donnarumma

 

No, sull'ambizioso non si può (?)

 

Caro Donnarumma, non accettare serenamente di aver sbagliato e non chiedere scusa (da capitano, per giunta) per una delle peggiori sconfitte della storia azzurra è sbagliato

 

 
Ci sono portieri che parano e parano, poi sbagliano, metabolizzano l’errore e poi riprendono a parare e a parare, sapendo che l’errore è sempre dietro l’angolo. Va così da più di un secolo e i portieri migliori non sono solo quelli che commettono meno errori, ma soprattutto quelli che vanno subito oltre i propri sbagli o incertezze.
 
Negare a se stessi l’errore non è una grande strategia, non aiuta ad andare avanti nel modo giusto: la reazione di Donnarumma all’osservazione critica, quanto oggettiva, della giornalista Rai Tiziana Alla per il quinto gol regalato alla Germania («Non è la prima volta che ti capita»), dimostra che il capitano azzurro si è fermato a quella notte di marzo al Bernabeu, quando - con il Psg in vantaggio e la qualificazione ai quarti in tasca - Benzema gli scippò la palla dai piedi, con furbizia, forse anche con un fallo, aprendo le voragini difensive e psicologiche della squadra francese.
 
Ma un portiere può accettare il contrasto in area con l’avversario o deve liberarsi prima del pallone? Donnarumma fu giustificato dall’allenatore Pochettino ed è rimasto dell’idea di aver subito una grave ingiustizia, in una stagione segnata dal dualismo mal digerito con Navas. Anche per questo il portiere azzurro continua a forzare le giocate di piede, non era certo martedì sera la prima volta, rischiando di esporre se stesso e i compagni ad altre brutte figure. Certo, nel primo tempo un suo passaggio filtrante aveva sorpreso i tedeschi e portato a una delle rare occasioni azzurre in attacco. Il calcio oggi è cambiato e il portiere deve fare un lavoro mostruoso, oltre a volare da un palo all’altro, elaborando dati di ogni tipo in un attimo, senza essere un computer e senza paracadute. Il margine di errore, banalmente, è molto più ampio. Ma proprio per questo non accettare serenamente di aver sbagliato e non chiedere scusa (da capitano, per giunta) per una delle peggiori sconfitte della storia azzurra, dimostra che crescere nella totale assenza di critica e autocritica fa solo male ai calciatori.
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