno dopo Lombardo scrive a Paratici: «Fabio, la mail per Ivan [avvocato di Suarez] è pronta, la mando?». La risposta di Paratici: «Mandala a pres. e Ivan». La contro-risposta: «Al pres. l’ho mandata un’ora fa. Adesso la mando a Ivan, ok? Sei in entrambe le mail in copia!». Il 3 settembre, negli atti allegati all’inchiesta, Lombardo parla di Paratici e dell’ex ministro ai Trasporti, Paola De Micheli. Racconta ai magistrati che Paratici gli dà il numero della De Micheli, sua amica d’infanzia, e l’invita a mandarle via WhatsApp i documenti di Suarez che aveva ricevuto dall’avvocato Zaldua. «Paratici non mi disse nulla sul motivo per cui dovessi mandare questi documenti alla De Micheli né io chiesi nulla. Il ministro non mi rispose in alcun modo».

Sempre il 3 settembre, qualche ora dopo, in un’altra chat Paratici discute sulle pratiche per l’ottenimento della cittadinanza di Suarez. Si cerca un appuntamento in Prefettura a Torino per avere informazioni. Lombardo scrive: «La Prefettura mi ha confermato che oggi non poteva ricevermi. Dina sta cercando di fissare per domani mattina». Dina è Dina Moschillo, assistente del presidente della Juventus Andrea Agnelli. Paratici sbotta, scrive seccato sulla chat: «Caz… siamo la Juve e non ci riceve la Prefettura». Lombardo invia a Paratici il testo di una risposta di Dina: «Maurizio, il vicario del Prefetto, il dottor Parente, ti aspetta domani in Prefettura». Il 7 settembre Paratici scambia altri messaggi, scrive a Lombardo: «Se riesci 16,15, vieni al Jtc che ti parlo di Sarri e Higuain». E Lombardo: «Sì vengo, così ci allineiamo su Suarez, cinque minuti e sono lì». Il 9 settembre, in un’altra chat, l’avvocato Turco scrive: «Hanno deliberato la sessione dell’esame del 17 come sdoppiamento di quella del 22 per evitare assembramenti. Pertanto la sessione non sarebbe solo per il ragazzo. È chiaro quindi che se non si presenta in quanto non va in porto il tesseramento non ci sono problemi». Sempre l’avvocato Turco, in un’altra chat: «Lo organizzo facendo mandare la richiesta dall’avvocato spagnolo in nome e per conto del calciatore. Vi aggiorno».

L’aggiornamento, nei convulsi giorni che partono da fine settembre 2020, cioè da quando è diventata di dominio pubblico l’inchiesta sull’esame di Suarez e sul presunto coinvolgimento della Juve, diventa così un fiume di rivelazioni, intercettazioni, audizioni. Interessano e toccano la Juve, vengono ascoltati Paratici e il suo vice Cherubini (dalle audizioni pare emergere la circostanza che fosse stato il dirigente umbro, e non Paratici, a sondare i vertici dell’università perugina per capire se Suarez potesse sostenere lì l’esame, e questo in virtù di un rapporto con una vecchia conoscenza in ateneo), Lombardo, gli avvocati e persino il presidente Agnelli che intanto scarica le responsabilità su Paratici: aveva mano libera sul mercato. Dunque pure sul modo in cui tesserare Suarez.

Emergono anche nuovi particolari sulla preparazione e lo svolgimento dell’esame. Nasce un tormentone, dopo che è comparso anche il video della prova, nel corso della quale al trentacinquenne uruguaiano era stato chiesto di descrivere due immagini. Lui aveva risposto così: «Ci sono quattro persone, papà, mamma, bambino e bambina… per fare spesa… bambino porta cocumella…». Sarebbe cocomero, la frase detta da Suarez suscita ilarità.

Gli inquirenti accostano date, intercettazioni, conversazioni, il quadro accusatorio inizia a farsi sempre più probante. Quelle frasi coniugate all’infinito da Suarez riportano indietro. Eloquenti le conversazioni telefoniche intercettate dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Perugia. Come quella del 12 settembre – cinque giorni prima della prova di Suarez – tra un professore (Diodato) e la tutor Stefania Spina, docente del breve corso online di italiano seguito dal giocatore. Diodato: «Comunque… tornando seri… hai una grande responsabilità perché se lo bocciate ci fanno gli attentati terroristici». Spina: «Ma te pare che lo bocciamo!». Diodato: «Tante volte…».

