Il tempo di Prandelli si è fermato
L'ex Commisario Tecnico della Nazionale è arrivato ad un punto di non ritorno
La carriera di Cesare Prandelli si è praticamente fermata al gol di Balotelli in Italia-Inghilterra 2-1 del 15 giugno 2014; si giocava a Manaus la prima gara del girone della fase finale del Mondiale brasiliano. Da quel momento il disastro, una rottura prolungata che, francamente, nessuno si sarebbe mai aspettato. Dopo quel successo le due sconfitte contro Costarica e Uruguay che ci costarono l’eliminazione, e misero il CT in condizioni di dimettersi dal suo incarico (accompagnato nel gesto dal Presidente della FIGC Abete), in un clima di polemiche e con la spiacevole sensazione che l’allenatore scaricasse il top delle responsabilità su Mario Balotelli (il giocatore, tra le altre cose, che maggiormente contribuì alle sue fortune due anni prima negli Europei di Polonia ed Ucraina). Nonostante quel disastroso mondiale Prandelli godeva ancora di buona reputazione, anche perché il quadriennio azzurro era stato costellato da un secondo posto agli Europei ed un terzo in Confederation Cup. Ma quella eliminazione ha segnato l’inizio della sua parabola discendente. Disastrose, da allora, le esperienze al Galatasaray nel 2014/15 (sole 6 vittorie in 16 partite, di cui nessuna nelle 6 gare di Champions) culminata con l’esonero, al Valencia lo scorso anno (subentrato e poi costretto a dimettersi dopo 10 gare e solo 3 vittorie), ed infine al Al Nasr quest’anno (8 vittorie in 19 gare e la squadra fuori da ogni obiettivo). Insomma, numeri e situazioni impietose, che mettono veramente in pericolo il prosieguo della sua carriera da tecnico. Il fallimento di queste esperienze all’estero stanno riducendo ai minimi termini la sua credibilità a livello internazionale, mentre un suo ritorno in Italia allo stato attuale potrebbe solo portarlo sulla panchina di una squadra di medio basso lignaggio.
È da escludere, infatti, che possa approdare alla guida di una big: il treno di quando il buon Cesare era un tecnico sulla cresta dell’onda è ormai passato. Potrebbero dargli fiducia ed una occasione di rilancio solo club di seconda e terza fascia, squadre senza ambizioni, ma, soprattutto, lontanissime dalla possibilità di offrirgli gli ingaggi a cui è abituato. Ma Prandelli ha ancora voglia di farlo? E gli stimoli? L’ultima scelta di andare a misurarsi nel campionato degli Emirati Arabi può essere abbastanza emblematica di come l’ex CT abbia quasi definitivamente staccato la spina. Sarà dura riattaccarla, e sarà dura che qualche grande società (italiana e non) abbia ancora il coraggio di puntare forte su di lui e di affidargli un progetto vincente ed economicamente importante. Insomma, siamo in una specie di punto di non ritorno, per un allenatore considerato tra i più bravi fino agli inizi del 2014 e che, invece, rischia di passare alla storia come una promessa mancata.