cinesi

 

Cinesi diversi

 

Yonghong Li e Jindong Zhang hanno in comune usi e costumi della loro Cina ma due modi diversi di gestire le due squadre di Milano

 

Non è un paese per tifosi. Con le "bandiere" ammaina anche la figura del Presidente tifoso. E' il triste declino di un Paese che, con i suoi antenati, ha dominato il mondo e che ora non domina nemmeno se stesso.
Largo allo straniero, dunque. Largo ai mecenati(?) che hanno ricchi portafogli per investire anche nel calcio.
Succede così che anche a Milano, storica capitale finanziaria e locomotiva del calcio nostrano, arrivino i cinesi.
Yonghong Li e Jindong Zhang non hanno nulla a che vedere con le mtivazioni (anche) di cuore dei Berlusconi o dei Moratti. In comune, oltre la provenienza, hanno il business che di per se non è una bestemmia, ma cambia la passione in affare.
I due presidenti di Milan e Inter hanno tante cose in comune ma hanno una profonda diversa concezione sul come guidare una società.
Tutti e due risiedono volentieri (troppo?) nel loro Paese, ma metre per uno (Milan) 'la Cina è vicina', per l'altro (Inter) 'la Cina è lontana'.

Yonghong Li ha subito capito che per dirigere una Società importante come il Milan, o ti trasferisci in Italia o deleghi qualcuno con pieni poteri d'intervento.
Il suo David Han Li non può bastare. Non conosce le dinamiche del calcio italiano e non ha la mentalità europea per trattare con le società del vecchio continente. Le tempistiche, le conoscenze, le 'alleanze', sono detrminanti in un calcio che va sempre più di fretta.
Si affida, dando carta bianca, al duo Fassone-Mirabelli. Il compito? Rafforzare nell'immediato il Milan senza perdersi in 'summit' che, vista la distanza Italia-Cina, rappresenterebbero un notevole freno alle trattative.
La decisione paga. In nemmeno due mesi dall'insediamento, allenatore confermato, tre acquisti mirati portati a casa e trattative giunte al (quasi) maturamento.
Una decisione giusta, illuminata. Il Milan, non solo si rafforza da subito ma riacquista quella credibilità e rispetto verso agenti, calcatori e competitors, da tempo ormai persa.
Il Milan, grazie a questa linea di condotta, ritorna a somigliare maledettamente al primo Berlusconi. Ottimo!
Insomma, dovessimo dare un voto ai primi passi di Yonghong Li come erede berlusconiano, daremmo sicuramente un 8. Bene, avanti così!

Al contrario, il suo connazionale Jindong Zhang, pare sempre più un accentratore. Niente di male se non fosse per i 7.577 chilometri e le 6 ore che separano i due Paesi.
Zhang non delega, vuole decidere lui. Ausilio, Zanetti e suo figlio ormai residente in Italia, riferiscono. Lui convoca, ascolta, parla con gli interessati poi da, o meno, il via libera alle eventuali operazioni.
Walter Sabatini parla, pianifica, dirige... ma dalla Cina. Spalletti? Per il suo ingaggio, deve prima recarsi in Cina e parlare con il 'boss'.
Dell'Inter, sui giornali, si legge sempre che è 'pronta' al colpo ma... prima si deve percorrere la via della seta e questo non giova.
"Mateo Musacchio, difensore del Villarreal, potrebbe essere un obiettivo dell'Inter", lo prende il Milan.
"Sondaggio Inter per Kessie", lo prende il Milan.
"L’Inter ha l’accordo con Ricardo Rodriguez", lo prende il Milan.
"L’Inter ha messo nel mirino Andrè Silva, classe 1995 di proprietà Porto: il gioiellino dei Dragoes uno dei talenti più interessanti del panorama lusitano", lo prende il Milan.
Altri nomi sono caldi e 'pronti'... ma prima si deve andare in Cina...
Un voto all'annata di Jindong Zhang? 8 per la solidità finanziaria, 4 sul decisionale perchè dalla Cina risulta problematico il "ghe pensi mi"

Almeno una cosa, le nuove proprietà, hanno mantenuto di vecchio calcio meneghino... gli appellativi.
I "casciavit" Milansiti, gente del popolo (sta mai coi man in man) che lavora e concretizza privilegiando il 'fare' al 'parlare' e i "bauscia" interisti che, come la Milano 'nobile' e intellettuale, si bea del primo bardo che ne decanta le gesta.
Sarà sempre così? Sperem! A noi Milanisti, va più che bene.

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