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Milan punito, perché?

 

Chiaro imbarazzo fra Camera di giudizio e Camera investigativa

 

Il Fair play finanziario in mano ad una istituzione con una propria visione politica è uno strumento equilibrato e attento. Il Fair play finanziario in mano ad una istituzione notarile con tendenze da azzeccagarbugli, una istituzione timorosa degli umori politico-mediatici non avendone di propri, diventa una scheggia impazzita. Che oggi fa godere gli avversari del Milan e domani chissà. Il passaggio dalla Uefa di Platini a quella di Ceferin è un salto nel buio, rispetto al quale il ritorno è tutto da decifrare. Al dunque, ogni cosa al suo posto. Il Milan è stato escluso dalle coppe europee per un anno non con una sentenza, ma con un mosaico. In controluce, fra sentenza e motivazioni, fra detto e non detto, si intravvede un chiaro imbarazzo fra Camera di giudizio e Camera investigativa. Una si lava le mani con la violazione del Fair play finanziario e l'altra molla ai giornali la polpetta avvelenata della credibilità. Una prova a rimanere nel campo del giuridicamente corretto, l'altra continua imperterrita a fornire a giornali e social gomma da masticare contro il Milan, contro il suo proprietario e contro i suoi dirigenti. Passarsi la palla, scambiarsi i tasselli, per arrangiare un modo per uscirne, non è quella indipendenza delle commissioni di controllo e giudicanti sulle quali, con frasi mirate e affilate sul Milan nelle interviste invernali, si era espresso (?!) il presidente Ceferin. Milan punito, Milan condannato: il tifoso da una vita si chiede, perché? Cosa abbiamo fatto? Nulla, non ci sono partite comprate e vendute, non ci sono giovani venduti a prezzi gonfiati, non ci sono sms bollenti o condotte anti-sportive. L’unica risposta è che ad un gruppo di notai non piace il modo in cui il Milan esiste, respira, paga e fa fronte. Non piace. Punto.

Visto poi che Adjudicatory e Investigatory danno il buon esempio nel fare taglio e cucito, a buon diritto si accaniscono a farlo tutti gli altri. Soprattutto gli esperti di frullati e minestroni. Quelli che non conoscono le sentenze perchè fra compromessi, lodi, ricorsi e prescrizioni le hanno sempre sfiorate, si nutrono delle motivazioni fatte trapelare senza una pubblicazione sui mezzi ufficiali. Quelli che invece leggono uno scarto fra sentenza e motivazioni, accusano noi di aver fatto disinformazione. Noi che non abbiamo mai parlato del principe malese, della multa, del tetto agli ingaggi, dei due anni, di Al Falasi, di Riccardo Silva, di Conte, di via Gattuso, dell'iscrizione al campionato di A, di Ross, di Fisher, di bitcoin e di altre schizofrenie varie, noi che ne non abbiamo mai parlato insistiamo: il Milan è fuori dalle coppe per i 120 milioni con cui è stato violato il Fair play finanziario negli anni compresi fra il 2014 e il 2017. Con un anno di ritardo, per giunta. Perchè ad informare l'Uefa che il Milan voleva rilanciarsi dopo le violazioni 2014-2017 era stato lo stesso Milan, a maggio 2017, con la presentazione del piano industriale quadriennale alla base della richiesta di Voluntary. Proprietà e business plan non credibili? Bisogna avere il coraggio si sbatterli sulla trincea della sentenza, non nelle retrovie. Altrimenti è solo un gioco sporco che dà la stura a pensieri velenosi e sporchi a loro volta. In ogni caso sul primo e sull'intera impalcatura del closing bisogna dimostrare ed esibire carte, altrimenti bisogna stare zitti. Sul secondo, visto che il Voluntary non è stato accettato, il Milan ha rimodulato il proprio piano, aggiornandolo più volte, rispondendo sempre con precisione ad ogni obiezione, nel corso delle proprie udienze presso l'Uefa. O almeno, per il Milan si trattava di udienze da affrontare con serietà, dati alla mano e linee precise di gestione del bilancio e del futuro. Purtroppo però per gli interlocutori erano ben altro che udienze, erano pura e semplice ammuina, tanto era già stato tutto deciso leggendo il NY Times.

Evitino i Milanisti di dividersi fra è peggio il 2014-2017 o il 2017-2018. Quello che stiamo vivendo non è una causa, ma un effetto. Il Milan post Tevez-Pato ha trascorso troppo tempo all'insegna del tanto peggio tanto meglio, proprio nelle stagioni in cui in seno alla Uefa maturavano provvedimenti e decisioni che portavano invece nella direzione opposta, ovvero di strutturarsi, di compattarsi, di costruire fondamenta. Quelli invece erano purtroppo anni in cui dare una botta all'amico dell'ufficio avversario o scrivere i testi degli striscioni era molto più importante che dare un futuro di sostanza al Milan. Quelli di oggi sono invece tempi in cui il presidente Li lavora in silenzio, come da cultura cinese, sia sui 32 milioni dell'aumento di capitale (non prestiti a ufo o mance in attesa della buonuscita, ma soldi veri, ripetiamo aumenti di capitale) che sui possibili equilibri della trattativa sulle quote azionarie con Rocco Commisso. Il quale numero uno di Mediacom ha parlato di Milan senza lamentarsi perchè costa, ma con grinta e rispetto dopo la sentenza "otherwise" di Nyon. A proposito, del Milan o si parla o non si parla. Ci sentiamo un po' Marco Ferradini, ma pazienza se i panni sono un po' quelli dell'"uomo ferito": di Milan non si parla solo il venerdì. Bisogna, senza usare il Milan per le scie del momento, parlarne anche il lunedì a urne chiuse. Oppure non se ne parla mai, perchè quando si lavora sul serio il silenzio è una forma di rispetto. Non sappiamo come usciremo da questa estate e se ne usciremo, ma visto che anche noi la diamo sempre vinta al momento del dunque all'amore e al coraggio rispetto ai propositi di cappio al collo, ebbene sì, ne usciremo. E dovremo farlo da milanisti, senza perdere tempo, senza titubanze e senza indugi. Decisi e veri. Consapevole che gli avversari non sono fra di noi, ma sono quelli che ci circondano armati. Insomma: uscirne, ripetiamo, senza perdere tempo. Tutti e subito pancia a terra. L'ultima volta che la depressione estiva, 2009, cessione di Kakà, ci ha fatto iniziare di malavoglia la stagione, abbiamo perso terreno per i primi due mesi, lasciando sul campo quei punti che, se fossimo partiti bene, a marzo 2010 ci avrebbero consentito di essere primi in classifica. Gli ignoranti rifiutano la Storia. I Milanisti vi devono sempre attingere perchè è casa loro.

 

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