ibrahimovic

 

La svolta del Milan e le parole di Pioli

 

L'addio a Ibrahimovic, uno dei più difficili della nostra storia

 

Non eravamo pronti, forse perché inconsciamente pensavamo che questo momento non sarebbe mai arrivato. Ibrahimovic che smette di giocare a calcio non è una semplice notizia, un dato di cronaca di cui mestamente prendere atto; è un uragano silenzioso che si abbatte sulle nostre vite. Ieri sera San Siro tratteneva a stento le lacrime perché stavamo assistendo ad un evento che stava rivoluzionando la nostra vita. Ibra, per noi, non è stato un giocatore; è stato il senso della divinità applicato al calcio.

 

Ci ha cambiato la vita due volte, nel 2010 quando è arrivato la prima volta al Milan e nel 2020 quando ha deciso di tornare per quella che in tanti definivano una pensione anticipata. Lo abbiamo avuto al massimo della sua potenza fra il 2010 ed il 2012, quando ha raggiunto il picco della sua maturazione tecnica, facendoci vincere uno scudetto e portandoci, con quasi 30 gol, al secondo posto in un campionato deciso da due gol oltre la linea non convalidati. Nel 2020, quando è tornato, abbiamo sperato tutti che potesse darci una mano, che potesse essere d'esempio per tanti ragazzi giovani. Ibra è andato oltre. Ha giocato a spezzoni, non sempre, quasi 53 partite considerati i minuti totali. 53 partite in 3 anni e mezzo sono poche ma i suoi numeri rimangono significativi: 37 gol e 12 assist.

 

Se consideriamo l'età parliamo di un fenomeno. E poi c'è l'aspetto mentale. In un momento della vita in cui i grandi campioni a fine carriera volano negli Emirati Arabi a prendere pacchi di soldi, Ibra non solo ha scelto di venire al Milan a soffrire ma ha cambiato il Milan nella mentalità, nella personalità, nella forza. La sua è stata la rivoluzione del carisma. Ibra ha modificato il concetto di egocentrismo, introducendo nella realtà contemporanea il concetto di egocentrismo illuminato, il suo, capace di trasformare una squadra, esclusivamente con la forza del suo carisma. Ieri sera vederlo commuoversi davanti all'affetto della sua gente ci ha colpito. Anche Gulliver conosce le lacrime, come tanti comuni mortali. Lacrime che non sempre sono un segno di debolezza. Ieri sera sono state la dimostrazione più emblematica della sua forza.

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