maldini

 

Il Milan viene prima dei suoi protagonisti

 

Inaccettabile la frase "è finito il Milan" dopo l'addio di Maldini; ognuno la pensi come vuole ma il nostro è un club immortale

 

Bisogna sempre distinguere la narrazione dai fatti. Personalmente provo da sempre un terribile fastidio nelle rappresentazioni partigiane degli eventi o nel giudizio ideologicamente indirizzato. Trovo tutto risibile, persino noioso. Ma vengo al dunque.

 

Il licenziamento di Paolo Maldini ha sconvolto il mondo milanista più di un terremoto. Ognuno è libero di pensarla come vuole ma io ho un tale rispetto del Maldini uomo che da quando ha scelto di operare come dirigente lo valuto solo come tale. Quanto da lui fatto sul campo, dove era un fuoriclasse assoluto, non c'è più. Se si sceglie di fare i dirigenti le regole sono diverse. Ma soprattutto le regole non le decidi tu. Sei dipendente di qualcuno. Se accetti la linea societaria stai dentro, se non l'accetti rimani fuori. Maldini nell'estate 2022 ha preteso una autonomia nelle scelte che era sbagliata sul piano concettuale perché qualsiasi dirigente deve trovare binari comunicativi con il CEO e con la proprietà del club. Non esiste in tutta Europa un caso simile. Ha sbagliato Maldini, all'epoca, a pretenderla ed ha sbagliato la proprietà americana a concedergliela. Quell'errore di un anno fa è la causa di quanto avvenuto nell'ultima settimana. Maldini non è stato messo alla porta perché ha sbagliato alcuni acquisiti; è stato messo alla porta perché non era disponibile a tornare ad un metodo concertativo nelle scelte e perché le sue stilettate pubbliche alla proprietà del club non solo non portavano risultati ma, addirittura, toglievano unità e coesione al Milan che, invece, deve essere un blocco unico.

 

 

Sento già il refolo del pregiudizio. "Il Milan per vincere deve investire". I numeri dicono che il club lo ha fatto più di tutti negli ultimi anni. Il differenziale entrate/uscite delle prime sei squadre della Serie A dell’ultimo biennio che va dall’estate 2021 al gennaio 2023 recita i seguenti segni: Milan – 106,82 mln, Juventus -68,00 mln, Roma -54,43 mln, Napoli -9,10 mln, Lazio -8,47 mln, Inter +147,85 mln. Questi sono i fatti. E da questi bisogna partire per fare analisi e considerazioni. Continuare a dipingere il Milan come un club con il braccino, quando è abbondantemente il primo club italiano per investimenti sui cartellini è sbagliato, fuorviante, pregiudizievole. Fermo restando che il calcio non è una scienza esatta. Il Napoli ha vinto il campionato senza investire un euro sul mercato ma, anzi, andando in attivo sul mercato fra entrate ed uscite. Il Milan nel 2007 vinse la Champions League dopo aver ceduto Shevchenko e acquistato il carneade Ricardo Oliveira al suo posto. Il calcio non è matematica. Una cosa è certa: senza unità e coesione non si va da nessuna parte, anche spendendo cifre mirabolanti. L'esempio del Chelsea di quest'anno (dodicesimo in campionato dopo oltre 600 mln investiti) è emblematico nonché significativo.

 

Il tema vero poi è quello dei milanisti che ritengono che il mondo sia finito con il licenziamento di Maldini; spiace dirlo ma questa è una narrazione falsa, patinata di ideologismo. Un club non dipende da un singolo uomo. Si può condividere o meno una scelta ma, comunque, il club va avanti perché l'interesse supremo del Milan viene prima dei singoli. Mai nessun giocatore, allenatore, presidente, dirigente, può o deve diventare più grande del club. Siamo sopravvissuti alla morte del nostro fondatore (Herbert Kiplin), dell'allenatore più iconico della storia rossonera (Nereo Rocco), all'addio sportivo del presidente più vincente (Silvio Berlusconi), all'addio sportivo di capitani gloriosi (Liedholm, Cesare Maldini, Rivera, Baresi, Paolo Maldini), al giro di campo con il giubbottino di renna del più forte centravanti dell'era moderna (Van Basten), alle dolorose cessioni di fuoriclasse indiscutibili (Sheva, Kakà, Thiago Silva e Ibrahimovic). Il Milan è immortale e va avanti nonostante tutto. Il dovere di qualsiasi tifoso è quello di sostenerlo sempre, nella buona e nella cattiva sorte. Le opinioni poi sono tutte legittime ma la frase "è finito il Milan" lasciatela stare. Chiunque la pronuncia non ha capito nulla dell'essenza del milanismo.

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