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Il TAS rimedi ai pasticci dell’Uefa!

 

L'Uefa e i perchè di una decisione pasticciata che (si spera) possa essere rimediata da un tibunale serio

 

Un vero e proprio pasticcio quello sfornato dall’Uefa nei confronti del Milan.
Alla fine siamo stati condannati per una causa diversa rispetto a quella per cui siamo stati mandati a giudizio.
E questo semplicemente perché giunti all’atto finale il massimo organo europeo non poteva assolutamente commettere l’errore di comminare la pena per motivazioni che non rientravano nelle sue competenze.
Ma andiamo con ordine.

Tutto discende chiaramente dal Fair Play Finanziario (FPF), il meccanismo messo in piedi dall’Uefa per metter un freno agli indebitamenti delle società affiliate.
È del tutto evidente che la norma si basi su dei paletti ben precisi che devono riguardare esclusivamente i dati dei bilanci delle società.
Non sono ammessi pareri, non ci si può basare su previsioni, non si possono fare i conti in tasca ai proprietari dei club: fatti, solo fatti e numeri estrapolati dai bilanci.
Stop.

Per le società che hanno cambiato proprietà da poco si è istituito in seguito il Voluntary Agreement, questo perché alle nuove società viene data la possibilità di dimostrare che si possono anche non pagare “le colpe” dei propri predecessori.
Ecco, in sede di VA la Uefa ha tutta la discrezionalità di questo mondo, perché è lei che deve valutare se i piani industriali pluriennali presentati dalle società sono virtuosi al punto da prevedere il raggiungimento del pareggio di bilancio nel periodo attenzionato.
Se l’Uefa non considera fattibili questi progetti, non concede il VA e da alle società la possibilità di patteggiare e quindi arrivare alla concessione del Settlement Agreement (SA).
E qui svaniscono i “pareri” e si deve aver a che fare solo coi “numeri”.

Ma l’errore dell’Uefa in questo caso è stato quello di non concedere il SA, così come fatto con quasi tutte le altre società che avevano numeri simili o anche peggiori di quelli del Milan, motivando, nel suo comunicato ufficiale, il diniego con il fatto che la “proprietà non aveva ancora provveduto a rifinanziare il debito che avrebbe avuto scadenza nell’ottobre del 2018”.
Questa smania dell’Uefa di mettere sotto osservazione il misterioso presidente milanista ha finito per portarli fuori dalla propria giurisdizione: in pratica si accusava il Milan di qualcosa per cui non era condannabile, e mettendo palesemente in evidenza come la condanna del Milan avesse motivazioni solo ed esclusivamente politiche.
Ma qui nasce l’inghippo, e da qui i tempi biblici per emettere la sentenza: l’organo giudicante non stava ritardando la sentenza per aspettare e vedere se andava in porto l’ingresso del nuovo socio, l’organo giudicante stava letteralmente sperando che ciò avvenisse per salvare il Milan e far passare in cavalleria la cazzata che stavano facendo.
Alla fine ecco il tentativo di “pastetta” venuto male: Milan condannato all’esclusione per mancato raggiungimento del breck event per il triennio che va dal 2014 al 2017 e quindi sforamento dei paletti del FPF; nessun riferimento a Mister Li, al rifinanziamento, al mercato pesante della scorsa estate.
Ha dovuto e potuto punire il Milan solo per i dati di bilancio del triennio precedente.
Il pasticcio che è venuto fuori sta nel fatto che la pena comminata è completamente sproporzionata rispetto a quelli che sono sempre stati i provvedimenti dell’Uefa in termini di FPF nel passato, consistito nel concedere il SA anche a società con numeri ben peggiori dei nostri.

Al Tas il compito di porre rimedio a questa sproporzione, a Yonghong Li, nel frattempo, quello di migliorare la posizione complessiva del Milan favorendo l’ingresso in società di persone solide e conosciute in grado di dare un futuro più sereno alla società rossonera.

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