ibrahimovic furlani cardinale

 

Una società afona

 

Sempre muta, sempre silente. Troppo sottile la differenza fra stile e fessaggine

 

Ogni eccesso è sempre un clamoroso difetto. Fra le urla ed il silenzio esiste una strada sottovalutata, ossia quella della parola. Parlare non è mai un errore. Precisare, a volte, è un dovere. Il diritto di difesa non ha soltanto una accezione legale. La premessa sin qui esposta è obbligatoria per introdurre un tema delicato. Se c'è un difetto che ha la società/proprietà del Milan è quello di restare muta e silente quando si alzano i toni delle discussioni e quando le polemiche infiammano. Nessuno chiede toni gridati o dichiarazioni stile "sagra del pesce" tipiche del Ballarò di Palermo. Si chiede che il Milan, semmai, faccia sentire la sua voce.

 

Per rimanere in questo campionato ci sono stati due post partita in cui la dirigenza avrebbe dovuto parlare. Dopo Genoa Milan ad ottobre e dopo Lazio Milan venerdì scorso. Riavvolgiamo un attimo il nastro. Ad ottobre il Milan batte il Genoa 1-0, rete di Pulisic. Fu una rete contestata perché da alcune immagini vi era la sensazione che il giocatore americano si fosse aggiustato la palla con il braccio. Sensazione non confermata però dalle immagini. In quella gara, poi, fu espulso Maignan per un fallo da rosso. A fine partita Zangrillo, presidente del Genoa, definì il portiere rossonero un assassino e parlò in termini sprezzanti del Milan. Identica cosa è avvenuta venerdì sera, con il presidente della Lazio Lotito che, a fine gara, ha parlato di "cose gravissime", dando a tutti l'impressione che il Milan avesse rubato.

 

In realtà gli episodi chiave della partita erano stati decisi correttamente dall'arbitro che aveva soltanto perso la gestione dei cartellini nei minuti finali. In certi casi non è importante parlare soltanto per difendere il club, ma anche per dare l'impressione che nessuno può spalare letame sul Milan senza ricevere in cambio risposte. Sia dopo il Genoa, sia dopo la Lazio, a nostro avviso, un dirigente rossonero avrebbe dovuto prendere la parola e chiarire che il Milan non aveva avuto alcun vantaggio indebito e che certe affermazioni dei presidenti avversari non potevano essere tollerate perché anti-sportive e gravemente lesive del decoro del Milan. Pochi, semplici e chiare parole. Eppure nulla di tutto questo è accaduto. Sul Milan si dà sempre l'impressione che ognuno possa sparare quanto vuole tanto non risponde nessuno. Ammirevole lo stile americano ma qui non siamo a New York. Siamo in Italia e le guerre si fanno con le parole. Rinunciare a dire la propria, significa rinunciare a difendere il club che si rappresenta.


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