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Milan cinese, un anno dopo

 

Ci sono stati bei momenti ed alcuni errori ma i nuovi proprietari vanno comunque ringraziati per quanto fatto finora per il nostro Milan

 

Un anno fa di questi tempi avveniva un momento storico per la vita del club milanista. L'A.C. Milan passava infatti in mani orientali con l'amministratore delegato di Fininvest ed i responsabili del consorzio cinese che, dinanzi al notaio, procedeva a mettere nero su bianco il tutto. Sembra ieri ma è già tracoso un anno ed in questi 365 giorni sono successe tante cose e sono cambiati molti scenari.

Certamente non è stato semplice per Silvio Berlusconi lasciare la sua creatura in mani straniere; il presidente del Milan, per tantissimi anni, ha dato al suo club uno stile ed un modello societario che hanno fatto scuola e proseliti in tutto il mondo. Le imitiazioni ed i plagi, anche i più riusciti, non sono mai stati all'altezza dell'originale dato che, nell'era moderna, nessun club è ancora riuscito a portare a casa 5 Coppe dei Campioni in 31 anni.

Yonghong Li è un uomo molto diverso da Silvio Berlusconi; tanto era appariscente e presenzialista quest'ultmo, tanto rimane nell'ombra l'attuale numero uno del club rossonero. La distanza fra i due non è soltanto umana, ma principalmente culturale. In Italia siamo abituati all'idea classica dell'uomo forte al potere, di colui che è proprietario ed anche deus ex machina di una società. In Oriente c'è una cultura ed una concezione delle cose molto diversa. I cinesi delegano la gestione delle loro società a gruppi dirigenti di cui si fidano. Rispettano le loro scelte e mai pubblicamente attaccherebbero un loro dipendente o porrebbero critiche anche in contesti diversi.

In quest'anno appena trascorso abbiamo iniziato a conoscere un Yonghong Li presente ma non visibile, un presidente diverso con pregi e difetti molto distanti dalla figura preminente di Silvio Berlusconi. Ne è nato un anno strano, in cui a volte i tifosi rossoneri si sono anche sentiti abbandonati, non capendo la poca attenzione della proprietà verso gli attacchi a manetta presenti sui giornali e sui media italiani in riferimento alla presunta scarsa solidità della proprietà cinese rossonera ed alle presunte manchevolezze in sede amministrative. I dubbi e le perplessità si sono sempre poi risolti in clamorosi nulla di fatto.

Tuttavia, all'inizio, più di qualcuno ha storto il naso dinanzi ad una proprietà che in tanti hanno giudicato poco presente senza accorgersi che era semplicemente molto sicura delle proprie carte. Lo era talmente tanto da non ritenere corretto sprecare tempo ed energie in una contesa mediatica che non era stata richiesta da nessuno. Negli ultimi mesi le tesi mediatiche sono passate dal closing che non ci sarebbe mai stato ai cinesi senza soldi, dai soldi di rientro di Berlusconi fino al possibile fallimento del club perchè non c'erano nemmeno i soldi per gli aumenti di capitale. Tutte bufale sonoramente smentite dai fatti.

Eppure il Milan, nella sua nuova dimensione orientale, ha continuato ad andare avanti, passando dall'euforia del mercato all'autunno di dolore in cui i risultati tardavano ad arrivare. Buone intuizioni e scelte discutibili hanno condizionato l'ultimo anno.

Non tutto è stato perfetto e molti errori ancora verranno commessi ma quel che è certo è che i cinesi del Milan meritano un'ampia apertura di credito. Per tre ragioni: per il modo in cui sono stati pregiudizialmente trattati dalla stampa italiana, per aver messo soldi veri nel nostro Milan e per aver aumentato di ben oltre la metà il valore patrimoniale del club.

Meriti indiscutibili che vanno sempre messi sul tavolo prima di dileggiare i nuovi proprietari ai quali, dopo il primo anno, ci sentiamo di augurare le migliori fortune dato che le loro fortune saranno fuor da ogni dubbio le nostre gioie più grandi.

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