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Sono Milanista perchè...

Pezzo vintage dall'archivio di Milan Day

 

"Perchè sei Milanista?". Chi non se lo è mai sentito chiedere?
Anche noi di Milan Day, dieci anni fa, ce lo chiedemmo. Essendo sparsi per tutta Italia e ritrovandoci solo sul web, era una domanda che veniva spontaneo fare a chi, tutti i giorni, collaborava al sito.
Tra le varie risposte, ne riportiamo una. Quella di un amico che oggi non è più in Milan Day e lavora per Mediaset.
Lui ha realizzato il suo sogno, diventare giornalista. Noi ne conserviamo gelosamente il ricordo perchè le strade possono anche dividersi ma... l'amicizia resta.

di Guglielmo Mastroianni - 18/11/2008
E' un inizio che qualche volta ho già raccontato. L'inizio, semmai ci sia stato un inizio visto che ho l'impressione che provenga dall'eternità dei tempi, dicevo l'inizio della mia storia d'amore col Milan nasce nella domenica sera di tanti e tanti anni fa.
Avevo sette anni, e come tutti i bambini di quell'età, intorno alle dieci ero già bello e cotto e nel migliore dei miei sonni. Dormivo dalla nonna e c'era (e purtroppo adesso non c'è più..) un mio zio, fratello di mia madre, che ogni domenica sera si prendeva la briga, senza che nessuno in realtà glielo avesse mai chiesto, di tirarmi giù dal letto passate le undici, per mettermi davanti alla tv: lo faceva perchè all'epoca, a quell'ora, la Domenica Sportiva mandava, in anteprima e in esclusiva (!) i gol della B, ed era l'unico momento della domenica in cui si potessero vedere i vari Jordan, Damiani, Pasinato, Carotti, Verza. I primi eroi calcistici del mio primo Milan.

Non fu facile diventare milanisti in un periodo in cui la tua squadra navigava tra A e B e tutti i tuoi amichetti avevano imbattibili idoli bianconeri, che mandavano a memoria ripetendo la nenia Zoff-Gentile-Cabrini eccetera eccetera.
Ancor più complicato farlo a mille e più chilometri di distanza da S.Siro, dove magari un genitore in difficoltà nel percorso pedagogico rossonero, avrebbe potuto portare un bambino facendo affidamento sull'intensità e la suggestione dei colori e dei rumori, per mascherare una squadra difficile da amare per quei tempi.
La pazienza e l'amore di mio zio ci riuscirono comunque.

Ricordo ancora un suo poster, esibito con fierezza sul suo letto, con tutti gli uomini della Stella: Albertosi, De Vecchi, Maldera, Rivera, Bigon. Non li avevo mai visti giocare, ma mi spiegavano che non era poi passato tanto tempo da quell'ultimo trionfo.
Da lì partì la mia passione per il nostro Milan.

Dall'emozione con cui affrontai il mio primo campionato di serie A; dalla curiosità e la mal riposta fiducia che avevo per un colored strepitoso arrivatoci dal Watford di Elton John, da cui tutti ci aspettavamo caterve di gol, senza sapere che di lì a poco il nome Blissett ci avrebbe causato l'orticaria.
Di quegli anni, tuttavia, mi rimane il ricordo del mio primo, vero, idolo rossonero: Mark Hateley.
Il brivido che ho provato nel rivedere quest'anno Dinho segnare nel derby, in quella porta, in quel modo, aveva sì a che fare con la contestualità del momento, ma anche, e forse soprattutto, con lo stupefacente effetto deja-vù che quella testata mi ha provocato.

