Piquè

 

O fai l'indipendentista o fai il professionista

 

La vicenda spagnoli-Piquè simile a quella milanisti-Conte

 

 

Il caso è complicato, almeno socialmente e politicamente parlando. La Catalunya è da un bel po' che rivendica l'indipendenza e prima o poi sarebbe passata ai fatti. E proprio perchè la puzza di bruciato si sentiva da lontano, quantomeno nell contesto "calcio" a mio parere la cosa poteva essere gestita meglio. Non parlo della della partita tra Barcellona e Las Palmas, necessariamente giocata e necessariamente giocata a porte chiuse per evitare ulteriori dsagi di ordine pubblico in seguito agli scontri tra indipendentisti e Guardia Civil. La Federazione Spagnola ha saggiamente scelto di far gocare comnunque la partita e la maggior parte dei gocatori del Barcellona voleva saggiamente giocarla visto che in una squadra dove le rappresenzanze straniere sono importanti, non sarebbe stato giusto coinvolgere questi calciatori o meglio, queste persone, in questioni che non possono interessare direttamente.

Invito a non giocare sollevato da Gerard Piquè, catalano di nascita, uno dei leader blaugrana che si è trasformato in un leader anche politico schierandosi e facendosi portavoce VIP dell'ideale indipendentista, ribadendolo in lacrime proprio al termne della sfida di Liga. O almeno fino ad un certo punto.
Nulla da dire sull'ideale politico di Piquè che aveva tutto il diritto di esprimere e portare avanti il suo ideale, comprensibilmente spinto dal sentimento dello spirito nazionalista che andrebbe rispettato anche se non condiviso. Quello che si rimprovera al campione del Barcellona è che sapendo della risonanza che avrebbe avuto il suo pensiero alla vigilia della convocazione in Nazionale e soprattutto alla vigilia di un Campionato Mondiale a cui la Spagna si appresta a parteciparvi ancora una volta come una delle due - tre favoritissime, avrebbe dovuto riflettere su alcune cose e fare un passo indietro.
Piquè avrebbe dovuto essere molto più fermo sulle sue posizioni, e ne aveva tutte le possibilità. La Spagna è praticamente qualificata e in un momento così delicato avrebbe dovuto mettere da parte il suo "professionismo". Anche perchè rispondere ad una convocazione in Nazionale non è una scelta da professionista, ma principalmente di cuore, e in questo momento per Piquè non può esserlo, assolutamente. E non tragga in inganno il fatto che la contestazione provenga da una frangia ristretta di spagnoli. Quella frangia che vogliono vada a casa non è la parte più casinista, o non necessariamente "madridista", ma è solo la più sensibile ed orgogliosa. Il resto degli spagnoli che lo accettano ancora di buon grado invece è semplicemente la parte più tifosa, che pur di non rinunciare ad un plastro del genere che potrebbe condurre la Spagna ad un altro successo come avvenuto nel 2010 e nel 2012, mette da parte, anche comprensibilmente, la questione socio-politica preoccupandosi solo di quale sia la via più breve affinchè la Nazionale Spagnola abbia successo. Volendo rendere il concetto più alla mano è po' quello che avviene tra i tifosi del Milan all'idea di un Conte futuro allenatore: c'è la minoranza, orgogliosa, disposta a mettere da parte addirittura il proprio tifo a cui non va giù il passato juventino del Tecnico salentino e tutta la vicenda "gol di Muntari", con invece la stragrande maggiornaza del tifo che pur di non rinunciare ad uno dei migliori tecnici del panorama mondiale mette da parte questa sorta di fondamentalismo in quanto sa che Antonio Conte sarebbe garanzia di stagioni di altissimo livello.

Altro esempio di divisione, la situazione all'interno dello spogliatoio della "Roja". Lopetegui naturalmente da buon C.T. pragmatico butta acqua sul fuoco e si tiene stretto un campione; Sergio Ramos di contro, in una storia Instagram risponde al compagno di reparto catalano postando un'immagine ritratto sia in camiseta roja che blanca, roclamandosi "il capitano" con l'intera Spagna rossa e gialla sullo sfondo, andando a raffreddare inevitabilmente il rapporto fortissimo che c'è sempre stato tra i due.
In tutto questo almeno Piquè una cosa buona l'ha fatta, andando davanti ai microfoni e rispondendo in prima persona ai giornalisti mettendoci la faccia. Ritrattando la sua posizione certo, chissà se per facciata o meno. Quello che resta è l'impressione che la cosa non si chiuderà qui, o forse. Piquè aveva già dichiarato in tempi non sospetti che avrebbe lasciato la Nazionale alla fine di Russia 2018, ma non ci sarebbe da sorprendersi se la cosa accada anche qualche mese prima.

 

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