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Berlusconeide capitolo 13° (I)

 

La stagione dei rimpianti (prima parte)

 

Lo scudetto del 2011 sembra aver riportato il Milan a livelli di eccellenza, almeno in Italia. Il Milan infatti è tornato a sentirsi forte, a sapere di esserlo. E' una sensazione che, negli ultimi anni di dominio interista, era mancata, perchè il club si sentiva soltanto la seconda se non la terza squadra d'Italia.
L'arrivo di Ibrahimovic aveva però cambiato la prospettiva. Ibra è quel giocatore che ti fa fare quel cambio mentale utile ad una svolta. E, tecnicamente, è devastante. Forse è il giocatore più determinante e pesante in un club perchè ti dà la netta sensazione di poter vincere anche quando giochi male.

Ma l'estate del 2011 è momento di discussione, di argomentazioni e di confronti fra i tifosi rossoneri ed il club.
Perchè il Milan sa bene di essere la squadra più forte d'Italia ma sa anche che in Europa non è fra le prime, soprattutto come mentalità e come qualità.
La discussione principale verte su Andrea Pirlo. Rileggere questo nome oggi, alla luce dei fatti, può suonare come singolare; tuttavia nell'estate 201 1 davvero in pochi, fra i milanisti, si sono stracciati le vesti per la partenza del talento bresciano.
Pirlo nel Milan aveva perso appeal.
Le ragioni sono tante, sono molteplici, ma è giusto metterle sul tavolo e pesarle perchè, in un'ottica eminentemente storica, le considerazioni di pancia e figlie dell'umore non devono trovare cittadinanza.
Chiudiamo gli occhi e andiamo indietro con gli anni e con la memoria.

Andrea era arrivato al Milan da giocatore di grande talento, ma dalla collocazione tattica difficile. Nell'estate del 2001 il suo arrivo, fra i tifosi rossoneri, era stato accolto come un'offesa. “Ma come, noi vogliamo Rui Costa e ci prendete Pirlo?”.
Le ragioni di questa riluttanza non riguardavano però soltanto il “sogno” Rui Costa di quell'estate, bensì una serie di perplessità che Pirlo suscitava all'epoca nell'opinione pubblica generale.
Nessuno discuteva il talento, le qualità tecniche, in tanti però erano dubbiosi sulla continuità e sulla potenziale affermazione in un ruolo, quello di trequartista, dove Pirlo non appariva avere né il fisico, né il giusto cambio di passo.
Nell'Under 21 era stato il trequartista titolare, trascinando quella giovane Italia a risultati prestigiosi, ma nei club il suo utilizzo era stato ondeggiante.
Nell'Inter non aveva mai trovato l'opportunità di giocare titolare. In qualche occasione venne addirittura utilizzato come esterno in un 4-4-2.
A Reggio Calabria aveva invece avuto una buona annata, seppur non eccelsa, nella stagione 1999-2000 e un anno dopo aveva fatto 6 mesi positivi a Brescia da regista basso, coperto ai lati dalla corsa e dall'abnegazione dei gemelli Filippini.
Tutto qui Andrea Pirlo. A 22 anni su di lui c'era già l'etichetta del giocatore difficile da collocare, bravo ma senza fisico e carattere.

Al Milan per Andrea si spalancarono così le porte di un paradiso calcistico.
Perchè al Milan Pirlo trovò Carlo Ancelotti, il quale dopo un anno di dualismo con Rui Costa, decise di ascoltare Andrea e di proporlo davanti alla difesa.
Fu grazie a quella geniale intuizione che la carriera di Andrea svoltò.

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