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Il grande escluso

Il 4-3 dell’Azteca, Giovanni Lodetti la partita l’ha solo vista: “A Moneglia, con la ferita ancora aperta…”

 

 

Nella giornata del 50esimo anniversario di ItaliaGermania4-3 non ci sono interviste di Giovanni Lodetti: “Non la commento e non l’ho mai commentata quella partita lì”. Ma l’ha vista il Giuanin rossonero. L’ha vista a Moneglia, in Liguria, a casa sua e con la sua famiglia, senza accettare la vacanza ricompensa che la Federazione gli aveva garantito dopo averlo escluso dalla Nazionale mentre lui era già in Messico e correva e correva per prepararsi al meglio per l’inizio dei Mondiali. C’è da capirlo, Lodetti. Con i suoi polmoni e le sue gambe sarebbe sicuramente entrato in campo all’Azteca, ma l’appuntamento con la leggenda era saltato…

Anni fa, a Gianni Mura, il Lodetti aveva raccontato tutto: “Mi ha fatto male per anni. Meno da quando credo di aver capito cos’è realmente successo. Tutti sanno che s’infortuna Anastasi e al suo posto ne convocano due, Boninsegna e Prati. Uno di quelli già in Messico da qualche giorno dovrà tornare a casa, ma noi del Milan sapevamo che Prati aveva una caviglia acciaccata e non era in grado di giocare, infatti non giocò. Sandro Ciotti mi mise una pulce nell’orecchio: se hanno chiamato uno del Milan e uno dell’Inter, non credi che toccherà tornare a uno del Milan o dell’Inter? Ciò, speremo de no, gli ho detto facendo il verso a Rocco. Anche perché dai test ero uno di quelli più resistenti all’altura. Quando il massaggiatore mi ha detto che mi volevano i capi, lì ho capito. State sereni, ho detto ai compagni. Nella stanza c’erano Mandelli, il capodelegazione, Valcareggi, il dottor Fini e un altro dirigente. Ci spiace, Lodetti, ci addolora, ma siamo costretti a tagliarti. Ma non ti preoccupare, convoca tua moglie, per tutta la durata dei mondiali sarete ospiti della federcalcio ad Acapulco e riceverai lo stesso premio che daremo agli altri. Io gli ho detto che erano delle facce di merda, che non si può umiliare così la brava gente e che sarei tornato in Italia col primo volo, cosa che ho fatto. E del premio ne ho visto meno della metà, ma non m’interessava. Continuavo a non capire perché dovessi tornare a casa io per far posto a un Prati zoppo. Continuavo a chiedermi se avevo sbagliato qualcosa, ma andavo d’accordo con tutti. Da qualunque parte la girassi, era un’ingiustizia bella e buona, anzi brutta e cattiva. E non lo sapevo, ma era solo il primo tempo del film che mi avrebbe cambiato la vita e la carriera. Dopo il Messico, quelli del Milan mi hanno dato alla Samp e nessuno in quei giorni mi ha fatto una telefonata: non Rocco, non Rivera, nemmeno il Trap, che eravamo sempre insieme. Poi ho saputo che il Milan da mesi faceva la corte a Benetti. Aveva offerto, in ordine sparso, Malatrasi, Trapattoni, Sormani, ma Bernardini aveva detto: si fa l’affare solo se ci date Lodetti. Quindi, ero da sacrificare a un interesse di mercato. Meglio se saltavo il Messico, c’era il rischio che giocassi bene. Dopo cena, andavo sempre a fare una passeggiata con Bearzot e lui mi tranquillizzava: figurati se vai a casa tu, e poi chi corre? Bearzot era una persona onesta, se fosse stato al corrente non mi avrebbe preso in giro. La vicenda è nata sopra le nostre teste, è nata al Milan”.

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