tonali

 

Il giocatore più migliorato

 

Il mediano del Milan è quello salito più di livello.

 

 

Sandro Tonali è nato a Sant’Angelo Lodigiano, accanto al fiume Lambro, che idealmente collega la provincia a Milano. A Sant’Angelo quasi tutti sono milanisti, c’è uno dei Milan Club più grandi d’Italia. La squadra locale gioca con la maglia rossonera e all’inizio degli anni ’80 ci ha giocato Ariedo Braida. Anche quando indossava quella maglia Tonali vestiva il numero 8 in onore di Gennaro “Rino” Gattuso. Era il suo idolo. Da bambino aveva una tazzina con sopra la faccia di Gattuso e non se ne separava mai; quando la madre l’ha rotta per sbaglio si è messo a rincollarla pezzetto dopo pezzetto. Tutte cose che vengono raccontate nel documentario che il Milan gli ha dedicato un anno e mezzo fa, titolato “Sandro Tonali: la storia di un cuore rossonero”.

 

La scorsa stagione Tonali era arrivato al Milan per una grossa cifra: 10 milioni di prestito, 15 di riscatto e 10 di eventuali bonus. Si era presentato scansando il paragone con Pirlo – «solo per i capelli» – e rivendicando invece il suo amore per Gattuso. Aveva detto «Il calcio è una guerra». Eppure aveva giocato un’annata mediocre, moscia: il contrario di uno cresciuto col mito di Gattuso. Qualche problema di temperamento c’è stato. A marzo viene espulso con l’under-21 in una partita contro la Slovacchia, la seconda espulsione dopo quella rimediata contro il Benevento in campionato. Partiva quasi sempre dalla panchina e non si capiva se fosse davvero adatto a una squadra come il Milan: troppo lento, troppo statico. Aveva una buona visione di gioco, una sensibilità nei cambi gioco niente male: troppo poco, a essere onesti. Anche solo contro i modesti avversari in Europa League, soffriva. Quando si è fatto male Bennacer ha giocato un po’ di più, continuando a non convincere molto. Si parla di Tonali come di un fenomeno da anni. Se veniva paragonato a Pirlo non era solo per i capelli, in realtà, ma anche per un gusto per il lancio lungo che a volte sfociava nella mania. Nel suo primo anno al Brescia aveva una percentuale di riuscita passaggi bassa, anche per questa tendenza ad andare presto in verticale, cercando direttamente le punte. Il gusto di fare il rifinitore giocando davanti alla difesa, in un calcio che però sembrava andare in direzione opposta.

 

In estate non era chiaro se il Milan è davvero intenzionato a riscattarlo. Il suo cartellino costa molto, il suo stipendio è alto, troppo per una riserva. Eppure già al Brescia aveva evidenziato qualità diverse da quelle del classico regista statico un po’ démodé. Portava molto palla, per esempio, e con un’efficacia eccellente. Una capacità di resistere nei duelli corpo a corpo così preziosa nel calcio contemporaneo. Del resto Tonali da ragazzino era descritto come un piccolo mastino. I suoi primi allenatori ne lodavano l’aggressività in campo (lo definivano “un animale”), il tiro potente, la voglia di vincere. Esultava soltanto quando vincevano una partita particolarmente tesa. Quelle qualità non si erano viste, però, nel primo anno al Milan, nonostante Pioli lo difendesse e lo continuasse a descrivere come un patrimonio per il futuro.

 

Durante l’estate si accorda con la dirigenza per restare con un ingaggio abbassato di mezzo milione. Un gesto decisamente inconsueto nel calcio contemporaneo, che forse gli toglie pressione o che comunque mette la sua stagione sotto tutta un’altra prospettiva, quella emotiva.