Spina: «Per dirtela tutta, oggi ha chiamato Lorenzo Rocca che gli ha fatto la simulazione dell’esame e abbiamo praticamente concordato quello che gli farà l’esame! Quindi mi ha detto, guarda fagli scegliere ste due immagini…». Il 15 settembre la tutor Spina parla con un interlocutore sconosciuto agli inquirenti.

Spina: «Oggi ho l’ultima lezione, me la devo preparare perché non spiccica una parola e far passare due ore di lezione con uno così non è facile, comunque a parte questo…».

L’interlocutore: «E che livello dovrebbe passare questo ragazzo, B1?».

S.: «Eee, non dovrebbe. Deve. Passerà, perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1. Il B1, il B1, cittadinanza… considera che è un A1… non coniuga i verbi, non coniuga i verbi. Parla all’infinito. Vabbè comunque queste sono cose che è chiaro che… che fai glielo fermi per il B1 cittadinanza? Cioè, voglio dì, fa ridere no?».

Un’altra intercettazione interessante è quella tra la rettrice Giuliana Grego Bolli e il professore Lorenzo Rocca. Rocca: «Eh, allora, lui si sta un po’ memorizzando le varie parti dell’esame».

Grego: «Ma infatti è questo. Deve essere sul binario, ecco!».

R.: «Esatto esatto, l’abbiamo instradato bene».

G.: «E deve essere su quel binario lì».

R.: «Su quel binario lì. Il discorso è che comunque… sul verbale non ho problemi a metterci la firma, perché in commissione ci sono io e mi assumerò la responsabilità dell’attribuzione del punteggio. Il mio timore qual è, che poi tirando tirando, diamo il livello ed esce, i giornalisti fanno due domande in italiano e la persona va in crisi. Quindi un po’ di preoccupazione ce l’ho perché è una gatta da pelare, come si fa, si fa male».

Infine, l’indicazione del voto preventiva, fatta ancor prima di sostenere l’esame. La Procura di Perugia lo desume dalla conversazione avvenuta il 15 settembre tra Lorenzo Rocca e l’impiegata Cinzia Camagna. «Il primo indica alla seconda» si legge negli atti d’indagine «anche i voti che dovranno essere inseriti nel certificato che è predisposto prima della prova».

Camagna: «Lo faccio già preparare ma devo attendere l’anagrafica, una volta inserito posso metterci già il voto. Mi dici tu che voto ci do e via».

Rocca: «Brava, mettici il minimo».

C.: «Tre, tre, tre, tre, tre!».

R.: «Perfetto».

C.: «È il minimo 3?».

R.: «Sì sì, metti tutti 3. E perché tanto ho sentito la rettrice ieri, la linea è quella». A Suarez sarebbe stato inviato il testo dell’esame, in formato pdf, cinque giorni prima dell’esame.

La Procura di Torino è ferma poiché non sarebbero stati commessi eventuali reati a Torino, la Procura Figc si muove con lentezza. Il Codacons chiede fermezza e la Corte dei Conti apre un fascicolo per «possibile danno erariale». La linea investigativa della Procura di Perugia prende invece una piega ben definita. A dicembre sul registro degli indagati, ai cinque dell’Università umbra si aggiungono i nomi di Fabio Paratici e degli avvocati Chiappero e Turco mentre vengono sospesi anche i vertici dell’Università per stranieri di Perugia. Nelle carte dell’inchiesta compare anche la telefonata della ministra De Micheli per mettere in contatto Paratici, suo amico d’infanzia, con il capo di gabinetto del Viminale, Bruno Frattasi, che diventerà (lo è ancora) prefetto di Roma. Gli avvisi di garanzia vengono notificati a Torino, a Perugia è recapitata ai vertici dell’Università per stranieri un’ordinanza emessa dal gip di applicazione della misura cautelare interdittiva della sospensione per otto mesi dall’esercizio del pubblico ufficio per la rettrice Giuliana Grego, il direttore generale Simone Olivieri, la professoressa Stefania Spina (che ha preparato Suarez all’esame) e il componente della commissione “CELI Immigrati” Lorenzo Rocca, per i reati di rivelazione del segreto d’ufficio finalizzata all’indebito profitto patrimoniale e plurime falsità ideologiche in atti pubblici.

