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Berlusconeide capitolo XI (I)

 

Calciopoli (prima parte)

 

Parlare di Calciopoli e dell’estate del 2006, per chi come il sottoscritto ha cuore e mani milaniste, non è certo impresa facile. La ragione pretende una analisi lucida e onesta degli eventi ma, pur nel massimo sforzo possibile di obiettività, riuscire a definire una cosa seria l’inchiesta di Calciopoli ed il successivo processo sportivo, è arduo esercizio di fantasia.

Il Milan nell’estate del 2006 è stato oltraggiato. Basti pensare che nel processo penale che è seguito a quello sportivo, la figura dell’amministratore delegato milanista, Adriano Galliani, non è presente fra gli imputati.
Ma andiamo con ordine.

Il 12 maggio 2006, con una nota Ansa, il Procuratore della Repubblica di Napoli, Lepore, definì Juventus, Fiorentina, Lazio e Milan, le squadre che avevano costituito un grumo di potere nella stagione 2004-2005.
Per chi aveva vissuto quel campionato da tifoso appassionato dei colori rossoneri era un’autentica corbelleria.
Il Milan quell’anno fu senza ombra di dubbio la squadra maggiormente penalizzata sul piano eminentemente sportivo.

Come non ricordare infatti i due scontri diretti che tra andata e ritorno videro negare al Milan ben 4 rigori (Zebina su Crespo e lo stesso Zebina su Kaladze a Torino, Zambrotta su Cafu e fallo di mano in area di Cannavaro a San Siro), e videro un arbitro (il signor Bertini) fermare il gioco con Kakà lanciato a rete per ammonire Thuram.
E come dimenticare Siena-Milan in cui venne tolto un gol regolarissimo al Milan sullo 0-0, con Shevchenko che veniva da dietro rispetto alla linea della palla e che quindi non poteva essere mai in off-side.
Questo non volendo menzionare tutt gli altri episodi anti-Milan che non hanno mai lasciato sola la squadra di Ancelotti nel corso della stagione.
La speranza che si trattasse solo di un coinvolgimento formale fu vana.
Perché da quel giorno iniziò una martellante campagna stampa anti-Milan, e con l’avvento di Guido Rossi ai vertici della Federazione e di Borrelli all’Ufficio Indagini, le famose garanzie di giustizia e imparzialità divennero null’altro che espressioni vuote e prive di significato.
Tutto ciò nonostante una nota Ansa del 1 3 giugno recitasse chiaramente: ”L'associazione finalizzata alla frode sportiva ha predeterminato gli esiti del campionato di serie A 2004-2005" (scudetto, piazzamenti per le coppe europee e retrocessioni).
Lo scrivono i pm della procura di Napoli Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci nell'avviso di conclusione dell'inchiesta notificato ieri a 37 indagati nell'ambito del procedimento per presunti illeciti nel mondo del calcio.

L'associazione avrebbe controllato e condizionato l'intero sistema del calcio professionistico italiano nell'intesse della Juventus e delle altre societa' legate all'associazione (Messina, Reggina, Lazio, Fiorentina, Sampdoria, Arezzo, Sassari Torres, ecc.) realizzando in definitiva illeciti e ingentissimi profitti economici per tutti gli affiliati all'organizzazione e ai soggetti che comunque ad essa hanno fatto riferimento”.
Cio' “con l'aggravante per Luciano Moggi, Antonio Giraudo, Innocenzo Mazzini, Paolo Bergamo, Pier Luigi Pairetto, Massimo De Santis di aver promosso, costituito ed organizzato l'associazione”.
Un'associazione “costituitasi in epoca e luogo imprecisati ed operante in tutto il territorio nazionale, con condotte accertate fino al giugno 2005”.
Alla fine dell’inchiesta il fascicolo del Milan era stato pertanto “dismesso in quanto non presente nulla di rilevante penalmente”.
Ma il Signor Borrelli, magistrato emerito nonché privo di qualsivoglia pregiudizio ideologico, pensò bene di presentare al Procuratore Palazzi un rapporto in cui si descriveva il Milan come una società colpevole di un illecito strutturato!

Calunnie, teoremi, mistificazioni della realtà, portate avanti anche grazie al contributo determinante della stampa italiana, molto solerte nei ragguagli inerenti le tematiche milaniste.
Le motivazioni, com’è normale immaginare, non erano di certo sportive.
Si faceva così passare l’addetto agli arbitri Leonardo Meani, come “il contropotere” che faceva da contraltare a quello di Moggi.
Accuse che si basavano su una semplice chiamata di protesta fatta da Meani al responsabile dei guardalinee Gennaro Mazzei, dopo l’ennesimo gravissimo torto subito dal Milan sul campo.
Nel campionario d’accuse rientrò ovviamente Adriano Galliani, pur senza avere mai avuto colloqui telefonici compromettenti con un designatore, ma per una semplice telefonata con Meani di un minuto e quarantasei secondi nella quale, a detta degli inquirenti sportivi, non avrebbe invitato Meani a desistere dalla proteste.

Continua...

 

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