berlusconeide

 

Berlusconeide capitolo 13° (II)

 

La stagione dei rimpianti (seconda parte)

 

Per anni così, Pirlo fu un simbolo del Milan, un simbolo che tuttavia, nel corso delle stagioni, iniziò ad essere messo in discussione.
“E' troppo lento per giocare quel ruolo”. “Perde troppi palloni”. “Ancelotti non lo toglie mai, ci vuole un centrocampista fisico davanti alla difesa”. “E' troppo discontinuo e vincola troppo la squadra”.
Nel popolo milanista erano tante e molteplici le voci critiche nei confronti di Pirlo.
Per molti andava venduto già nel 2009, quando invece il Milan, per decisione di Silvio Berlusconi, decise di tenerlo facendo saltare un accordo già in essere tra il giocatore ed il Chelsea.
E così, quando nell'estate 2011 il Milan decise di non rinnovare il contratto al numero 21 , le voci di dissenso furono poche. Non c'era interesse verso Pirlo, considerato ormai un giocatore da parte residuale di carriera.

Allegri aveva vinto il campionato mettendo un posizionale come Van Bommel davanti alla difesa, limitando al minimo i giochi offensivi davanti perchè tanto ci pensava Ibra a segnare o a far segnare.
I tre mediani erano diventati quasi un mantra, con la dovuta eccezione degli ultimi 2 mesi del campionato scorso, quando l'innesto di Seedorf fu decisivo per la conquista del titolo.
Poca considerazione però per Pirlo che, nell'ultimo campionato, veniva ricordato solo per un bellissimo gol contro il Parma al Tardini.
Via Pirlo? Bene, un peso in meno. La posizione della stragrande maggioranza del tifo milanista era proprio questa.
C'era la convinzione assoluta che quel campionato, il torneo 2011 -2012, potesse essere vinto col pilota automatico.

Il Milan aveva Thiago Silva, il miglior difensore della Serie A per distacco ed aveva Ibra, per cui qualsiasi aggettivo diventa banale. Mancava forse un centrocampista di grande qualità in mediana, ma c'era la convinzione che nel mercato si sarebbe riusciti a prendere una mezzala di qualità.
Accade però qualcosa in quell'estate: arriva per Fininvest una pesantissima sentenza sul lodo Mondadori che impegna la holding in un versamento di centinaia di milioni di euro alla Cir di De Benedetti.
Fu un momento spartiacque.
Perchè il Milan che aveva in mente l'acquisto di un grande centrocampista entro la fine del mercato, dovette ripiegare sul bravo Aquiliani in prestito dal Liverpool e sull'occasione Nocerino, arrivata a pochi minuti dalla fine del mercato, grazie ad un blitz di Galliani che con soli 500 mila euro si portò a casa il centrocampista del Palermo.
La società sapeva benissimo di avere delle difficoltà finanziarie, derivanti da una serie di situazioni, aggravate dalla sentenza del Lodo Mondadori; era altresì convinta però di riuscire a portare a casa il prossimo scudetto, sia per la forza della rosa, sia perchè le concorrenti, grazie anche al ridimensionamento dell'Inter, non apparivano irresistibili.
Pirlo era sì finito alla Juventus, ma la squadra bianconera, allenata da Antonio Conte, non destava troppe preoccupazioni in casa Milan, dato che veniva da due settimi posti consecutivi e la campagna acquisti non era stata scintillante.
Forse in quel momento ci fu un pizzico di presunzione da parte del Milan.
Forse si pensò che si potesse rivincere usando il pilota automatico, senza sprecare troppe energie.

Non tutto può avere una spiegazione logica. Certamente venne sottovalutato l'avversario Juventus, sia come valore della squadra, sia come qualità dell'allenatore, sia come componenti storiche legate ad una corsa scudetto con la Juventus.
Il Milan inizia così un campionato in sordina, con qualche risultato traballante e con una catena di infortuni infinita.

La squadra ha qualità ma la fragilità difensiva appare evidente, unita alla fase offensiva, legata mani e piedi al genio dell'uomo di Malmoe.
La Juventus è prima ma non preoccupa. Il Milan è convinto di recuperare presto.
Tra ottobre e novembre così, il Milan trova la strada maestra e inanella un filotto che lo porta ad avvicinarsi enormemente alla Juventus.
Il duello pertanto diventa una corsa a due, stante la crisi dell'Inter e la difficoltà del Napoli a gestire il doppio impegno di campionato e Champions League.
Alla fine del girone d'andata il Milan viene staccato di un punto dalla Juventus che si laurea pertanto campione d'inverno.
A Milanello tuttavia ci si sente tranquilli.

Il Milan sa di essere superiore alla Juventus e addebita all'enorme serie di infortuni avuta fino a quel momento, quel distacco in classifica minimo.
In realtà quel Milan, indubbiamente più forte dei torinesi, è schiavo di alcune contraddizioni tecniche alle quali Allegri non riesce a far fronte.
La squadra che aveva vinto lo scudetto aveva avuto in Seedorf l'epicentro fondamentale di un centrocampo privato di consistenza tecnica fino al rientro in squadra dell'olandese.

Nella stagione 2011 -2012, il centrocampo titolare del Milan diventa subito Aquilani, Van Bommel, Nocerino più Boateng trequartista. Ambrosini è il cambio di Van Bommel, mentre Emanuelson diventa l'atipico cambio di Boateng.
A fine dicembre però Aquilani si fa male ed il Milan lo sostituisce sul mercato con Muntari, pallino di Allegri fin dai tempi di Udine.
Inizia l'era di un centrocampo fisicamente forte ma con poco talento, in cui la rivelazione Nocerino viene spostata sul centrodestra dove, inevitabilmente, perde efficacia e in cui diminuisce la qualità in costruzione.

A gennaio succede anche un'altra cosa fondamentale: salta il passaggio di Pato al Psg e con esso anche l'arrivo al Milan di Carlitos Tevez.
Un affare che avrebbe cambiato, probabilmente, la storia rossonera e che avrebbe impedito alla Juventus di aprire un ciclo di vittorie.
Con i se e con i ma non si scrive la storia, tuttavia è innegabile come quel calciomercato targato gennaio 2012, sia stato determinante in negativo per le sorti del Diavolo.

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