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Era nostro padre

 

Un paio di giorni fa, il compleanno del papà di tutti i Milanisti

 

Parafrasando il titolo di un film di qualche anno fa, dedichiamo questa pagina ad un personaggio di cui tutti i tifosi rossoneri conoscono il nome, ma di cui forse non tutti ne conoscono la storia.
kilpinLa sua foto più celebre lo ritrae con una singolare divisa costituita da un cappello, una camicia rossonera con colletto e stemma di Milano, calzoni lunghi da schermidore e calzettoni sostenuti da un elastico; la sua frase più ricordata è quella della scelta dei colori sociali: “saremo una squadra di diavoli. I nostri colori saranno il rosso come il fuoco ed il nero come la paura che incuteremo agli avversari!”.
Naturalmente stiamo parlando di Herbert Kilpin, personaggio al quale non solo si deve ascrivere il merito di aver fondato l’attuale AC Milan, ma anche quello di essere colui che fece conoscere il football al nostro paese.
E sì, perché prima di fondare il nostro club, Mr. Kilpin già da molti anni aveva aiutato il calcio a diventare uno sport popolare in quasi tutto il Nord Italia.
Pensate che il grande “importatore” del principale sport inglese e che da noi fu considerato un asso, nella sua terra era un calciatore che militava nella seconda categoria dilettanti.
Da considerare, tra le altre cose, che il giovane inglese non era venuto certo in Italia per occuparsi di sport, ma vi era capitato (poco più che ventenne) per questioni lavorative.

Herbert Kilpin (nato a Nottingham il 24/01/1870) proveniva da una agiata famiglia che non fece mancare nulla ai suoi nove figli.
Nottingham era una città famosa nel mondo per le sue fabbriche operanti nel settore tessile (era definita la città dei pizzi e dei merletti), ed il giovane Herbert proprio in questo settore aveva appreso un mestiere.
Nel frattempo, sin da piccolo, coltivava la sua grande passione per il football.

northGià a 13 anni aveva partecipato alla fondazione di un piccolo club, dedicato a Garibaldi, i cui giocatori indossavano una maglia (camicia) di colore rosso.
Dopo una breve parentesi nel club dilettantistico del Notts Olympic e St.Andrews, nel 1891 si trasferì in Italia insieme ad alcuni suoi concittadini, Gordon Savage e Henry W. Goodley (colui che decise per la Juventus i colori sociali bianconeri che erano quelli del Notts County).
I tre furono chiamati a Torino dall’industriale tessile Edoardo Bosio per impiantare ed insegnare l’uso di telai meccanici prodotti in Inghilterra.

Curiosa la descrizione di Kilpin su uno dei primi incontri giocati in Italia.
Dice Herbert: “mi rimboccai i calzoni, deposi la giacca ed eccomi in gara. Mi avvidi presto di due cose curiose: prima di tutto, non c’era l’ombra dell’arbitro; in secondo luogo che, a mano a mano che la partita si inoltrava, la squadra italiana avversaria, andava sempre più ingrossandosi. Ogni tanto uno del pubblico, entusiasmato, entrava in giuoco, sicchè ci trovammo presto a lottare contro una compagine formata da almeno venti giocatori. Ciò non ci impedì di vincere con un 5 a 0
Quella degli aneddoti legata all’arbitro sarà una costante.
In una delle poche interviste dell’epoca Kilpin racconta anche questa storiella: “A Firenze il Milan affronta l’Andrea Doria. Arbitra un pugliese che evidentemente non conosce il football. Volete sapere come cominciò quella partita l’arbitro? Comparve col pallone in mano, diede un gran fischio e poi un calcio alla palla. Protestai, naturalmente, affermando che il primo calcio lo dovevano dare i giocatori. E quegli: sono o non sono l’arbitro? Si giuochi dunque come voglio io, e lei taccia, se non vuole essere espulso dal campo!

