Elliott ci riporta il Milan
La lunga maratona per il ritorno di Maldini al Milan. Con Elliott si torna a vedere il "vecchio" Milan
Una chiamata che ti fa svoltare la serata.
Sono circa le 23.00 di lunedì 9 luglio e con alcuni colleghi abbiamo lasciato da pochi istanti il luogo dove è stata presentata la seconda maglia del Milan.
L’aria è pesante, Fassone è appena tornato da Londra con la consapevolezza di esser stato defenestrato da Elliott e dopo aver cercato invano e fuori tempo massimo di intavolare una trattativa con Rybolovlev che non aveva ragion d’esistere.
Elliott aveva iniziato da tre giorni l’iter per l’escussione del pegno e, di fatto, era diventato il proprietario del club.
La chiamata arriva mentre siamo in macchina, con la stanchezza che avanza per una giornata campale tra Milanello e l’evento appena concluso.
La notizia che animava la serata rossonera era una: Elliott vuole Paolo Maldini nella nuova dirigenza rossonera. Il clamore sui social si espande, si riaccende la fiamma della speranza che, a dire il vero, ardeva già da settimane visto che Maldini – al netto delle smentite fatte in via privata a chi lo ha contattato – è stato corteggiato a lungo da Elliott con anche alcuni incontri importanti con figure che, oggi, dettano la linea del nuovo corso del Milan. Le frenate ci sono state così come le accelerazioni improvvise, come quella di ieri. Quando Peppe Di Stefano irrompe in collegamento telefonico a Sky Sport 24 e annuncia urbi et orbi il ritorno di Maldini al Milan è come se avesse pigiato il tasto rosso su un detonatore. Le verifiche trovano riscontri sull’arrivo, un po’ meno sul ruolo effettivo, ma c’è un comune denominatore: Maldini lavorerà accanto e con Leonardo.
Un binomio dal carisma smisurato, che potrebbe convincere anche Messi a mollare il Barcellona giusto per sparare alto.
Ma adesso viene il bello e anche il difficile per Maldini.
Per anni si è invocato il suo ritorno in rossonero, da oggi avrà un ufficio tutto suo al quarto piano di Casa Milan (dove è atteso anche Umberto Gandini a stretto giro di posta) e qui dovrà dimostrare sul campo, come ha fatto da giocatore, di avere le doti per poter essere un grande dirigente.
Il ruolo che gli è stato assegnato è importante, non è di facciata. Non sarà una macchietta, ma sarà operativo sulle questioni di campo e dovrà darsi da fare. Dovrà anche imparare le dinamiche politiche interne al calcio italiano ed europeo, consapevole del fatto che essere Paolo Maldini può aiutare, ma non può esser tutto.
Paolo ha sempre voluto il bene del Milan e ha accettato il progetto di Elliott, che in poche settimane ha cambiato i connotati a quello che, in molti, non ritenevano più essere il Milan.
Basti pensare soltanto alla conferenza stampa di presentazione di Higuain e Caldara.
Lo scorso anno non c’è stato un acquisto che sia stato interrogato dai giornalisti presenti. Tutto blindato, limitato a un video su Facebook e ad uno slogan.
Per il Pipita e Mattia, così come per Leonardo e per Maldini oggi, porte aperte a tutti perché il confronto è il fulcro dell’informazione.
Adesso il Milan è una società forte, in fase di forte restauro (cambi previsti in tutte le aree anche nelle prossime settimane), ma che sa già come e cosa deve fare.
Fuori e dentro il campo. Con un Maldini in più nel motore, l’opera di repulisti da ciò che c’è stato prima, ha subito una grande accelerata.
Adesso tocca a lui. Buon lavoro.