Una pagina che invece ancora oggi, paradossalmente, faccio fatica a dimenticare è legata ad una sciagurata serata di Coppa Uefa, contro una semisconosciuta formazione belga, il Waregem, che scese a S.Siro guidata da tale Mutombo: un'eliminazione per cui piansi le mie prime lacrime rossonere.
Il quasi fallimento societario, invece, mi sfiorò poco: avevo undici anni e a quell'età non hai ben chiaro il concetto di "debito" e cosa comporti il non onorarlo. Non mi è mai capitato, in quei mesi, per intenderci, di immaginare, come fa Pellegatti in "Rossoneri siamo noi", le domeniche senza il Milan.
Passai quasi incoscientemente da Farina a Berlusconi. E che cambiamento epocale fu!
Una riscossa in piena regola, che assaporavi già durante il mercato estivo, quando eri abituato a doverti acconterare di Macina e Scarnecchia, e ti ritrovavi invece Donadoni, Galli, Bonetti, Massaro, e poi Gullit, Van Basten, Ancelotti. Arrivò la mia prima, vera gioia rossonera (anche se ricordo sempre con affetto lo spareggio Uefa vinto con la Samp): arrivò Sacchi, il Milan vinse lo scudetto contro il Napoli di Maradona, e fu gioia grande, nuova, unica. Poi accadde qualcosa di impensabile solo due o tre anni prima: il Milan divenne padrone del mondo calcistico, passando per le umiliazioni al Real Madrid e alla Steaua in Coppa dei Campioni, e la sofferta vittoria a Tokio sul Nacional di Medellin, la squadra del portire volante, Higuita. Anche qui devo una citazione a mio zio, sempre lui, visto che era a casa sua che andavo a vedere le finali dell'Intercontinentale. La partita era la mattina di domenica alle 4, "in leggera differita" e solo lui poteva assumersi la responsabilità di svegliarmi in tempo per il calcio d'inizio! Il resto, cogli anni, divenne storia su storia. Altre coppe, altre scudetti, la noia che quasi suscitava la stucchevole predisposizione a vincere di Fabio Capello, il Barcellona travolto ad Atene, il dolore per le finali perse, lo scudetto di Zaccheroni e qualche anno di digiuno prima del ritorno di Carletto nostro Ancelotti, che ci riconsegnava un Milan vincente, in Italia, in Europa e nel Mondo.

Sono passati più di 25 anni da quelle sere di domenica in cui si poteva vedere un gol del Milan solo a mezzanotte, alla Domenica Sportiva. E sono successe tante cose, nel bene e nel male.
Adesso abbiamo Sky, e andare a S.Siro, anche se abiti in Calabria, non è poi cosa folle. E' cambiato il nostro Milan, diventato in pianta stabile squadra top class del calcio mondiale, che fa meraviglia se non partecipa per un anno alla Champions League.
A proposito, è cambiata anche la Coppa dei Campioni, anche se noi continuiamo a vincerla...

Una volta aspettavi la Gazzetta dello Sport con ansia, per avere novità, per sapere se e chi compravamo, o se questo o quel giocatore ce la facevano ad essere disponibili per il prossimo impegno.
Adesso c'è internet, con le notizie di prima mano e, soprattutto con la triste vicenda di Calciopoli, ai miei occhi è cambiata anche la Gazzetta, passata da organo unico e autorevole di informazione sportiva, a triste assembramento di interessi politici ed editoriali.
Siamo purtroppo cambiati anche noi tifosi, abituati per troppo tempo ad aragoste e caviale, e che non riusciamo più a ricordarci, quando storciamo il naso di fronte ad un piatto di spaghetti, che c'è stato un tempo in cui pane e mortadella era l'abitudine.
Una cosa, per quel che mi riguarda, però non è mai cambiata: l'amore per il rossonero.
Il Milan, il nostro Milan, è sempre al centro dei miei, e oserei dire dei pensieri di tutti i tifosi.
Soffriamo quando c'è da soffrire, piangiamo, come ad Instanbul se c'è da piangere, gioiamo quando possiamo urlare, come a Manchester, come ad Atene. Anche nella sconfitta, abbiamo, incosciamente insita, una sola certezza: il nostro Milan, prima o poi, tornerà sempre e comunque a vincere.
E non sono tanti i tifosi nel mondo che possono permettersi questo: anche nella rabbia e nella delusione, ricordiamoci qualche volta di quanto siamo stati fortunati ad incontrare nella nostra vita un qualcuno, come mio zio, che ci insegnato e trasmesso l'amore e la passione per questi colori.
E, magari, ricordiamoci anche di ringraziarlo... Buon Milan a tutti!
 
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