Zhang

 

Va in onda il derby dei bilanci

 

Il bilancio dei nerazzurri sembrerebbe da tribunale fallimentare, ma come nel caso di Yonghong Li non bisogna fermarsi ai numeri

 

 

Non poco rumore è stato generato da un articolo apparso su “Il Sole 24 ore” a firma Gianni Dragoni nel cui titolo viene sottolineato come l’Inter sia “schiacciato da 638 milioni di euro di debiti”. Addirittura nelle considerazioni iniziali ci si chiede come sia ancora possibile che il club nerazzurro si sia iscritta al campionato avendo presentato al 30 giugno 2017 un bilancio con un patrimonio netto consolidato negativo per 83,4 milioni di euro. Così come si fa esplicitamente riferimento al fatto che la Federazione Italiana utilizzerebbe regole “molto più lasche” rispetto a quelle imposte dall’Uefa col suo Fair Play Finanziario. L’articolo poi snocciola le varie cifre che emergono dalla lettura del bilancio, tra cui quelle più significative riguardano l’indebitamento del club, verso le banche per 208 milioni e quello verso soci per finanziamento per 221 milioni. Letto così, in modo nudo e crudo, sembrerebbe una catastrofe; un articolo fatto di soli numeri senza spiegazioni e commenti che genera un vespaio di interpretazioni e polemiche, soprattutto perché fa seguito ai vari articoli che negli ultimi mesi hanno riguardato il bilancio e le “casse” del Milan. Sembra quasi che qualcuno si sia divertito nella settimana della stracittadina Milan-Inter ad anticipare e trasferire il derby anche sul piano dei bilanci. Se volete, agli occhi dei tifosi milanisti, si tratta di una sorta di giustizia quella di accendere un faro anche sui bilanci delle altre società italiane senza cioè stare ad accanirsi solo e sempre su quella del “misterioso” Yonghong Li.

Tuttavia, così come ci siamo mossi a difesa del club rossonero, sottolineando come i fatti avessero un tenore molto diverso rispetto alle illazioni di giornalisti e media che avevano interesse a farlo, allo stesso modo diciamo che le considerazioni sul bilancio interista meritano qualche approfondimento e spiegazione utili a disinnescare “una bomba” che incautamente è stata lanciata lì da una mano (giornalista o testata) sulle cui intenzioni non vogliamo assolutamente avventurarci. La realtà è che l’Inter per il 69% circa è in mano a Suning e per il 31% circa è ancora posseduta da Erick Thohir (che è anche il presidente del club). L’anomalia sta nel fatto che per fare un aumento di capitale Suning ha bisogno dell’autorizzazione del socio di minoranza; Zhang ha quindi ricapitalizzato il club con 140 milioni circa, ed invece ha “finanziato” il club con altri 221 milioni di euro. In pratica il colosso cinese ha prestato al club 221 milioni in cambio della restituzione del capitale e del pagamento annuale di interessi. Perché “presta” soldi al club e non “chiama” un aumento di capitale? Perché l’aumento di capitale obbligherebbe Thohir a fare altrettanto, pena, in caso contrario, la drastica riduzione della quota societaria del thailandese (che sarebbe diluita qualora non partecipasse anche lui all’aumento di capitale). Se Suning trasformasse il finanziamento in capitale la situazione del bilancio interista cambierebbe radicalmente, assumendo le sembianze di un bilancio di una società “in salute”. La conferma che tutto rientra nella norma sta nel fatto che in sede di bilancio Suning garantisce a livello economico, finanziario e patrimoniale il club, garantendo la continuità aziendale.

Tutto in regola quindi. Piuttosto la situazione pone altri interrogativi. Come mai Suning non rileva definitivamente il 31% di Thohir cavandoselo definitivamente dai piedi? Che intenzioni ha veramente Thohir, ma, soprattutto, quali sono le reali intenzioni di Suning con l’Inter? È previsto un vero impegno nel club di via Durini oppure si tratta di un asset per il quale la capogruppo non nutre nessun interesse (e da qui si spiegherebbe anche il “braccino” fin qui dimostrato dai cinesi nelle cifre investite per il rafforzamento della squadra)? Domande e dubbi leciti, ancora più interessanti invece della fredda lettura dei numeri che riguardano il bilancio del club. In sostanza Suning fa con l’Inter la stessa cosa che fanno quasi tutti i proprietari dei club della Premier inglese, con la piccola (si fa per dire) differenza che i top club inglesi producono utili (con cui ripagare gli interessi dovuti ai proprietari per i soldi prestati) mentre quelli italiani gli utili li vedono col binocolo (o solo se realizzano plusvalenze clamorose per la cessione di qualche calciatore, come successo con la Juve per Pogba). Una situazione strutturalmente diversa, oltre al fatto della anomalia del “doppio“ proprietario.

 

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