Abbiati

 

Bonucci, Abbiati e Capello

 

Suma ci parla dell'addio di Bonucci, dell'intervista 'cuore in mano' di Christian e delle parole vendicative di Fabio Capello, che sappiamo non sbagliare mai...

 

Molti tifosi rossoneri hanno trascorso il venerdì a sfogarsi per la presentazione di Leonardo Bonucci in bianconero e le sue relative dichiarazioni. De gustibus. E' un dibattito al quale non riusciamo ad appassionarci. Per uno che veniva da sei scudetti consecutivi e da due finali di Champions League, era normale chiedersi chi gliel'avesse fatto fare mentre perdeva 3-0 a Verona e mentre subiva il pareggio di Brignoli a Benevento. Ed è questo il punto: non tanto cosa potesse fare di più Bonucci per il Milan (sul piano della professionalità e della correttezza formale non abbiamo un solo appunto da fargli), ma perchè il Milan non è stato all'altezza della scelta magari di rabbia ma certamente dirompente fatta un anno fa da quello che in quel momento era uno dei leader della Juventus campione d'Italia e vicecampione d'Europa. E questo è anche il nostro amaro in bocca. Sul Milan 14 aprile 2017-21 luglio 2018, resta nell'aria una sensazione di non detto, di inespresso, di allusivo che fa male a chi ci ha creduto. Con l'amore di sempre, con la solita buona fede. Ma che tutto sia finito quasi senza colpo ferire, senza guardare negli occhi la gente rossonera, senza raccontare a questo punto tutto, fa disagio. Fa male. Bonucci va derubricato, come tutto ciò che ha riguardato la scorsa stagione a questo punto. La voglia di una rinascita, di un sussulto, di un guizzo dopo diversi anni di magra aveva risvegliato il sacro fuoco nel petto dei milanisti. Giusto non dimenticarlo, inutile negarlo. Scoprire un anno dopo che era un fuoco auto-alimentato, ma senza un braciere solido e strutturato, è una sensazione che dispiace e molto. Ma che non ci appassiona, avendo tutta intatta quella stessa voglia di un anno fa. In primo piano sempre il futuro, specie con i passi secondo la gamba come si diceva una volta a Milano, specie se di lavoro e di tradizione, di metodo e di competenza come quello che si prospetta davanti agli occhi dei Milanisti. Dilaniarsi con il passato, è poco appassionante e poco produttivo. Vale per Bonucci come per Montella, vale per il rinnovo di Donnarumma come per i legamenti di Andrea Conti, vale per i fischi a Kalinic come per le sei sconfitte dell'andata contro tutte le grandi. Ci sono tante pagine da voltare e vanno voltate tutte. Cosa intendiamo dire? Che tra il 20 maggio e il 20 luglio, il Milan ha rischiato un guaio grosso. Di quelli veri. Di quelli che i Bonucci, i Modric ti fanno un baffo. Di quelli che l'unica cosa che conta è guardare in casa propria. Al proprio amore, al proprio bene comune. Non ci si rialza da un guaio grosso in due settimane e i piccoli, prudenti, ma consistenti passi del presidente Scaroni, di Leo e Maldini vanno esattamente in quella direzione.


E' stata la settimana delle parole di Milan pronunciate da Christian Abbiati e da Fabio Capello. Il primo si è aperto, come non sempre fanno gli uomini di sport. Non ha fatto una intervista tattica Abbia, ma una intervista vera. Nei suoi pensieri abbiamo rivisto e riletto esattamente quello che si dipanava sotto i nostri occhi, giorno per giorno, settimana dopo settimana. E se Alisson e Kepa sono stati ceduti alla cifra cui poteva ambire il Milan per Donnarumma se Gigio non avesse fatto la stagione che ha fatto, bisogna andare a vedere tante cose, esattamente come indica Abbia. Ma di come è andata sul campo, del vortice di cui Gigio è stato vittima a livello psicologico durante tutta la stagione. Un vortice creato da tantissime parti, non solo da Mirabelli. L'estate tranquilla del 2018 ci fa sperare in un Gigio molto ma molto migliore rispetto a quello prodotto dall'estate convulsa del 2017. Come spesso accade, invece, Fabio Capello è stato ruvido sul Milan. Quasi sbrigativo. Il Milan ha comprato a vanvera? Può essere, ma in casi del genere nessuno può scagliare la prima pietra. Ci sono vanvere da sesto posto e vanvere da decimo posto, la posizione in classifica cioè del Milan 1997-98, la stagione nella quale lo stesso Capello al Forum (luglio 1997) candidò il Milan alla conquista dello scudetto dopo gli acquisti di Patrick Kluivert, Winston Bogarde, Christian Ziege, Giampiero Maini, Ibrahim Ba e molti altri. Decimi. Capita, succede, fa parte del calcio. E del calcio fanno parte anche gli insospettabili.

Quel Fabio Capello tornò da Madrid sul cavallo bianco, desideroso di mangiare la minestra riscaldata che più di un tifoso rossonero temeva e sospettava. Quel cavallo bianco dell'onnipotenza su cui non sono mai saliti Leonardo e Paolo Maldini. Non sono venuti al Milan per prendersi rivincite. Sono troppo sereni. Appaiono troppo felici di lavorare insieme e di mettere in pratica quello spirito di servizio di cui secondo loro il Milan aveva bisogno ormai da diversi anni, per lasciare spazio al pensiero che covino dei pensieri negativi, di rivalsa. Non si stanno nemmeno mettendo alla prova, stanno semplicemente lavorando. Senza soste. Il poliziotto di Casa Milan e il poliziotto di Milanello, una definizione nella quale l'accezione del termine poliziotto non è ispettiva o repressiva. Non ce n'è alcun tipo di bisogno. Hanno avuto la forza e la possibilità di tenere la barra dei loro pensieri dritta nel corso degli ultimi nove anni Paolo e otto anni Leonardo, e oggi ne raccolgono i frutti. Della loro sobrietà, del loro essere asciutti e non retorici, i tifosi si fidano. Sono passati pochi giorni eppure Leonardo e Maldini sono già la società. Il resto tocca a Gattuso, ai giocatori e ai tifosi stessi. Componente sempre più fondamentale di un gioco che si nutre sempre più di umori e di atmosfere. Spesso strettamente legate ai risultati.

 

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