«Gli accertamenti investigativi hanno consentito» sostengono i pm «di comprendere come, nei primi giorni del mese di settembre del 2020, la dirigenza del club torinese si fosse attivata, anche ai massimi livelli istituzionali, per “accelerare” il riconoscimento della cittadinanza italiana nei confronti di Suarez, facendo, quindi, ipotizzare nuove ipotesi di reato a carico di soggetti diversi dagli appartenenti all’università, tuttora in corso di approfondimento.»

La Juventus in un comunicato ribadisce «con forza la correttezza dell’operato di Paratici e confida che le indagini in corso contribuiranno a chiarire la sua posizione in tempi ragionevoli». Il reato contestato a Paratici è quello delle false dichiarazioni al pubblico ministero, come anche per lo storico avvocato della Juve Luigi Chiappero. Maria Turco invece, sempre dello studio legale Chiusano, è accusata di aver concorso moralmente e di essere stata ispiratrice, su mandato della Juventus, del falso con cui l’Università per stranieri istituiva una sessione d’esame straordinaria motivandola con le esigenze logistiche legate al Covid.

«Abbiamo la fortuna che comunque le persone, sempre per la questione Covid, non potranno entrare durante l’esame … Questo ci dà una mano», diceva l’11 settembre Simone Olivieri, direttore generale dell’Università di Perugia per stranieri a Lorenzo Rocca, componente della commissione. In realtà, la nuova data d’esame sembra essere stata pianificata proprio per rendere possibile al calciatore di ottenere la certificazione in tempo utile per una sbrigativa pratica per l’ottenimento della cittadinanza italiana.

Dopo le perquisizioni e i sequestri del 22 settembre 2020, a inizio dicembre le indagini della Guardia di Finanza di Perugia restituiscono un quadro probatorio delineato: la sessione istituita ad personam sarebbe stato un pro forma concordato tra tutti gli attori della vicenda. Nonostante l’affare Suarez fosse poi saltato, si sottolinea come «la dirigenza della Juventus si muoveva ai massimi livelli istituzionali per velocizzare la pratica ministeriale» scrive il gip Piercarlo Frabotta nell’ordinanza «vedi i contatti tra lui e il ministro Paola De Micheli la quale ha ammesso di avergli procurato il contatto del Capo di gabinetto del Ministero dell’Interno». Dopo la segnalazione, prosegue il giudice, ci sono state «successive interlocuzioni tra l’avvocato Chiappero e il viceprefetto Antonella Dinacci, sempre sulla problematica del conseguimento della cittadinanza italiana da parte del calciatore Suarez».

De Micheli però precisa: «Non ho nulla a che fare con la procedura d’esame di Suarez. Ho solo chiamato il capo di gabinetto del ministero dell’Interno, Bruno Frattasi, per anticipargli che sarebbe stato contattato da un dirigente della Juventus che aveva bisogno di avere informazioni necessarie per completare la pratica per il riconoscimento della cittadinanza italiana».

Il caso si aggroviglia, tra imbarazzi e smentite. A Perugia intanto aveva sbottato Cantone: «Ci sono troppe violazioni del segreto istruttorio». Per questo aveva fermato, per “riprogrammarle”, le indagini e fatto partire la caccia alla talpa. A chi cioè avrebbe avvertito la Juventus, consegnandole un messaggio del tipo: state attenti, sull’esame fasullo di Luis Suarez c’è un’inchiesta in corso, è meglio se mollate tutto. Il particolare emerge da un documento trapelato dalla Procura che viene pubblicato sul sito del «Corriere della Sera». È una parte dell’atto col quale gli inquirenti avevano chiesto i domiciliari per i dirigenti dell’ateneo, solo sospesi invece dal giudice Frabotta. Non, quindi, un passo avanti rispetto all’avviso di garanzia per Fabio Paratici per «false informazioni al pm», ma una spiegazione del motivo. Sui dubbi del pm, si legge. «Sussistono fondati dubbi che i rappresentanti della Juventus abbiano potuto avere contezza, tra l’8 e il 14 settembre, di questo procedimento e delle attività tecniche in corso.»

