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La Boschi spacca il Pd altoatesino

 

La minoranza del partito lascia dopo la candidatura della Boschi a Bolzano. Se ne vanno in 14

 

Bufera nel Pd altoatesino a soli dieci giorni dal voto del 4 marzo. Giá da tempo in rotta con la segreteria bolzanina, il presidente del consiglio provinciale, Roberto Bizzo, abbandona il partito in pieno disaccordo con la candidatura blindata di Maria Elena Boschi.
Una imposizione mal digerita dai vertici locali, nonostante gli equilibrismi per cercare di fare digerire la elezione della Boschi, data per certa, nel collegio uninominale di Bolzano. Infatti, oltre ai voti Pd, la sottosegretaria potrà contare sui quelli del partito di raccolta sudtirolese che da queste parti raggiunge e supera il 50%. Il tutto, grazie a un accordo tra l'ex premier Matteo Renzi e il governatore Arno Kompatscher, sulla base del quale il Partito democratico si garantisce un rappresentante di madrelingua italiana alla Camera. Un candidato sicuro di essere eletto, aveva detto solo poche settimane fa il giovane Alessandro Huber della Torre di Valsassina, neo eletto segretario provinciale, che "sceglieremo noi e dovrà essere un esponente locale", salvo poi doversi rimangiare le parole e dire "sì" alla Boschi.

Fino ad ora, sono quattordici i fedelissimi di Bizzo che hanno annunciato lo strappo. E sono tutti pezzi da novanta, come l'assessore di Bolzano, Monica Franch, assieme ai consiglieri Mauro Randi e Claudio Volanti, ma anche quattro membri della assemblea provinciale Pd e una decina di altri consiglieri. In dubbio, la deputata bolzanina Luisa Gnecchi, la quale prende tempo ma dichiara di non avere gradito affatto questa imposizione dall'alto. "Democratici per l'Alto Adige" dovrebbe essere la denominazione del nuovo gruppo che il Presidente Bizzo presenterà a breve. "Non voglio invitare al voto verso Liberi e Uguali – ha spiegato Bizzo – ma verso altre forze di sinistra presenti nel paese".

Insomma, una rottura che sa di vera e propria scissione, e una accusa che già si era sentita a livello nazionale, quando Massimo D'Alema aveva dichiarato che "Renzi non ha rispetto per le minoranze interne e per questo, dalla scissione dal Pd è nata Liberi e Uguali”.

Minoranze interne al Pd che in Alto Adige si erano dichiarate totalmente contrarie alla opzione Boschi, suggerendo una rosa di candidati espressione della società locale. In altre parole, una mancanza di rispetto da parte del Pd nazionale che sembra estendersi anche verso le minoranze etniche, come quella italiana in Alto Adige, e la sua autonomia speciale, già criticata in passato dalla sottosegretaria Boschi.

Ad ogni modo, la decisione degli scissionisti di lasciare il Pd è maturata in occasione della conferenza stampa di inizio febbraio, quando Maria Elena Boschi, giunta da Roma nella sede del Pd locale, aveva affermato di conoscere l'Alto Adige "per via delle vacanze trascorse in questa terra", e che come misura immediata avrebbe "iniziato a studiare il tedesco".

Il tutto, davanti ad un esterrefatto Huber, quasi incapace di proferire parola.

Dichiarazioni che alle orecchie di Bizzo e compagni erano suonate come "offensive nei confronti della popolazione locale di madrelingua italiana". Una posizione, quella di Bizzo, che è la prosecuzione di una lotta interna al partito, iniziata con la questione dei toponimi italiani. Infatti, ancora una volta, per salvare il patto con il prezioso partito di raccolta sudtirolese che conta su cinque parlamentari, al Partito democratico bolzanino era stato imposto di firmare la cancellazione di qualche centinaio di toponimi italiani introdotti nel corso del Ventennio. Una decisione "sulla pelle degli italiani" avevano tuonato le opposizioni italiane in consiglio provinciale, che non si è mai trasformata in fatti, proprio grazie alla strenua opposizione di Bizzo.

Ma tornando alla questione Boschi, le critiche sulla sua candidatura erano arrivate anche dal mondo di lingua tedesca. Il senatore verde Florian Kronbichler, ad esempio, aveva dichiarato che "candidare qui una persona talmente indesiderata, in un collegio dove verrebbe eletto anche un asino, è un atto di profonda arroganza da parte di Renzi". Critiche presenti anche all'interno delle correnti della Südtiroler Volkspartei. Era stata proprio l'ala contadina a opporre un secco "no" alla candidatura della Boschi, ma anche la Junge Generation si era detta contraria.

Posizioni che avevano costretto il segretario Philipp Achammer a rimescolare non poco le carte in occasione delle candidature per le elezioni del 4 marzo.

E di fronte a tutto questo, la Boschi cosa risponde, quando le viene ricordata la sua promessa di lasciare la politica nel caso avesse perso la sfida referendaria, come in effetti è accaduto? Semplice, non risponde, se non con una iperbole. "Mi sono messa a disposizione del partito e anche altri partiti candidano persone fuori sede".

Dimenticando che per gli altoatesini, a differenza che in altri collegi, la elezione di un rappresentante autoctono è funzionale alla difesa degli interessi degli italiani, in una terra dove chi parla la lingua di Dante sta diventando minoranza in patria, e dal 4 marzo non avrà un suo esponente a Roma.

 

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