berlusconi pelegatti

 

Sono avvolto dalla malinconia

 

Que reste-t-il de ces beaux jours. Un ricordo di Silvio Berlusconi e di quei giorni che mi inseguono, senza mai fermarsi

 

Sono avvolto dalla malinconia. Che si acuisce con il passare delle ore. La scomparsa di Silvio Berlusconi, al quale dedico il pezzo di oggi, ci trasmette, forte e crudele, la sensazione del tempo che passa. Lo stesso stato d’animo che certamente lo ha attraversato, quando, venerdì scorso, prima del suo ultimo ricovero in ospedale, il Presidente ha voluto tornare davanti al laghetto, dominato dal Palazzo dei Cigni. E’ rimasto seduto lì un’ora, quasi a salutare per l’ultima volta, la statua eretta per ricordare la costruzione di Milano 2. Quasi a rivivere gli anni della sua giovinezza, quando quei prati, grazie a lui, sono diventati un quartiere elegante e innovativo. Ho scelto come colonna sonora di queste righe una vecchia canzone di Charles Trenet, che Silvio Berlusconi amava cantare accompagnato al pianoforte da Fedele Confalonieri.

Si muovono lente le note di un piano.

“ Que reste-t-il de nos amours

Que reste-t-il de ces beaux jours

Une photo, vieille photo

De ma jeunesse “

Sono stati giorni meravigliosi, emozionanti, indimenticabili, quando trentasette anni fa, è cominciata la splendida avventura, che ha portato quel Milan, eletto la squadra di club più forte della storia, a trionfare in Italia, in Europa e nel Mondo. Vincendo e convincendo, come sempre ha propugnato il Presidente, che, sul suo comodino, ha sempre voluto tenere “L’elogio della Follia “, il libro scritto di Erasmo da Rotterdam. La differenza tra il folle e il genio è il successo. Il successo immortalato non da una foto, ma da tante vecchie foto. Silvio Berlusconi felice nella notte di San Siro, dopo la conquista dello Scudetto, grazie al pareggio di Como. Non ho mai visto tante bandiere rossonere sventolare sotto le stelle, in una notte di maggio. Il Presidente, che abbraccia forte Arrigo Sacchi, dopo la conquista della prima Coppa dei Campioni. Lo stesso sorriso che accoglie i suoi Ragazzi, in una gelida notte di dicembre, diventati, qualche ora prima, Campioni del Mondo a Tokyo. Vecchie foto, che non sono mai ingiallite nei nostri cuori, vecchie foto di quando eravamo tutti più giovani, molto più giovani. Senza rimpianti, però, per il tempo passato, perché è stato un tempo felice e memorabile. E noi c’eravamo!

“Que reste-t-il des billets doux

Des mois d’avril, des rendez-vous

Un souvenir qui me poursuit

Sans Cesse”

Sì, i biglietti dolci, non solo con le parole d’amore alle nostre innamorate. Io, più prosaicamente, voglio immaginare che siano quelli delle grandi finali, quelli che hanno permesso di assistere ai grandi trionfi del Milan di Silvio Berlusconi. In quei mesi di aprile, quando i rossoneri fissavano i dolci appuntamenti, per chiudere lo Scudetto o volare in Champions League. Un ricordo, per usare le parole di Charles Trenet, “qui me poursuit sans cesse”, che mi insegue senza mai fermarsi.

Come, a Milanello, quei sabati del Presidente. Arrivo nel centro sportivo milanista insieme ai pochi colleghi di quegli anni. Subito ci guardiamo negli occhi perché il piazzale davanti alla palazzina è vuoto. Il segnale! Dopo qualche minuto, il rumore dell’elicottero. Ad attendere Silvio Berlusconi, il direttore Antore Peloso e il team manager Silvano Ramaccioni. Un breve saluto. Poi, a piedi o sul van, entra nella sala da pranzo dove lo attendono l’allenatore e i giocatori. Noi aspettiamo nella Sala del Caminetto, dove più tardi appare sorridente, contento di parlare con noi di calcio, del suo Milan, delle sue speranze, delle sue certezze. Quelle immagini, quei momenti, quei dolci lontani ricordi di Silvio Berlusconi mi inseguiranno, senza mai fermarsi!

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