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Quando, impazienti, aspettavamo le 23

 

La Domenica Sportiva: Questo piccolo grande amore

 

Oggi che ci ingozzano di immagini, non è così grave se ce la perdiamo. Dopo un’abbuffata, può risultare indigesta persino la classica ciliegina sulla torta. Ma una volta non avevamo altro, dopo giornate di gol immaginati con i racconti dei radiocronisti del tempo. E allora quando cominciava la «Domenica sportiva», così ufficiale, così perbene e materna, era come ricevere l’ultimo bacio prima di andare a dormire.

La Domenica Sportiva, la cara vecchia trasmissione che ha cresciuto generazioni di calciodipendenti. Il debutto, dopo varie puntate sperimentali, giusto il 3 gennaio 1954, il giorno stesso in cui nacque la Rai, e questo dice molto. Sottolinea il connubio fra calcio e televisione, allora solo accennato, e che avrebbe caratterizzato un’ epoca. Certo, dovevamo sudarcela. Cominciava non prima delle 23 – rigorosamente sul primo canale – e per conquistarcela ci toccava sempre l’immancabile originale tv in più puntate. Bisognava sopravvivere a Frecce nere, fratelli Karamazov e conti di Montecristo e tanti bravi attori del tempo, da Gazzolo a Pagliai, da Stoppa a Lupo, ci diventarono familiari anche per questo, perché ci tenevano compagnia prima dei gol. Non era un bel vivere, dopo giornate di totale buio informativo.

Durante le partite del pomeriggio, oggi abbiamo trasmissioni che ci danno in tempo reale i risultati dalla A alla C. Allora, ingannavi il tempo con «A come agricoltura», «Vangelo vivo» e «Settevoci». Chi sopravviveva, non sempre veniva premiato dalla «Domenica sportiva». Ora ci fanno vedere tutto, anche di più, con le decine di telecamere sguinzagliate ovunque. Allora, era una lotteria, i filmati sulle partite non erano mai più di tre o quattro, quelli che arrivavano dagli stadi più vicini a Milano, sede storica della trasmissione.

Gli altri? Rimandati al giorno dopo, nel programma «Lunedì sport» che a volte dava persino qualche gol della serie B. Inquadrature fisse, azioni mostrate a spizzichi e bocconi, nessun replay. E se qualche rete sfuggiva, la scappatoia era la frase di rito: «Azione così rapida da aver sorpreso anche il nostro operatore». Approfondimenti, spogliatoi, anticipazioni? Macchè. Andatelo a spiegare ai telespettatori di oggi, così esigenti e impazienti. Eppure, quel poco ci bastava e forse il calcio ci piaceva proprio per questo.

All’inizio, pensate, non c’era neppure un conduttore. Solo una rubrica di filmati commentati dagli speaker, asettici e tranquillizzanti. La schedina veniva sillabata con la solennità di un rito. E quando ci si decise, dal 1965, ad affidare la trasmissione a un giornalista, non mancarono le polemiche perché i salottini inventati da Enzo Tortora furono considerati un po’ spregiudicati. Solo una scusa per mandare via il grande giornalista che una volta osò dire in diretta: «La Rai è un jet guidato da un gruppo di boy scout che si divertono a giocare con i comandi». Allora, la verità costava, oggi a Saxa Rubra chi si lamenta di solito viene premiato con una trasmissione.

Col tempo, chi conduceva la «Domenica sportiva» diventava così famoso da vantare innumerevoli tentativi di imitazione, più della Settimana enigmistica. Quando la trasmissione, dal 1970 al 1974, fu affidata ad Alfredo Pigna, per scimmiottarlo Alighiero Noschese si presentò a «Canzonissima» con una pigna vera. Erano personaggi autentici, tra i pochi che al tempo andavano in televisione. Oggi vedi uno al bar che pontifica di pallone e un mese dopo puoi trovarlo in uno dei tanti teatrini delle tv minori. Capite, ora, perché rimpiangiamo i Tito Stagno e i De Zan, Paolo Frajese e persino Gianni Minà? Così rassicuranti, senza la mannaia della share, mai un’impennata o una polemica, e si andava a letto tranquilli.

Allora non si parlava di annunci choc, bombe di mercato o di processi semmai di squadre che «portavano in porto il risultato», di giocatori «chiamati a produrre il massimo sforzo» e di allenatori che tenevano «in pugno la situazione». Se una squadra aveva rubacchiato la partita l’altra non aveva certo demeritato. Non esistevano papere dei portieri, ma interventi non del tutto impeccabili. Come poteva, la nostra notte, popolarsi di incubi? Impensabile che qualcuno potesse parlare male di qualcun altro. Passò alla storia Roberto Bettega, unico calciatore del tempo che osò dire in diretta a Gianni Brera di non essere d’accordo con lui. Uomo Juve sino al midollo, già allora ne incarnava i valori, prima di diventarne dirigente.

L’unico, vero, anticonformista è stato Aldo Agroppi. Pagò con un lungo esilio certe battute al vetriolo ed è tornato in televisione solo da poco. Ma alla «Domenica sportiva» si devono anche formidabili innovazioni. Dalla profanazione del tempio sacro (ben sei le donne alla conduzione) a quello dell’infallibilità arbitrale con la novità della moviola, introdotta per la prima volta in trasmissione il 22 ottobre del 1967, quando lo strumento dimostrò come il pallone del pareggio di Rivera nel derby non era mai entrato in porta.

Fu anche un primo, pallido, tentativo di insegnare il regolamento ai tifosi, tutte le volte che Carlo Sassi ordinava al suo fido: «Vitaletti, torna indietro con le immagini». Dogmi che spesso creavano confusione come quello che «se si tocca la palla non è fallo». Frattura o no della gamba avversaria.
Dopo la partita Juventus-Milan del febbraio 1972, avvenne qualcosa di incredibile. Davanti a un contestatissimo episodio (Bigon scaraventato a terra da uno spintone di Morini), l’arbitro Concetto Lo Bello, presente in studio, disse a denti stretti: «Ho sbagliato, era rigore». Non era mai successo. Vale anche la pena sottolineare quanto poi lo stesso Lo Bello confidò tempo dopo all’amico Candido Cannavò: «Quel figlio di buonadonna me l’ha fatta sotto gli occhi, mi ha preso in giro. Non l’avrei mai pensato».

Fedele specchio della realtà, la «Domenica sportiva» si adeguò in fretta al costume e al linguaggio della società, finendo addirittura col precorrere i tempi, grazie al genio di Beppe Viola. Dopo un noiosissimo Inter-Milan, stupì tutti facendo rivedere le immagini del derby di andata, molto più spettacolare. Pensate cosa ci siamo persi e chi sono quelli che oggi commentano le partite...

 

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