Ricostruendo, quindi: la Juventus ha avviato la pratica per far ottenere la cittadinanza a Suarez e ha fissato l’esame all’Università per stranieri di Perugia; nel frattempo la dirigenza si tiene in collegamento con il ministero dell’Interno (i cui contatti erano stati forniti a Paratici dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli) per capire se l’iter della pratica consentisse il tesseramento in tempo utile, cioè per il 4 ottobre. A un certo punto, più o meno fra il 14 e il 15 settembre, la Juventus molla Suarez. Perché? La tesi della Procura è che la Juve sia stata informata dell’indagine: può darsi che si scopra tutto, meglio lasciar perdere Suarez e l’esame di italiano.

Interrogati, Paratici e Chiappero ricostruiscono la vicenda in modo diverso e per questo sono stati indagati per «false informazioni», mentre l’avvocato Turco è indagata perché indicata come istigatrice e concorrente morale del falso. La versione della Juve invece è che il problema fossero le tempistiche per l’ottenimento della cittadinanza. Per questo la pista Suarez è stata abbandonata. Tra le persone sentite c’è anche il prefetto Rabuano, uno dei funzionari che la Juve aveva contattato per capire i tempi della pratica. Il prefetto dice agli inquirenti: «L’ufficio in determinati casi può fare segnalazioni di urgenza dietro documentata richiesta, quindi la pratica poteva essere perfezionata anche a ottobre, salvo buon esito dell’attività degli uffici». Su questo particolare la versione della Juventus potrebbe trovare appigli. Rabuano non garantisce infatti sulla tassativa scadenza del 4 ottobre, ed è proprio l’assenza di certezze che – dice la difesa della Juve – induce Paratici a virare su Dzeko, a sua volta saltato all’ultimo momento in favore di Morata.

Le indagini intanto vanno avanti: si cerca la talpa o le talpe, soprattutto si cerca una prova circostanziata dell’eventuale corruzione dei vertici dell’Università perugina da parte della Juventus perché il nocciolo della questione, per le conseguenze penali e sportive del club, resterebbe questo. Il gip Frabotta nel dispositivo a dicembre 2020 sottolinea «l’assenza di qualsivoglia spunto investigativo che lasci fondatamente accreditare la sussistenza di intese corruttive tra gli odierni indagati e soggetti appartenenti all’entourage della Juventus».

Però restano nell’aria altre frasi, anche queste fanno parte della valanga d’intercettazioni. C’è una conversazione tra Simone Olivieri, uno dei professori, e il rettore dell’Università di Perugia Maurizio Oliviero, e successivamente tra lo stesso Olivieri e il legale della Juventus Turco: parlando si stabilisce una sessione ad hoc per Suarez. «La sessione straordinaria» scrive il giudice «veniva istituita ad personam solo per consentire al calciatore di ottenere, nei tempi richiesti dalla società sportiva Juventus Football club spa, e all’esito di una fittizia procedura di esame, la richiamata certificazione linguistica». E in queste intercettazioni viene citato Paratici che ha parlato con Maurizio Oliviero che dice: «Ho sentito Paratici, mi ha detto che scelgono Perugia e non Siena».

Che la sessione d’esame sia ad hoc per Suarez lo si percepisce nelle intercettazioni tra la rettrice Grego Bolli e Olivieri. La rettrice, parlando al telefono, dice: «Ieri ricevo una telefonata: “Pronto sono Fabio Paratici”. Io lo stavo mandando a fanculo. Ma poi ho capito che era lui. Paratici è più famoso di Mattarella. Paratici è il direttore sportivo più potente del mondo. E praticamente devo dargli una mano nell’esame per Suarez». Simone Olivieri, secondo quanto scritto nell’ordinanza, parlando con il professor Rocca afferma che la Juventus è disposta a spedire a Perugia per gli esami anche una serie di calciatori della squadra Primavera: «Perché la Juve mi ha detto che vorrebbe fare un accordo per mandare anche i calciatori della squadra Primavera tutti». È una baraonda, un’orgia di dichiarazioni e rivelazioni: il vero e il verosimile, il possibile e il probabile, il comico e l’assurdo.

