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Berlusconeide capitolo X (I)

 

La ferita di Istanbul (prima parte)

 

La stagione 2004-2005 inizia subito con un trofeo alzato al cielo. Paolo Maldini, in una calda serata di agosto, solleva la Supercoppa Italiana, conquistata ai danni di una Lazio arrendevole, grazie a una tripletta di Shevchenko.

Qualcosa però nell’ingranaggio quasi perfetto di quel Milan sta iniziando a funzionare di meno.
I primi sentori sono dati dalle prime tre giornate di campionato, con un pareggio in casa contro il Livorno, con una sconfitta sempre in casa contro il Messina. Si evidenzia una fragilità difensiva determinata da un modo di stare in campo della squadra non propriamente perfetto.
Il Milan è troppo lungo e poco compatto tra i reparti, non ha il passo dei tempi belli e in campionato arranca.
L’ambientamento di Stam al centro della difesa non è così semplice come lo si immaginava, Crespo è nettamente indietro di condizione, insomma la campagna acquisti dell’estate non è stata incisiva come quella dell’estate passata.
Il Milan però ritrova anche se a fatica il passo da campionato.

L’armata rossonera non è spettacolare come l’anno precedente, è un po’ più bloccata, ma sa essere cinica e mettere i suoi giocatori nelle condizioni di dare il meglio.
Shevchenko proprio in quella stagione porta a casa il pallone d’oro e la cavalcata del Milan è lunghissima, piena di ostacoli e irta di scogli non previsti e poco aventi a che fare con lo sport.
Juve-Milan del dicembre 2004 è purtroppo una di quelle partite che con lo sport ha poco a che fare. Rigori negati, un fuorigioco inesistente fischiato a Sheva, Kakà lanciato a rete che viene fermato per ammonire Thuram.
Il calcio andrebbe sempre onorato, ma quella sera non è successo e così è purtroppo avvenuto in tante altre partite di quella stagione in cui il Milan poteva scavalcare la Juventus.
C’è un processo in corso su tali episodi ma nulla potrà mai risarcire i milanisti delle prese in giro dell’epoca.

Il Milan 2004-2005 arrivò a giocarsi gli ultimi due mesi della stagione perdendo tutto, ma rischiando di vincere sia lo scudetto che la Coppa dei Campioni.
Epiche sono state a tal proposito le doppie sfide in Champions contro Manchester e Inter. Qualificazioni meritate in entrambi i casi, con partite sempre controllate e ben gestite.

Contro il Manchester, sfida giocata senza Shevchenko che aveva subito la frattura dello zigomo solo tre giorni prima, il Milan diede sfoggio della sua capacità di tener botta all’avversario e di scegliere il momento giusto per dare la stoccata vincente.
Crespo fu decisivo in entrambe le partite così come lo furono anche Cafu, autore dell’assist per il gol dell’argentino che decise la gara di ritorno, e uno Stam formato gigante che, forse stimolato dal confronto con il suo ex guru Ferguson, nella partita di ritorno divenne la calamita che attirava tutti i palloni, nonché il muro contro cui si infrangevano, vani, gli attacchi e le iniziative dei diavoli rossi di Manchester.

Contro l’Inter invece il Milan giocò una partita simile a quella di Manchester ma con una precisione e una spietatezza in zona offensiva ancora maggiore, con uno Sheva tirato a lucido, capace di decidere la qualificazione sia all’andata e sia soprattutto al ritorno con un gol di sinistro da fuori area di rara bellezza e di indescrivibile potenza.

Quando in 4 partite di Champions contro avversari di questo livello, prendi zero gol, significa che hai raggiunto un equilibrio di squadra da far invidia, che coinvolge tutti, dal portiere al centravanti.

Un’annata controversa sotto tanti aspetti, piena di emozioni e colma di depressioni.

Alla prossima con la seconda parte di "La ferita di Istanbul"

 

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