Fu proprio nel capoluogo piemontese che Kilpin fondò l’International F.B.C., squadra con la quale disputò le finali dei primi due campionati italiani entrambe contro il Genoa Cricket and Football Club.
Dopo aver perso entrambe le finali, durante il banchetto di festeggiamento per la seconda vittoria genovese “minacciò” il capitano avversario Pasteur con questa frase: “E’ l’ultima volta che vincete! Fonderò una squadra a Milano che vi batterà. I genoani mi presero in parola e si brindò alla fortuna del club milanese non ancora nato

Nel 1898 si era trasferito a Milano sempre per il suo vero lavoro nel tessile, ed il 13 dicembre 1899, in una sala dell’Hotel du Nord et des Anglais, insieme ai connazionali Davies, Neville, Lees, Mildmay, Barnett ed Hayes ed ai milanesi Piero ed Alberto Pirelli, Daniele e Francesco Angeloni, Guido Valerio, Antonio Dubini e Giulio Cederna fondarono il MILAN FOOTBALL AND CRICKET CLUB.
Il primo presidente fu Alfred Ormonde Edwards, ex vice console di Sua Maestà Britannica a Milano, personalità di spicco nell’alta società milanese.
I colori scelti, come detto, furono il rosso ed il nero, ed il debutto della nuova squadra avvenne al Trotter di Piazza Doria.

La nuova squadra, capitanata da Kilpin, si dimostrò subito di ottimo livello: tra il 1901 ed il 1907 il Milan conquistò tre titoli nazionali (non esisteva ancora lo scudetto).

Nel 1905 Herbert aveva sposato la signorina Maria Capua di Lodi.
La sera prima delle nozze Kilpin ricevette un telegramma che “mi invita a far parte della rappresentativa italiana che a Genova deve giocare con il Grasshopers di Zurigo. Mia moglie non voleva lasciarmi partire. Le ricordai che se non mi permetteva di continuare a giuocare non mi sarei sposato. In quel match, presi un calcio tremendo sul naso e tornai da mia moglie col viso irriconoscibile

Kilpin cominciò la sua carriera da attaccante, ma col passare degli anni arretrò progressivamente fino a giocare da difensore.
Nella stagione 1907/1908 il Milan (reduce da due titoli consecutivi) è coinvolto in una delle bufere “regolamentari” dell’epoca legata al tentativo della federazione (su spinta della Gazzetta dello Sport) di limitare il numero degli stranieri in campo.
interFu l’anno in cui un’ala progressista del club rossonero si separò dalla società per fondare un nuovo club denominato Internazionale Football Club: nascerà uno dei derby più accesi del mondo.
In questo clima, nel 1907, durante una gara della Coppa Lombardia il Milan dirama una lista di convocati che non lascia dubbi sulla nazionalità: Hieronimus Root, Xaver Markti, Guido Fashion, Alfred Bosshard, Trerè Junior, Charles Whites, Mare Hall, Herbert Kilpin, Hans Màdier, Peter Wool.
La Gazzetta pubblica la formazione che sembra composta da soli stranieri ad eccezione di Trerè.
In realtà il Milan con humor britannico inglesizzò i nomi italiani: Root in realtà era Radice, Fashion era Moda, Whites Bianchi, Hall Sala e Wool Lana. Le discussioni furono furibonde, e la nascita dell’Internazionale una conseguenza.

Ormai trentottenne Kilpin disputò la sua ultima partita il 12 aprile 1908 sul campo di via Fratelli Bronzetti vinta 4-3 contro il Montreaux. Lui disse: “Sono stato capitano del Milan per dieci anni. Ho giocato sempre. Solo una domenica, ammalato, non fui coi miei rosso e neri, e fu la volta che l’Unione Sportiva Milanese strappò la Palla Dopples al Milan

La sua vita post-Milan è avvolta nel mistero.
tombaNon è certo se sia rimasto a Milano o se sia tornato in Inghilterra, ciò che è certo è che a soli 46 anni Herbert Kilpin passò a miglior vita per una malattia probabilmente indotta dall’uso eccessivo di alcool e fumo.
La sua tomba fu scoperta al cimitero Maggiore di Milano.
Tuttavia, per l’importanza del personaggio e per ringraziamento e riconoscenza nei suoi confronti per quanto fatto per la città di Milano, i suoi resti furono trasferiti al cimitero Monumentale di Milano, dove l’AC Milan pose una lapide commemorativa.

Ogni tifoso rossonero ha una sua storia ed ha (o ha avuto) un padre, ma ogni tifoso rossonero quando sente pronunciare il nome di Herbert Kilpin dovrebbe, tra sé e sé, pensare…

ERA NOSTRO PADRE

famedio

 

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