tonali

 

La retorica dell'anima rossonera

 

Una bandiera si vede quando il vento soffia forte. Baresi docet

 

Non partecipo al coro di lutto per la cessione di Sandro Tonali. Mi dispiace certamente perché si tratta di un giocatore di valore e di un ragazzo serio e perbene. Ma la narrazione di questi ultimi giorni è stata strumentale, poco lucida, non condivisibile. Sono consapevole di essere in minoranza ma non m'importa. Mi è stato insegnato che difendere le proprie idee è più importante di accodarsi al coro maggioritario. L'essenza dell'uomo si cela proprio dalla voglia di difendere i pensieri in cui crede. Vengo al punto. A mio avviso Tonali non è il Milan, non ne rappresentava l'anima nè ne era una bandiera. Sono cresciuto con la figura di Franco Baresi sullo sfondo che, negli anni 80, rifiutò di andare alla Sampdoria di Mantovani per giocare in un Milan in Serie B. Non credo che i miliardi dell'epoca potessero essere meno attrattivi rispetto agli attuali milioni.

 

Anzi, semmai, all'epoca Baresi giocava in un Milan precario dal punto di vista finanziario a differenza di Tonali oggi che ha avuto la fortuna di stare in un Milan detenuto da un fondo americano. Le bandiere non le scelgono i tifosi, i dirigenti o i presidenti. Le bandiere vengono da sole, con le loro scelte in controtendenza, con il loro amore per la maglia fatto di gesti concreti e non di frasi ad effetto. Se sei una bandiere rimani al Milan. Non ti siedi a trattare con un altro club. Ha un contratto pluriennale e nessuno di può mandare via. Quando leggo "Tonali messo alla porta" mi vien da ridere. Spererei fosse vero. Nessuno mi ha mai messo alla porta con un assegno da 50 milioni di euro per sei anni. Mi accadesse ne sarei lieto. La verità che nessuno dice è che se il Milan avesse rifiutato l'offerta del Newcastle per Tonali avrebbe dovuto adeguare l'ingaggio del ragazzo. Magari non a 10 milioni netti ma comunque ad una cifra vicina (8 netti). Ciò avrebbe portato gli altri top della rosa a battere cassa e questo avrebbe paralizzato il mercato (le risorse sarebbero finite sui rinnovi), avrebbe creato malumori ed avrebbe condotto il monte-ingaggi verso un livello di criticità. Ciò che dico non è un'opinione ma è la fotografia del mercato attuale. Quando il Milan respinse l'offerta del Real Madrid per Shevchenko nel 2001 gli raddoppiò l'ingaggio. Fece lo stesso con Kakà nel 2008. E nel 2012, dopo che venne rifiutata la prima offerta per Thiago Silva dal PSG, il Milan fu quasi costretto a cedere il brasiliano perché il suo procuratore chiese l'adeguamento contrattuale.

 

Questo è il mercato e nessuno può discuterlo. Tonali poteva scegliere di essere bandiera andando fuori dalle logiche di mercato. Non lo ha fatto. Ha perseguito i suoi interessi, esattamente come il club. Nessuno è criticabile. Ma i tifosi del Milan non possono e non devono pretendere di avere un simbolo, un'anima, lautamente pagato dalla società. Il milanismo è una cosa seria: non ha bisogno di simboli, non ha bisogno di persone che rappresentino l'anima del club. Il milanismo si alimenta della storia, della passione, dei ricordi, delle emozioni. Il Milan è andato oltre la morte del suo fondatore e del più grande presidente della storia. Non esiste giocatore più importante del Milan che abbia la delega per rappresentare il milanismo. Crederlo è sbagliato, soprattutto in un calcio iper-professionistico in cui tutti (società e giocatori) perseguono il proprio interesse. L'amore per la maglia però è un'altra cosa. Infine una risposta al quesito principe. Il Milan è più debole adesso? Ovviamente si. Tonali era il perno del centrocampo rossonero e la sua assenza pesa. Bisognerà valutare con occhio critico come opererà il club in entrata. Ci sono cessioni dopo le quali si è più deboli e cessioni dopo le quali si è più forti. Si valuterà quello che accadrà con occhio critico, ma senza ideologia. Il Milan comunque viene prima di tutti. Anche di presunte bandiere che volano via dall'asta al primo soffio di vento.

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