Biasin

 

Biasin e l'Uefa

 

Anche al giornalista di nota fede secondaria, questo dell'Uefa pare davvero un accanimento senza precedenti

 

Papà aspetta la sentenza dell’Uefa sul Milan. Tutti l’aspettano. La sentenza dell’Uefa doveva arrivare “entro 48-72 ore”, poi “entro fine settimana”, poi “entro lunedì”. E invece niente. La sentenza dell’Uefa si fa desiderare e questa cosa può significare due cose: 1) Quelli dell’Uefa vogliono stare attenti persino alle virgole per togliere appigli al Diavolo in vista del ricorso. 2) “Qualcuno” (Elliott?) sta spingendo per ritardare il più possibile la decisione, nella speranza che dall’America arrivino buone notizie e la possibile “mazzata” si trasformi in qualcosa di più “umano”.


Il fatto che l’Uefa valuti una “mazzata” non è una minchionesca sensazione del sottoscritto, semmai una semi-certezza degli stessi dirigenti rossoneri. La Commissione vuole andare oltre l’anno di esclusione dalle coppe e vedremo se questo significherà “un anno + multona + asterisco sul secondo” (“se vi mettete a posto ok, altrimenti peggio per voi”) o se la direzione sarà quella dei “due anni e arrangiatevi”.
L’atteggiamento dei capi del calcio europeo è decisamente ostile e molti si domandano “perché?”. Possiamo ragionare per ipotesi: 1) l’Uefa sa cose clamorose che noi non sappiamo (ma qui siamo nel solito campo delle “scie chimiche” e dei “complotti” che tanto piace a noialtri italiani). 2) L’Uefa ha deciso di utilizzare il Milan per lanciare un messaggio a tutti quanti: “Non vogliamo speculatori nel mondo del calcio”. Una sorta di: “Se Li non si leva dalle balle sarà peggio per voi”. Che è una bella pretesa se si pensa che, comunque, il cinese in un modo o nell’altro ha investito (di tasca sua e non sua) parecchio grano.
Quello dei capi del calcio è a tutti gli effetti un vero e proprio atto di prevaricazione che, di fatto, minimizza i motivi per cui il Milan si trova al tavolo dell’Uefa (ovvero la gestione economica del club negli ultimi anni) e sposta l’attenzione sulla gestione “non chiara” del presente che a loro dire condiziona anche il futuro.


Comunque la si voglia vedere è a tutti gli effetti una situazione inedita e parecchio fastidiosa che può cambiare solo in caso di (possibili ma non sicure nell’immediato) novità dall’America. Prima certezza: a molte ricche famiglie americane interessa il Milan, non tanto per la gloria passata eccetera eccetera, quanto perché Milano è, al momento, una delle città più “appetibili” per chi vuol provare a fare business (vedi futura costruzione della nuova cittadella dello sport in zona Rogoredo). Seconda certezza: a qualsivoglia acquirente converrebbe attendere la “resa” di Li per acquistare direttamente il club da Elliott a cifre certamente più umane rispetto a quelle di un anno fa (non oltre i 500 milioni). E qui casca il Diavolo: Li è certamente con le spalle al muro, ma non disposto a “mollare l’osso” così facilmente.


Ultima considerazione: il tifoso del Milan si è rotto le balle e vorrebbe tornare a parlare di calcio e di “chi vendiamo e chi compriamo”. La stessa cosa vorrebbe farla il becero giornalista scrivente (eccolo), costretto da mesi a informarsi e a scrivere cose tipo “il bilancio, l’esportazione di capitali, gli interessi passivi e attivi”, argomenti che trattiamo con nonchalance come se fossimo dei cazzutissimi laureati alla Bocconi e, invece, al massimo abbiamo preso 18 in Economia Domestica alla facoltà di Topolinia.

 

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