Le indimenticabili dimenticate / Milan-Lazio 2-1
La partita che vogliamo analizzare oggi è un tranquillo Milan-Lazio di paura, stagione di (dis)grazia 2004/05
Ci sono quelle giornate di campionato lunghissime, infinite. Quelle in cui un risultato ti va bene il sabato pomeriggio (con questi anticipi pazzi anche il venerdì sera) e te invece che subito giocarti la tua chance devi attendere la bellezza di un giorno o due, fino alla domenica sera o al lunedì.
La partita che vogliamo analizzare oggi è un tranquillo Milan-Lazio di paura, stagione di (dis)grazia 2004/05 ovvero l'anno in cui si avrebbe potuto vincere tutto, ma alla fine rimanemmo con un pugno di mosche in mano. E' il 6 di febbraio e in pochi giorni il Milan ha recuperato tre punti alla Juventus: dagli 8 di domenica sera infatti nel turno infrasettimanale gli uomini di Ancelotti hanno battuto 4-1 in trasferta il Messina di Giampà e Zampagna mentre i bianconeri sono stati abbattuti dalla Sampdoria con un gol del caro vecchio Aimo Diana: ma non solo. Infatti nell'anticipo di sabato 5 giugno il Palermo di Guidolin ha affossato ancora una volta la vecchia signora con un gol di un Franco Brienza ( non aveva ancora il vizio di segnare a noi) permettendo con un'eventuale vittoria rossonera di averci a soli due punti.
La gara del riavvicinamento si disputava di domenica in un San Siro stracolmo perchè la squadra andava già bene e per giunta c'era la possibilità di agganciare in tempi brevi i gobbi (come poi effettivamente succederà). Di fronte ecco la Lazio di mister Papadopulo, una squadra che già aveva operato un cambio in panchina e che veleggiava non molto bene in campionato. A personaggi emblematici come Couto, Rocchi, Pandev e Di Canio si contrapponevano tipi come Seric, Giannichedda, Siviglia e uno scarso feeling di gruppo.
Contro quella Lazio c'era il Milan tirato a lucido con un 4-3-1-2 con Pirlo regista e Kakà a supportare Tomasson e Crespo mentre più dietro capeggiavano personaggi come Maldini, Seedorf, Stam e Gattuso. Pronostico quindi scontato, ma Lazio che non si vergognava di passare dalle fasce dove tipi come Rocchi e Pandev incutevano timore a un Dida bravissimo tra i pali, ma rivedibile nelle uscite. Un primo tempo angosciante segnalò ancora lo scarso feeling tra Crespo e Tomasson con il danese che ad inizio ripresa fu subito sostituito per far entrare Shevchenko, di rientro dopo l'infortunio di una settimana fa contro il Bologna. Tre minuti prima però, al 56', Liverani aveva trovato con un tracciante spettacolare Rocchi in area che si apprestava a impadronirsi del pallone: Stam gli frana col piede sul petto ed è un rigore parecchio solare che Oddo realizza, rendendo vano il tuffo di Dida. San Siro si gelò e ci guardavamo sconvolti negli occhi perchè stavolta più che mai occorreva una vittoria, ma eravamo addirittura sotto di un gol.
L'entrata quindi dell'ucraino fece tornare i fantasmi alla Lazio che nella gara d'andata era capitolata 2-1 dopo essere passata in vantaggio con Andrij come autore della doppietta che decise la sfida; oltre a togliere Tomasson Ancelotti decise anche di levare l'impalpabile Seedorf e lo stanco Kaladze in favore di Cafu e Serginho: fasce turbo quindi con un attaccante molto più di peso. Crespo e Sheva iniziando ad intendersi sempre di più creano grattacapi e al 72' ci guadagnamo una punizione da poco più di 25 metri. Dovrebbe batterla Pirlo, ma Sheva si prende il pallone tra lo scetticismo generale: può batterla da così lontano con quella gamba malandata solo una settimana fa?
I dubbi furono fugati in brevissimo tempo: il cannoniere ucraino imprime una forza tale al pallone che supera la barriera e si adagia perfettamente nel sette alla destra di un impietrito Peruzzi che non aveva neppure abbozzato il tuffo. Mancano circa 20 minuti alla fine e ora il più delle cose pare fatto. I biancocelesti infatti si spegneranno in pochi minuti e noi rimonteremo agilmente. E' quello che il calcio si aspetta, ma gli uomini di Papadopulo, sempre di più Trapattoni, si compattano in difesa, ponendosi come schermo davanti ad un Peruzzi che non corre rischi neppure nelle battute finali: solo Stam e Cafu saranno gli uomini che proveranno a colpire da lontano prima che il cronometro tocchi il minuto 48. Pirlo sventaglia un pallone in area, ma la difesa della Lazio respinge poco dopo il limite dell'area: probabilmente un calcione in su chiuderebbe la partita, ma su quel pallone non si presenta un laziale, bensì un prorompente Kakà che si libera del diretto marcatore e dalla lunetta dell'area di rigore scaglia un tiro preciso.
Oddio, forse è fin troppo preciso perchè la sfera colpisce il palo pieno, ma la fortuna quell'anno doveva aiutare i rossoneri: rientrando in gioco va a carambolare proprio sui piedi di quel Crespo appostatosi sulla linea di Peruzzi, ma con lo specchio della porta completamente libero. In quel periodo Hernan non brillava per la pulizia delle conclusioni nè per la cattiveria sottoporta, ma in quel momento serviva solamente buttarla dentro. Lui la prende di piatto, ma penso nel modo più sporco della sua meravigliosa carriera perchè la sfera non si adagerebbe tranquillamente in porta se non ci fosse l'altro palo che, baciato, permettesse alla palla di entrare in gol.
Hernan scatta come un fulmine verso la bandierina con gli spettatori delle tribune che vengono giù con una violenza così enorme che non si vedeva da parecchio tempo. Siamo a -2, gli siamo alle calcagna dopo una gara metafisica, una di quelle gare che ti rende orgoglioso di tifare quella squadra, di aver acciuffato all'ultimo secondo tre punti vitali per quel campionato.
Campionato che riserverà anche l'aggancio 15 giorni dopo quando la Juve sarà fermata dallo 0-0 di Messina mentre noi, con un'altra rete allo scadere, avremo la meglio sul Cagliari, ma che si concluderà con uno degli epiloghi più tristi della nosta storia.