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A.C. Milan: punto della situazione

 

"Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio"

 

Quattro anni fa usciva su Sky un programma che ebbe molto successo. Si chiamava Storie Mondiali, era condotto e gestito integralmente da Federico Buffa e, come è facilmente ricavabile dal titolo, raccontava le storie che ruotavano attorno alle edizioni dei Mondiali più importanti della storia del calcio internazionale. Nell'introduzione di quel programma, Buffa citava abilmente una frase molto celebre di Josè Mourinho. "Chi sa solo di calcio, non sa niente di calcio". Questa frase, oggi, è molto utile per spiegare in maniera quanto più possibile esaustiva quella che è la situazione del Milan in termini societari. Non si può infatti fare un discorso calcistico attorno a temi finanziari senza considerare lo scenario internazione in cui è nata, si è sviluppata ed è mutata la trattativa che ha portato il Milan a passare dalle mani di Silvio Berlusconi a quelle dei cinesi.
I motivi del ritardo al rifinanziamento sono, ad oggi, gli stessi che hanno portato ad un rinvio prolungato del closing. Dipendono essenzialmente dal blocco all'uscita di capitali in Cina, con gli investitori cinesi che hanno dovuto rivedere la società veicolo deputata ad acquistare il Milan (da SES si è passati ad un contenitore più snello e meno vincolante sul piano burocratico come Rossoneri Sport Lussemburgo). Ne è quindi derivata la necessità di trovare dei prestiti atti a garantire quella liquidità necessaria al fine di sopperire alla legislazione della madrepatria.

Perchè la Cina ha bloccato la fuoriuscita dei capitali a fine 2016 quando nella primavera dello stesso anno gli orientamenti erano invece completamente opposti? Essenzialmente per due ragioni, la prima di natura esterna e la seconda interna. Per quanto concerne il primo motivo, ha influito pesantemente la vittoria di Trump nelle elezioni novembrine degli Stati Uniti ed il conseguente ritorno al protezionismo da parte degli USA, aspetto che non può non condizionare la bilancia commerciale di un paese come la Cina. In riferimento alla seconda motivazione invece, è da sottolineare come in Cina, fra la fine del 2016 e l'inizio del 2017, si è registrato il tasso di crescita più basso degli ultimi 25 anni e le riserve monetarie sono scese sotto il livello di criticità. La summa di queste due situazioni ha portato il Governo cinese a mutare orientamento sulle spese delle sue società a partecipazione statale fuori dai confini asiatici.

Giova a questo punto un breve riepilogo cronologico che aiuterà il lettore a collocare temporalmente i fatti. Nel maggio del 2016, quando iniziò la trattativa fra le parti, gli orientamenti della Cina erano nell'ottica di una spesa per investimenti atta a far valorizzare il loro sistema paese tramite un brand forte come quello del Milan. Non a caso, la prima caparra di 85 milioni di euro (vi fu un anticipo di 15 milioni all'atto della firma del preliminare in data 6 agosto 2016) fu versata addirittura in anticipo rispetto ai tempi pattuiti (inizio settembre 2016). In autunno cambia però lo scenario e da lì nascono i problemi con un primo ed un secondo rinvio, fino al closing che avverrà in aprile. Cosa era accaduto? Le società cinesi a partecipazione statale che si trovano dietro Yonghong Li (Haixa su tutte) avevano ovviamente la disponibilità economica per investire nel Milan, ma la nuova normativa cinese, atta a delimitare la fuoriuscita di capitali dalla Cina, rappresentava un ostacolo enorme.

In quel momento (siamo a marzo 2017) il closing rischiò di saltare perchè Berlusconi non si fidava più a causa delle tempistiche non certe. L'opera di mediazione giunse ad un accordo con la garanzia Elliott (prestito a tassi prestabiliti cone le quote del Milan in pegno) nel caso in cui le criticità dello stato cinese non avessero trovato soluzione entro l'ottobre del 2018. I soci alle spalle di Yonghong Li hanno accettato di sottoporre a condizione sospensiva la loro azione ed il fondo Elliott è stata la garanzia che ha convinto Berlusconi in merito alla solidità della trattativa. In soldoni, il patrimonio di Yonghong Li di cui tanto si parla e il presunto fallimento di una sua società sono dei falsi problemi, essendo lui semplicemente il frontman di un gruppo di aziende che non vuole per il momento mostrarsi, ma che si limita a controllare ogni aspetto dell'operazione, avendo inserito nel CDA del club un suo uomo forte (Lu Bo).

L'unico problema reale è soltanto l'eventuale ed auspicato mutamento migliorativo della normativa cinese in tema di fuoriuscita dei capitali. Se ci sarà, continuerà il Milan cinese; viceversa Elliott ha già piazzato un suo uomo nel CDA (Scaroni), amico personale di Berlusconi che, nell'ipotesi di non ripianamento del debito da parte di Li, dovrebbe gestire il passaggio verso nuovi azionisti di maggioranza. Nel frattempo, in quest'ultimo anno, la società ha incrementato in suo valore patrimoniale perchè sono stati acquistati molti giocatori di prospettiva. Sono stati rinnovati 4 contratti in essere di giovani provenienti dalla Primavera e la cassa del club è stata ripulita dai debiti con il sistema bancario. L'indebitamento del Milan, allo stato, è pari a circa 130 milioni di euro, più o meno la metà del suo fatturato annuale attuale. I cinesi dietro Li insomma, hanno messo soldi reali nel Milan a differenza di quelli dell'Inter che si sono limitati a prestare soldi alla controllata aumentando la sua esposizione debitoria. Questi sono, ad oggi, i fatti. Per quanto concerne invece gli allarmismi e le congetture invitiamo a leggere altre testate certamente più autorevoli ed attendibili del nostro modestissimo punto di osservazione.

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