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Imparare dagli errori

 

Le tre C che servono alla società milanista sono credibilità, chiarezza e coesione

 

C'è senza dubbio un aspetto principale che riguarda il Milan degli ultimi anni e sul quale sarebbe opportuno concentrare l'attenzione.
Usciti infatti dalla catachesi Galliani/Braida/Ramaccioni, il Milan non è più stato lo stesso.
Fino al 2013 (anno in cui la società rossonera ha visto uscire dai suoi quadri sociali Ariedo Braida) il Milan ha vissuto in un fortino dorato. Quella società, voluta da Silvio Berlusconi nella primavera del 1986, era stata l'unica certezza assoluta del Milan, il faro nella nebbia in una notte di burrasca. Si ragionava col pronome "noi" e le scelte, giuste o sbagliate che fossero, avevano natura collegiale, mai individuale. Quel Milan potè senza dubbio contare sulla disponibilità economica di Berlusconi ma, soprattutto, ebbe le spalle coperte dalla Fininvest.
Tuttavia quella società era credibile, chiara e coesa. Queste tre C mancano oggi al Milan, da troppi anni e da troppo tempo.
Inoltre quel tipo di impostazione societaria sapeva come riemergere dai bassifondi e dai momenti di crisi (accadde a metà anni 90), perchè conosceva già la strada giusta e sapeva analizzare senza far processi interni, senza tagliare teste, senza scaricare colpe sui singoli.
Quella società era una macchina perfetta che oggi il Milan non è più. E se c'è un obiettivo che è necessario darsi, è proprio questo: ridare alla società rossonera un impianto con tre C (credibile, chiaro e coeso), in cui i personalismi e gli individualismi lascino il campo ad una idea di collegialità che, da troppo tempo, è stata abbandonata.
Se c'è un auspicio per la prossima stagione è legato a questo, non certamente all'arrivo di un singolo dirigente o alla conferma di questo o di quello.
Senza una stabilità societaria vera e reale, qualsiasi progetto è destinato a fallire, ad infrangersi sugli scogli dell'uomo forte al comando che tutto risolve e che nulla sistema.
Serve prenderne atto, soprattutto dopo essere passati dall'esperimento errato del doppio AD, ad una società inadeguata come respiro professionale (Fassone e Mirabelli) sino ad un impianto societario con troppe teste non coordinate e con troppi ruoli non ben definiti (nell'ultimo periodo americano).
Questo è l'auspicio principale.
Certo anche la proprietà dovrà fare la sua parte, magari con un approccio al Milan meno enigmatico e con un'esposizione pubblica diversa.
Anche perchè imporsi in Italia con una mentalità meramente americana non è così semplice. Tutt'altro.

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