motorino

 

Il trucco c'è e si vede

 

Le vie del Signore sono infinite, più o meno come quelle che si scovano per truccare risultati sportivi. Che si parli di professionismo o pura competizione amatoriale non fa differenza, anzi in quest'ultima categoria c'è spesso la più grossa parte del marcio. Il ciclismo, sport da sempre tra i più braccati per il doping fisico, con l'introduzione del passaporto biologico sembra aver limitato a qualche caso sporadico le positività. Di conseguenza si è innescato il ragionamento più

logico o più stupido, fate voi, che se non si può più dopare l'atleta si può sempre dopare il mezzo.

Come? Molto semplice. Basta installare un piccolo motorino elettrico alimentato a batteria, nei pressi del movimento centrale della bicicletta che pedala al posto dell'atleta o comunque ne allevia molto la fatica nei tratti dove serve "salvare la gamba", come per esempio una lunga salita o uno strappo ad percentuale di pendenza a doppia cifra.

Metodo conosciuto ormai da anni, ma che fin ora è stato scoperto in pochissimi casi, e nella totalità nel ciclismo amatoriale, dove si lotta spesso tra amici per portare a casa qualche caciotta, una cassetta di mele, bottiglie di salsa, o al massimo qualche bottiglia di vino. Ultimo caso a Bedizzole, provincia di Brescia, settimana scorsa. I motivi per cui non è diffusissimo o comunque ricorrente, almeno per ora, sono molteplici.

Primo perchè gli organi di controllo si sono mossi per tempo, ritrovandosi già tra le mani il sistema per scoprirli. Infatti questo trucco può essere smascherato usando una telecamera termica, che definisce le proprie immagini a seconda delle temperature, riuscendo così a rilevare le zone che dissipano particolare calore, come ad esempio un motorino elettrico. La vera difficoltà è rappresentata dal costo di suddetta telecamera, che si aggira intorno ai 15.000 € e che non tutte le Sezioni provinciali o regionali FCI hanno possibilità di disporne, per non parlare dei Comitati Organizzatori. Tanto è vero che viene usata perlopiù dall'UCI nelle gare Word Tour o comunque professionistiche, ultima volta proprio al Tour de France 2017, dove per la cronaca non è stata rilevata nessuna irregolarità.

Secondo motivo, che in parte si ricollega al primo, è il costo che l'atleta deve sostenere per una bici truccata. E' difficile rintracciare meccanici che si sporcano le mani per istallare un motorino elettrico in un telaio già confezionato senza farsi pagare a peso d'oro o telaisti locali che accettano di produrre un modello con il marchingegno già incluso accettandone il rischio che ne consegue. Nel caso di Bedizzole si trattava appunto di un telaio contraffatto Made in China, costato attorno ai 10.000 €, che riproduceva quasi fedelmente un modello della Argon 18, tra l'altro casa fornitrice delle bici per il team Astana di Fabio Aru. Casa costruttrice che ha subito dichiarato la non originalità del telaio sottolineandone le differenze con il loro prototipo e che in caso di necessità sarà pronta a difendere la propria immagine con ogni mezzo legale.

Alla fine praticamente un vezzo o addirittura una vera e propria deviazione psichica. Basti pensare che tal Alessandro Andreoli ( cicloamatore in questione) non è un ricco ereditiero ma un piastrellista con una famiglia da mantenere.

In caso di positività, le pene non sono meno aspre rispetto al doping classico. Si va incontro ai 6 mesi di squalifica minima per gli atleti con annessa sanzione pecuniaria che va dai 19.265 ai 192.230 euro, e alla sanzione per il team che può andare dai 96.135 a 963.160 euro.

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