 

Nella stagione 2021/22 Sandro Tonali diventa un altro giocatore, o meglio: torna a essere il giocatore descritto nei suoi anni giovanili, e che coincide con l’immagine che lui ha di sé stesso. Un mediano “di lotta e di governo”, iperdinamico, aggressivo, che cerca di riconquistare il pallone con l’urgenza di una persona che sta morendo di fame. Al contempo lucido e razionale con la palla ai piedi, che usa con più intelligenza la sua qualità nei lanci lunghi, e che si esalta nel portare palla, difenderla usando suola e sedere, trasformando anche il controllo del pallone in una battaglia fisica con gli avversari. Visto in un torneo giovanile, quando aveva nove anni, il suo primo allenatore al Brescia descriveva così il suo stile in campo: “impostava, rubava, impostava, rubava”. Andrea Caracciolo, “l’airone”, che ha giocato con lui al Brescia, racconta di un episodio a Venezia in cui commette un fallo ruvido. I tifosi avversari da quel momento iniziano a fischiarlo, ma lui non cambia il suo atteggiamento di una virgola. «Sandro c’è» dice di aver pensato Caracciolo. Vedendolo dal vivo si può apprezzare il suo gioco senza il pallone, l’aggressività con cui spesso sta addosso al centrocampista di riferimento avversario, non dandogli pace nemmeno quando l’azione è distante.

 

Insieme a Brozovic è il mediano della Serie A che riesce ad abbinare meglio quantità e qualità, lavoro fisico e tecnico. Entrambi incarnano lo stile di gioco delle proprie squadre: Brozovic nella sapienza con cui gestisce la paziente uscita dal basso dell’Inter; Tonali per l’intensità in pressing, per il suo stile diretto di corse e passaggi in verticale.

 

Tonali è passato, ai nostri occhi, dall’essere un regista tecnico e compassato a diventare un mediano tutta corsa, contrasti, calzettoni e calzoncini sporchi. Un centrocampista dal sapore anni ’90, col suo gioco di contrasti, tacchetti, spallate vigorose e battibecchi con gli avversari. Col capello lungo e il calzettone basso a mezza gamba è diventato un’icona nuova e nostalgica allo stesso tempo (si potrebbe parlare di newstalgia). Promessa del Milan del futuro, ma al contempo simbolo identitario in cui i tifosi possono rispecchiarsi e trovare continuità con i campioni del passato. Uno dei giocatori che è semplicemente entusiasmante tifare. Tonali è diventato l’anima più sentimentale di questo Milan e nel momento in cui la stagione è diventata più delicata è salito ulteriormente di rendimento, prendendosi responsabilità che non erano nemmeno le sue. Nella partita decisiva contro la Lazio ha segnato il più strappacuore dei gol, raccogliendo e mettendo in rete la sponda di Ibrahimovic all’ultimo minuto. Contro il Verona, con un Milan che faticava a fare gol, lui ne ha fatti tre, di cui uno annullato, mettendo in mostra un repertorio di inserimenti da vera mezzala, lui che per quasi tutta la carriera ha giocato mediano.

 

Tonali è passato dallo status di riserva deludente a quello di anima della squadra che vince lo scudetto: il premio di giocatore più migliorato è una conseguenza inevitabile. Eppure l’impressione, data soprattutto dal suo finale di stagione, è che a ventidue anni i suoi margini di miglioramento siano ancora da esplorare, che ci siano parti del suo gioco che ancora abbiamo potuto apprezzare poco: il tiro da fuori, il suo talento balistico su calcio piazzato e la maturità nelle letture, con e senza palla. Un aspetto su cui quest’anno ha già fatto un grosso miglioramento, ma in cui può crescere ancora. I dubbi sulla prossima stagione riguardano soprattutto nel modo in cui può associarsi col suo compagno di reparto. Franck Kessié rappresentava un contraltare perfetto, visto che con l’intelligenza delle sue letture difensive e il suo senso della posizione ha permesso a Tonali di esprimersi in modo più libero e istintivo. Bennacer potrebbe obbligarlo a movimenti più prudenti che potrebbero limitarlo.

 

In questa stagione ha potuto lavorare più a fari spenti, ma già dal prossimo anno tutti torneranno ad aspettarsi molto da Sandro Tonali. Lui però stavolta sembra pronto.

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