Intanto, mentre la Guardia di Finanza indaga su chi ha pagato il volo del jet che ha portato a settembre Suarez da Barcellona a Perugia, Luis Suarez è tornato a giocare e segnare. Veste la maglia dell’Atletico Madrid mentre la Juventus di Pirlo fatica a tenere il passo delle prime. Sul versante istituzionale e politico il ministro dell’Università Manfredi assicura: «Per la certificazione d’italiano si cambia» mentre la rettrice dell’Università per stranieri si è già dimessa.

Mancano pochi giorni alla fine del 2020, è il 19 dicembre quando, grazie a una rogatoria internazionale, vengono ascoltati Suarez e il suo agente. Collegato in videoconferenza dalla Spagna, risponde per due ore alle domande del procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone e dei pm Paolo Abbritti e Gianpaolo Mocetti. Un interprete traduce, confermando così che Luis non conosce una sola parola della lingua italiana. Dai verbali emerge che Suarez avrebbe affermato che tra il 28-29 agosto era stato siglato un preliminare di contratto con la Juve. Poche settimane dopo però il dietrofront. A metà di settembre lui e il suo entourage avrebbero ricevuto una telefonata da Fabio Paratici che informava di come il suo trasferimento a Torino fosse saltato. Chiedono a Suarez se conoscesse già le domande prima dell’esame del 17, e pare che lui dia una risposta senza equivoci: sì, ne era a conoscenza.

Ai magistrati, un mese prima, Paratici aveva detto che la Juventus aveva trovato l’accordo sull’ingaggio di Luis Suarez il 30 agosto con un contratto da 7,5 milioni di euro a stagione più bonus. Poche ore dopo però era stato assalito da alcuni dubbi sullo status comunitario dell’uruguaiano e per questo aveva contattato uno dei suoi legali che gli confermò la mancanza del passaporto europeo. A quel punto parte la “caccia” ai documenti, da ottenere attraverso l’esame. Davanti ai magistrati Paratici aveva però spiegato che, sulla scia di quanto comunicatogli dall’avvocato Chiappero, sarebbe stato impossibile ottenere in tempo la certificazione linguistica necessaria per le scadenze della nuova stagione, per cui fu deciso intorno al 12-13 settembre di mollare la pista sul bomber.

Proprio su tempistiche e modalità continua a indagare la Procura che vuole vederci chiaro sulla possibile fuga di notizie, e sull’eventualità che il club bianconero sia venuto a conoscenza dell’inchiesta. L’interrogatorio è dell’11 novembre. Il 4 dicembre come scritto in precedenza, Paratici viene indagato per «false dichiarazioni». Nel verbale il general manager bianconero aveva escluso di avere avuto contatti con i ministeri, situazione però smentita poi dal ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, che invece aveva riferito di aver ricevuto una telefonata proprio da Paratici suo «amico d’infanzia», che le chiese delucidazioni sull’iter per l’ottenimento del passaporto. Negli atti risultano anche i messaggi WhatsApp tra la De Micheli e il capo di gabinetto del Viminale, Bruno Frattasi, con la richiesta della ministra: «La Juventus mi chiede notizie di questa richiesta di cittadinanza. Mi aiuteresti?». Quando il funzionario risponde «l’istanza è stata rifiutata per mancanza del requisito della conoscenza della lingua italiana dal consolato di Barcellona», il ministro risponde: «Trattasi di un giocatore che la Juve vuole comprare. Non ha fatto l’esame perché sta da 11 anni in Europa. Mi consigli di mettere in contatto la Juve con un tuo dirigente per accelerare????». Dal verbale emerge poi come il ministro ribadisca di non aver avuto più altri contatti sulla vicenda: «Non ho più avuto alcun riscontro, né dal ministero, né da Paratici. Con lui mi sono sentita diverse volte, ma non mi ha fatto più alcun cenno alla vicenda Suarez».

