edit Piero

 

Ognuno stia al suo posto!

 

Altro giro, altro obiettivo sfumato. Neanche stavolta il Dio del pallone ha deciso di voltarsi a guardare dalla parte “degli sfavoriti”, ed allora è successo quanto temuto: non è stato possibile ribaltare il corso di una semifinale il cui esito era già stato pilotato all’andata.

Noi ci abbiamo messo, come sempre, del nostro, auro-riducendoci all’inferiorità numerica dopo un quarto d’ora, rendendo in pratica impossibile la scalata della montagna bianconera. Resta il solito ritornello del “siamo usciti a testa alta”, frase inflazionata per auto-consolarsi e auto-convincersi che abbiamo fatto il massimo possibile. Di certo restano negli occhi i primi 25 minuti della partita, quando sembrava di assistere ad una gara amichevole tra due squadre di diverse categorie,con quelli in maglia rossonera incapaci di fare tre passaggi di fila e di superare una sola volta il centrocampo, e si stava lì ad assistere impotenti al dominio degli avversari e ad aspettare il momento in cui avremmo subìto il gol.

Devo dire la verità: durante quel primo tempo più volte mi è venuto in mente “il tanto raccontato” summit di qualche giorno prima tra l’AD Gazidis ed una delegazione di calciatori rossoneri. Chissà perché pensavo a quei “rappresentanti” della squadra che si erano presentati decisi e determinati a chiedere rassicurazioni sul progetto futuro della società, ed a come quegli stessi “eroi” venivano presi a pallate sul campo dalle truppe bianconere. Va bene, direte voi, è inutile far finta che non si stava giocando contro la squadra più forte d’Italia da un decennio a questa parte, ma cosa volete farci, non potevo non pensare a tutto quello che si era detto e scritto nei giorni precedenti. Lasciamo da parte un attimo Ibra. Cioè si è rimarcato come questa delegazione avesse affrontato di petto Gazidis per manifestargli tutta la loro disapprovazione sull’operato societario (e della proprietà) e chiedere le rassicurazioni sulla solidità della proprietà e sui loro programmi futuri. Dunque, la delegazione era formata da Romagnoli, Bonaventura, Biglia e Begovic (oltre al già citato Ibra): cioè a chiedere conto del futuro c’erano tutti giocatori che, ad esclusione di Romagnoli, non faranno sicuramente parte del Milan della prossima stagione. E se anche dovessero per qualsiasi motivo farne parte, cosa vanno a chiedere a fare rassicurazioni sul progetto futuro dell’Ac Milan giocatori che negli ultimi 7/8 anni sono stati capaci di portare il Milan massimo al sesto posto in classifica?

Discorso a parte merita Ibra, chiamato solo a Natale a provare a risollevare le sorti di una stagione che era già disastrosa. Ad Ibra vogliamo bene e saremo eternamente grati per quello fatto in rossonero, ma l’uscita di presentarsi all’Ad davanti a tutta la squadra per manifestargli tutta la sua insofferenza e dirgli che non è più il Milan di una volta poteva e doveva risparmiarsela. Non esiste nessun giocatore al mondo, anche il più forte in assoluto, che può e deve andare ad un Amministratore Delegato e dirgli cosa deve fare e come gestire una società. Se è deluso delle decisioni della società e non si ritrova nei suoi programmi futuri, allora, nelle sedi convenute, fa valere le proprie ragioni e poi toglie il disturbo. Non esiste al mondo che davanti a tutta la squadra dica ad un AD cosa deve e cosa non deve fare, cosa gli piace e cosa no. Ci vuole il rispetto assoluto dei ruoli: il proprietario deve fare il proprietario, chi fa il dirigente deve fare il dirigente, chi fa il giocatore deve fare il giocatore, chi fa il tifoso deve fare il tifoso. Ognuno è chiamato al proprio ruolo ed alle proprie competenze, assumendosi tutte le responsabilità per quello che fa e deve fare. Gazidis, Ad del Milan, renderà conto alla proprietà del proprio operato e dei risultati, così come i giocatori dovranno dimostrare sul campo e coi risultati che sono degni di vestire ancora questa maglia e di poter far parte dei progetti futuri di questa squadra. Se Ibra, invece, vuole restare e dare ancora il suo importante contributo al rilancio del Milan resti pure, se invece è scontento del numero delle visite a Milanello di Gazidis e del licenziamento di alcuni dirigenti a cui era legato (Boban, e forse Maldini), allora è giusto che vada a trascorrere gli ultimi mesi della sua carriera nel suo Hammarby.

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