fassone

 

A.C. Milan: perchè si deve rimanere tranquilli

 

Il perchè dei "ritardi" cinesi, il ruolo di Elliott e la garanzia di un futuro sereno

 

Dire oggi come possa evolvere la situazione societaria del Milan nei prossimi mesi, se non addirittura nelle prossime settimane, è impresa quasi ai limiti dell'utopia. Nessuno infatti possiede la famosa palla di vetro attraverso cui poter scorgere gli eventi futuri; fare previsioni, allo stato, potrebbe quindi essere un mero esercizio di casualità congetturale. Quel che invece è possibile fare, è mettere assieme gli eventi e trarre qualche conclusione logica. Ci proviamo senza alcuna pretesa di verità rivelata, ma soltanto usando argomentazioni che attingono la loro radice esistenziale nei dati di fatto, nella logica e nel classico buonsenso.
 
Da quando è stato firmato il contratto preliminare di vendita del Milan (agosto 2016), la cordata cinese rappresentata da Yonghong Li ha immesso nel sistema italiano quasi 1 miliardo di euro (970 milioni per la precisione). Di questi, 520 milioni sono andati a Fininvest, 220 milioni sono serviti ad estinguere il vecchio asse debitorio del Milan e 230 milioni sono stati investiti nella campagna acquisti del club. Nel conto non abbiamo fatto rientrare volutamente le somme immesse da Li a titolo di aumento di capitale. Poco meno di un terzo della cifra (303 milioni di euro) è stata ottenuta tramite un prestito ad interessi dati da parte del fondo Elliott (al 7 ed all'11%); il resto sono soldi messi di tasca loro dai cinesi.
 

Ora, alla luce di questi freddi numeri, di tutto possiamo parlare meno che di una proprietà rossonera non solvibile o priva di denari. Nessuno trova per caso centinaia di milioni di euro e nessuno riesce a farsi prestare oltre 300 milioni da un fondo americano senza avere alle spalle solide garanzie finanziarie.
Che cosa è avvenuto quindi?

Quì dobbiamo distaccarci un attimo dai dati di fatto ed andare su un terreno congetturale di peminenza logica, nascente da elementi fattuali noti.
 

Quando nel 2016 viene siglato il contratto preliminare di vendita del Milan, le condizioni del mercato e dell'economia cinese sono diverse. Non c'è ancora stata la legge sul blocco dei capitali in uscita dalla Cina e gli investimenti nelle squadre di calcio europee vengono salutati con enorme favore dal governo di Pechino che vuole ottenere visibilità in ragione di una possibile candidatura per i mondiali del 2030.

Già a distanza di qualche mese, nel marzo 2017, in occasione del secondo rinvio del closing, lo scenario era però cambiato e gli imprenditori cinesi non avevano più lo spazio di manovra sostanzialmente libero.
 
Un caso simile è avvenuto anche sull'altra sponda dei Navigli. La Suning, acquistata l'Inter nell'estate del 2016, ha subito operato un mercato importante in entrata (circa 100 milioni spesi in entrata fra Candreva, Joao Mario e Gabigol). Da gennaio 2017 muta tuttavia l'orientamento e da quel momento l'Inter inizia ad agire secondo criteri gestionali improntati ad una razionalizzazione delle risorse, tanto da suscitare le perplessità dei tifosi nerazzurri sia nell'estate successiva (mercato condotto a 0 fra entrate ed uscite) sia nel gennaio 2018 in cui Sabatini conduce una trattativa fantasma per Pastore, tanto da ritenere poi di doversi dimettere dal suo ruolo dirigenziale.
 
Appare evidente come i cinesi non possano far muovere soldi dalla patria in virtù di una disposizione governativa presa a cavallo fra la fine del 2016 e l'inizio del 2017. In quel periodo, le riserve valutarie della Cina sono scese sotto il livello di criticità e Pechino si è trovata costretta a prendere delle decisioni di politica economica strettamente emergenziali, bloccando l'uscita dei capitali dalla patria.
 
L'unica soluzione possibile per aggirare tale ostacolo è stata quella di far transitare determinate somme da paradisi fiscali schermati dove le società in questione avevano delle riserve monetarie. Questo è avvenuto, per esempio, in occasione degli ultimi aumenti di capitale del Milan e del pagamento delle caparre prima del closing.
 

Qualcuno adesso potrebbe obiettare: ma può un'impresa o un gruppo di imprese investire somme così alte come quelle immesse nel Milan (circa 1 miliado di euro) e poi rischiare di perderle se entro il 15 ottobre non fossero in grado di rifinanziare il prestito di Elliott che, a sua volta, escuterebbe il pegno prendendosi il Milan?
Si è possibile. La spiegazione va infatti trovata nell'economia cinese che è diversa da quella europea o americana. In Cina infatti l'economia è pianificata e lo Stato centrale partecipa alle decisioni prese dalle aziende (che sono a partecipazione statale) immettendo capitali. Può farlo con una certa libertà in quanto, a differenza dell'area UE, il governo di Pechino è libero di stampare moneta quando vuole. Un miliardo di euro, per la Cina, rappresenta una percentuale infinitesimale delle spese statali, classificabile con il classico zero virgola qualcosa. Questi sono i rapporti numerici e la portata di questi numeri spiega perchè lo stato cinese può, dall'oggi al domani, decidere che le sue aziende controllate investano o disinvestano in un determinato settore.

Chi si preoccupa della "consistenza economica" di Mister Li non considera probabilmente questa realtà e non trae la facile conclusione che l'attuale presidente del Milan possa essere, in realtà, il semplice garante di un consorzio di aziende cinesi che, allo stato attuale, non vuole venire fuori per ordine esplicito del governo di Pechino, più preoccupato oggi del possibile crollo dello yuan che degli investimenti nel calcio europeo.
 

La situazione attuale del Milan nasce pertanto da questo scenario ed è la ragione principale per cui, a marzo 2017, stava per saltare il closing e lo stesso Berlusconi era diventato dubbioso sull'affare in sè.

Soltanto la presenza nell'operazione del Fondo Elliott ha tranquillizzato tutti. Qualora infatti ci fosse un disimpegno definitivo da parte della Cina, Elliott diventerà proprietario di un club completamente ripulito dai debiti e con un patrimonio di giocatori rinnovato, capace di avere una appetibilità ed una attrattiva notevole sul mercato che, nonostante il brand, non poteva avere due anni fa dato che c'era un organico da potenziare (oggi il Milan è la squadra più giovane della Serie A ed una delle più giovani d'Europa) e, soprattutto, una situazione debitoria che emergeva come elemento critico.
 
Al di là quindi della decisione autoritaria dell'Uefa che ha giudicato qualcosa che non poteva giudicare (era il club sotto osservazione e non il patrimonio di Li), il futuro del Milan può essere considerato tranquillo ed il lavoro fatto sul piano della struttura tecnica e finanziaria del club non potrà che dare i suoi benefici nel futuro prossimo.
 

banner orizz pubb mdtube

Su questo sito usiamo i cookies, anche di terze parti. Navigandolo accetti.