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Zeman, un maestro tra tanti allenatori

 

 Zeman è colui che da quarant'anni crede fermamente che "il risultato può essere casuale, la prestazione della squadra no"

 

 

Si sì, è vero che poi in carriera non ha vinto niente con le proprie squadre, ma Zdenek Zeman è un grande personaggio del nostro calcio, uno che passerà alla storia anche senza che il suo nome compaia negli albi d'oro. E questo non è da tutti.

Esistono gli allenatori di calcio, esistono i gestori di grandi spogliatoi (quelli che nei top club devono essere soprattutto bravi a gestire spogliatoi in cui devono convivere grandi campioni) e poi esistono coloro che il calcio lo insegnano, i maestri, quelli che riescono a prendere un giovane sconosciuto, metterlo in un gruppo, farlo lavorare alacremente fino ad insegnargli ad essere un elemento importante di una orchestra sinfonica che si deve muovere all'unisono e che ha nell'armonia e nell'equilibrio il suo punto di forza, ma che alla fine ne esalti le qualità individuali. Zeman è colui che da quarant'anni crede fermamente che "il risultato può essere casuale, la prestazione della squadra no", che trasmette ai propri ragazzi la convinzione che attraverso la cultura del lavoro si può e si deve puntare alla vittoria, senza scorciatoie, sotterfugi e senza speculare sulla difesa o sulla giocata individuale del grande campione. Il collettivo, la corsa, la sincronia dei movimenti, la profondità, la gioia di divertirsi e di cercare sempre e comunque di fare un gol più dei propri avversari. In un mondo di squali, dove ormai si sorride solo se si vince, non importa come ed a che prezzo, dove tutto viene ricondotto ai soldi investiti ed ai ritorni che le vittorie possono garantire, uno come il boemo può essere considerato fuori posto, soprattutto perché il suo nome non è sinonimo di vittoria; ma la sua coerenza, il suo modo di pensare, le sue convinzioni ed il suo credo rappresentano un tesoro che ne fanno un personaggio che va stimato per quello che ha fatto e per come si è comportato per tutta la sua carriera, senza piegarsi a compromessi o a ricatti, senza chiedere favori a nessuno ed anzi finendo per essere vessato perché ha voluto conservare la sua schiettezza e la sua libertà di dire ciò che pensa.

E poi diciamoci la verità, Zeman ha sempre allenato squadre che non avevano certo le rose migliori per vincere, anzi spesso è stato usato dai presidenti per affidargli dei giovani sconosciuti che lui avrebbe trasformato in giocatori veri e che li avrebbe poi resi ricchi. Signori, Rambaudi e Baiano nel primo Foggia, Di Biagio, Kolyvanov e Shalimov nel secondo, il lancio di Nesta, Di Vaio e Nedved nella Lazio, quello di Vucinic, Bojinov e Cassetti nel Lecce; sotto la sua gestione Francesco Totti si è consacrato leader della Roma, senza considerare, senza andare troppo lontano nel tempo, che tre titolari su undici della attuale nazionale italiana, e cioè Insigne, Immobile e Verratti, devono a Zeman la loro fortuna di calciatori. Lui i giocatori li ha fatti sgobbare e salire e scendere dai gradoni degli stadi per allenarsi, ma non c'è n'è uno di quelli che hanno avuto la fortuna di essere allenati da Zeman che abbiano mai usato una parola negativa nei suoi confronti. Tutti hanno sempre e solo avuto la fortuna di imparare da lui come si sta in un campo di calcio. Così come sono poche le piazze dove ha allenato che non abbiano un piacevole ricordo della parentesi in cui dalle loro parti è transitata "zemanlandia". Basta una voce sul suo possibile arrivo su una panchina per generare entusiasmo, una speranza, un brivido, forse anche di paura, o la semplice considerazione che "se anche non si vince almeno quest'anno ci divertiamo". Chi ama il calcio ed ancora lo considera uno sport non può che amare un personaggio come Zeman. Magari è più facile amarlo da semplice amante del calcio e non da tifoso della propria squadra, ma ditemi se esiste ancora oggi qualcuno che una sera imbattendosi in TV in una partita di calcio dove una delle due squadre sia allenata da Zeman, non si metta comodo, si goda lo spettacolo ed alla fine, comunque sia finita, non dica "comunque si vede la mano di Zeman". Il marchio di fabbrica è stato e sarà sempre inconfondibile. E poi passano di moda gli allenatori, i maestri no!

 

 

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