La vicenda Suarez invece prosegue. A Perugia viene interrogato anche Andrea Agnelli, il presidente della Juventus ascoltato dagli inquirenti dopo i dirigenti Paratici, Cherubini e Lombardo, che intanto dall’ottobre del 2020 non è più alla Juventus. «La Juventus non ha organizzato l’esame di Suarez, al giocatore era stata anche già comunicata la volontà della società di non volerlo più tesserare», aveva detto qualche giorno dopo l’esame farsa dell’attaccante uruguaiano. Ai magistrati il numero uno bianconero, ascoltato come persona informata sui fatti, ribadisce l’estraneità della Juventus a tutta l’operazione messa in atto a Perugia dall’Università per stranieri. La deposizione viene definita non rilevante ai fini dell’inchiesta.

Mentre ancora non sono state chiuse le indagini, a febbraio del 2021 arriva la prima sentenza. Il professor Lorenzo Rocca, uno degli esaminatori di Suarez, patteggia: un anno di pena, sospesa con la condizionale. Così facendo però la sua posizione esce dall’inchiesta principale. Due mesi dopo – è l’aprile del 2021 – la Procura di Perugia chiude le indagini. Rischiano di finire a processo l’ex rettrice Giuliana Grego Bolli, l’ex Dg dell’Università Simone Olivieri, la professoressa Stefania Spina e l’avvocato della Juventus Maria Turco. Le accuse sono di falso ideologico, rivelazione di segreto d’ufficio e falso materiale. Secondo l’accusa, l’avvocato Maria Turco ha agito da «concorrente morale e istigatrice». Il falso lo avrebbe istigato proprio lei in concorso con Grego Bolli, Olivieri e Spina, tutti e tre poi accusati anche di aver alterato l’esame inviando il contenuto della prova a Suarez e imputati anche della falsa attestazione della conoscenza della lingua italiana di Suarez.

Nell’attesa dei rinvii a giudizio, sui quotidiani arrivano nuovi passaggi dell’inchiesta. Fanno riferimento al verbale d’interrogatorio di Andrea Agnelli reso qualche mese prima. Spunti assai interessanti. «Ho appreso dell’esame di Suarez dai giornali e ricordo che chiamai il calciatore in un’unica occasione, per ringraziarlo di essersi proposto […] Tutta la trattativa l’ha gestita Paratici, in quel periodo noi sul mercato ci stavamo muovendo anche su Dzeko […] Di Suarez ricordo che durante un pranzo, svolto mi pare a fine agosto, il nostro vicepresidente Pavel Nedved mi disse che il calciatore del Barcellona si era proposto, con un sms, per un ingaggio alla Juventus. All’inizio di settembre fui informato che l’ingaggio era di difficile realizzazione perché era risultato che lo stesso non aveva la cittadinanza comunitaria […] Se venni informato della griglia della proposta contrattuale inviata via email al legale del calciatore? Non ricordo questa mail. Non mi occupo delle condizioni contrattuali in quanto le negoziazioni sono seguite dall’area sportiva [al tempo faceva capo a Fabio Paratici] e nei limiti del budget assegnato. Ho verificato adesso e ho trovato che la mail era stata inviata e che continuo a non ricordare di aver ricevuto […] Quando seppi dell’infattibilità? Non ricordo esattamente. Penso che fui informato il 14 settembre. Al mio rientro la società si stava già muovendo su Dzeko. La richiesta Uefa? Lombardo mi fece presente di aver formulato tale richiesta per verificare se si potesse inserire un calciatore nelle liste Champions anche successivamente alla scadenza fissata per i primi di ottobre. Tale parere costituisce prova, secondo me, del fatto che il 14 settembre era già chiaro che Suarez non poteva essere tesserato in tempo […] Sono a conoscenza di rapporti personali di amicizia tra Paratici e Paola De Micheli e, trattandosi di una mera richiesta di informazioni sull’ufficio da contattare, non mi è parso che ci fosse nulla di strano.»

