prati

 

Ciao Pierino, compagno inconsapevole di una vita!

 

La notizia della sua scomparsa fa male, e provoca un grande senso di tristezza e malinconia. Perchè Prati non è semplicemente una bandiera del Milan...

 

“Cudicini, Anquilletti, Schnellinger, Trapattoni, Rosato, Malatrasi, Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati”: uno degli scioglilingua calcistici più celebri della storia del calcio italiano (e non solo). Di quella mitica formazione se ne va un altro pezzo, uno dei più pregiati, forse anche perché è più facile ricordare ed esaltare chi fa i gol piuttosto che quelli che li evitano. E di gol Pierino Prati ne ha fatti tanti, molti dei quali pesantissimi e decisivi, alcuni addirittura storici. Come non ricordare il decisivissimo gol segnato a Glasgow contro il Celtic nei quarti e la tripletta siglata in finale contro l’Ajax nella vittoriosa Coppa dei Campioni del 1969.

La notizia della sua scomparsa fa male, e provoca un grande senso di tristezza e malinconia. Prati non è semplicemente una bandiera del Milan, di cui celebrare e ricordare numeri e statistiche; per qualcuno si tratta di un autentico idolo, un personaggio amato, la cui vita ha finito per intrecciarsi con quella di qualcun’altro senza che lui neanche lo sapesse.

Succede così quando un super tifoso milanista all’inizio del 1970 decide di dare al proprio figlio il nome composto dalla “coppia più bella del mondo, quella formata da Gianni Rivera e Piero Prati”. E chi quel nome porta (il sottoscritto, per chi non lo avesse capito), fin da bambino di quella squadra, che non ha mai visto giocare, tutto vuole sapere: ascolta i racconti del padre, legge i suoi libri, vede le immagini di repertorio, ascolta i dischi storico/celebrativi (come “Il Milan racconta” di Sandro Ciotti), e così finisce per innamorarsi di quella squadra, e di Piero Prati in modo particolare.

E quel legame si rafforza ancor di più nel corso degli anni, quando si ha la grande fortuna di conoscere personalmente qualcuno che di quella squadra faceva parte direttamente (Giovanni Lodetti) o indirettamente (Carola, la figlia prediletta del grande Roberto Rosato), e ti coinvolge con trasporto con i racconti e gli aneddoti relativi a quel gruppo straordinario guidato dall’altrettanto straordinario Nereo Rocco. E la sensazione che emerge chiara e palese da quei racconti, è che stiamo parlando di persone eccezionali, grandi uomini prima ancora che grandissimi giocatori.

Prati era un milanista vero, uno che al Milan è arrivato a 11 anni, e che viveva a Milanello in pianta stabile perché i suoi genitori, che lavoravano entrambi, dovevano lasciarlo a casa da solo. Vivendo nel centro sportivo si è mangiato con gli occhi i giocatori della prima squadra per anni, guardando tutti i giorni gli allenamenti e cercando di carpire i loro segreti.

In una intervista recente attribuì proprio a questo la grande intesa che si stabilì con Gianni Rivera, avendone studiato i movimenti e le caratteristiche per anni. E da bambino cominciò a sognare di poter arrivare a giocare nella prima squadra del suo Milan, sogno che poi si trasformò in realtà, una realtà forse anche più bella di quella immaginata dal Prati bambino.

Ma quello che conservò per sempre fu il sorriso, la semplicità ed il garbo della brava persona, confermato negli anni quando divenne un signore che con la sua tuta rossonera si prendeva amorevolmente cura dei bambini che facevano parte dei Milan Camp, dispensando loro consigli e trovando sempre una parola di conforto per qualcuno che sbagliava o ci rimaneva male per qualche rimbrotto di qualche compagno, perché “la cosa fondamentale per i bambini che giocano a pallone deve restare il divertimento”.

Ciao Pierino, fai buon viaggio!

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