berlusconeide

 

Berlusconeide capitolo 11° (II)

 

2013/2014, un'annata per vecchi cuori (seconda parte)

 

Il Milan 2012-2013 aveva trovato equilibrio nella seconda parte del campionato, con Montolivo schierato come play davanti alla difesa, due interni di corsa e inserimento come Flamini e Muntari, una punta centrale e due esterni offensivi larghi, bravi ad attaccare lo spazio e costanti nei rientri in fase di non possesso (El Shaarawy a sinistra, uno fra Niang e Boateng a destra), più Balotelli prima punta libera di muoversi a piacimento.
Le due linee di difesa e centrocampo si compattavano con più che discreta solerzia e le linee di passaggio avversarie venivano quasi sempre chiuse, esaltando così la buona fisicità di Zapata e Mexes, centrali istintivi e fisicamente superbi.
Entrambi, ben coperti dal filtro della mediana e non costretti a dover fare delle scelte di guida difensiva, sfornavano ottime prestazioni in quanto messi nelle perfette condizioni di fare valere il loro strapotere fisico e tecnico.
Sia Zapata, sia Mexes sono giocatori ai quali non devi chiedere di pensare in campo. Se permetti alla loro istintività miscelata alla loro fisicità, di potersi estrinsecare, appariranno centrali di medio-buon livello, quali in effetti sono.

Di fatto il Milan non giocava con un centrocampo a 3 in fase di non possesso, bensì con un vero e proprio centrocampo a 5, privo di De Jong, ma con due giocatori capaci di andare ad attaccare la palla alta e consentire pertanto un recupero della sfera molto vicino alla porta avversaria.
I reparti erano sufficientemente corti e le distanze tra i reparti, pur non perfette, venivano facilitate da una tendenza continuativa a fare densità in mediana.
In fase di impostazione l'uscita della palla trovava in Montolivo un buon giocatore, capace di variare il gioco sia dal punto di vista del ritmo che dal punto di vista delle giocate singole, alternando i due tocchi al possesso ragionato, se non la giocata verticale sul primo movimento di Balotelli.
Questo sistema di gioco, scolastico ma efficace, iniziò a mostrare le prime crepe nella parte finale del campionato, quando gli avversari trovarono le giuste contromisure e fecero apparire il nostro 4-3-3 formale ed equilibrista come un modulo spuntato e rivedibile.

Pazzini inserito in corsa, fu il giocatore chiave in quel Milan, sia per cambiare l'inerzia emotiva di certe gare (Milan-Catania su tutte), sia perché permetteva alla squadra di avere un giocatore bravo ad aggredire la profondità e dunque ad abbassare inevitabilmente la linea difensiva avversaria.
Ma quella base, pur positiva perché equilibrata, aveva necessità di ritocchi migliorativi sul piano della qualità e sul piano dell'occupazione del campo.
Ciò non è avvenuto perché il mercato ha incontrato le difficoltà prima elencate e perché Allegri, estimatore assoluto del giocatore posizionale davanti alla difesa, ha preferito rimettere De Jong nella posizione di play.
Mai danno fu più grave dal punto di vista tattico.

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