A giugno la Procura chiede il rinvio a giudizio per l’ex rettrice Grego Bolli, il direttore generale Olivieri, la professoressa Spina, tutti accusati di falso e rivelazioni d’ufficio mentre l’avvocato della Juventus Maria Cesarina Turco è accusata di falso: sarebbe stata lei secondo l’accusa a istigare l’azione.

L’estate passa senza troppi squilli sul versante giudiziario, mentre il silenzio continua ad avvolgere il lavoro della Procura Figc. Sarà rotto da un inciampo del presidente federale Gabriele Gravina, il quale ai primi di dicembre, ospite della Fifa a Zurigo per ricordare Paolo Rossi, sbotta quando gli viene chiesto del silenzio assordante sul lavoro della Procura federale sul caso Suarez. Gli viene chiesto della lentezza di Chiné, e Gravina replica: «Perché la Procura federale ancora non si è pronunciata sul caso Suarez? Non è vero che la Procura non si è pronunciata. Su Suarez si è valutato e si è giunti a decisione. Mi sembra di capire che per la prima parte di quell’inchiesta, con gli atti finora trasmessi dalla Procura, non ci siano stati elementi per procedere: si va verso l’archiviazione. C’è attesa per la seconda parte eventualmente relativa ai dirigenti coinvolti: aspettiamo che Perugia consegni questa seconda parte di atti».

La dichiarazione è una rivelazione che mette in imbarazzo la Procura federale, costretta dieci giorni dopo a emettere un inusuale comunicato. «… In attesa della trasmissione di eventuali ulteriori atti di indagine e/o processuali dalla competente autorità giudiziaria, non sono emersi elementi sufficienti per ritenere provate condotte illecite rilevanti nell’ambito dell’ordinamento federale sportivo di dirigenti o comunque tesserati, unici soggetti sottoposti alla giustizia sportiva ai sensi del vigente codice di giustizia sportiva». La Juventus esce così – ma in realtà non vi era mai entrata – dal cono d’ombra e dalla lente d’ingrandimento della giustizia sportiva. Nessun deferimento, nessun processo, nessun rischio.

Qualche mese dopo – è già l’estate del 2022 – esce di scena anche dal procedimento giudiziario a Perugia, perché l’avvocato Maria Cesarina Turco, accusata di essere stata «l’istigatrice del falso» viene prosciolta dalle accuse. Il processo però continua. Le porte dell’aula del tribunale si sono aperte con la prima udienza a gennaio 2023. Sul banco degli imputati restano l’ex rettrice dell’Università per stranieri di Perugia Giuliana Grego Bolli, l’allora direttore generale Simone Olivieri e la professoressa Stefania Spina, che all’epoca guidava il Centro di valutazione e certificazioni linguistiche. Devono rispondere a vario titolo di falso ideologico, rivelazione di segreto d’ufficio e falsità materiale. Secondo l’accusa, l’esame sostenuto da Suarez avrebbe portato “vantaggi patrimoniali” all’Università degli stranieri di Perugia. Per i due pm, i vertici si sarebbero mossi per procurare all’Ateneo «il profitto derivante sia dal corrispettivo per l’iscrizione all’esame e per il corso on line di preparazione fornito al calciatore Suarez per un importo di 1.748 euro, nonché i vantaggi patrimoniali derivanti dalla prospettata attivazione di un rapporto convenzionale con la Juventus per future stabili collaborazioni nel settore della formazione linguistica di calciatori stranieri, anche del settore giovanile e dalla diffusione a livello internazionale dell’immagine dell’Ateneo, sui principali media nazionali ed esteri».

Tra i trentasei testimoni chiamati a deporre ci sono anche Andrea Agnelli, Cherubini, Suarez, l’ex ministro De Micheli e il rettore Oliviero. Il caso Suarez attende così solo l’ultimo verdetto. Righe d’inchiostro che magari saranno cancellate nel tempo, che si scoloriranno nei vari passaggi delle aule di giustizia.

Restano domande inevase. Resta un senso di nausea. Incancellabile.

 

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