Scudetto '99: una favola
Era caldo, fin troppo caldo quella domenica. Non era estate, ma a giugno mancava solamente una settimana e...
Era caldo, fin troppo caldo quella domenica. Non era estate, ma a giugno mancava solamente una settimana e sebbene le temperature non fossero estremamente afose a Perugia non si respirava.
Era il 23 maggio del 1999, una domenica come tante, l'ultima domenica di campionato. Un mese e mezzo prima avevo fissato un weekend fuori città con la mia ragazza proprio in questo giorno, un trattamento completo in una Spa immersa nel verde, ma gli eventi mi hanno costretto a cambiare i piani.
Dopo lo 0-0 con la Lazio all'Olimpico eravamo a sette punti di distacco dalla prima in classifica e avevo promesso a Chiara, iper impegnata col lavoro tutto l'inverno, di regalargli all'ultima giornata di campionato un riposo dato che dalla domenica successiva sarebbe dovuta ripartire con la stagione estiva.
Quei 7 punti di distacco mi avevano permesso di chiudere anticipatamente il discorso scudetto e di affrontare le partite successive con più tranquillità per un traguardo Uefa già sicuro e un approdo in Champions che la settimana successiva, complice il 2-1 con il Parma, mi aveva fatto capire di potermi godere tranquillamente l'ultima giornata. Mi sarei evitato i caroselli della Lazio che, abitando a Roma, sarebbero potuti essere fastidiosi date le offese che mi ero preso proprio in quel Lazio-Milan 0-0 per quel gol annullato a Vieri.
Chiamo Chiara per confermare che probabilmente in Europa ci andiamo e in quel momento accendo il televisore su Telepiù: Roma-Lazio 3-1. La spenta Rometta di Capello ci aveva fatto risucchiare altri tre punti ai biancocelesti, ma la domenica dopo non avrebbero fatto sconti. All'Olimpico arrivava una Juventus-B pronta a giocarsi tutte le sue carte nella semifinale di Champions con il Manchester mentre noi andavamo ad Udine, campo più che ostile.
Il calcio non è mai una scienza esatta e infatti, se tornando dal lavoro il sabato pomeriggio mi ero sorpreso per la sconfitta interna della Lazio per 1-3 sotto i colpi di Henry, immaginatevi come mi dovevo sentire la domenica quando Weah ad Udine chiuse i conti per 5-1 sui friulani che ci portava a -1 dal primo posto?
C'era grande entusiasmo quel pomeriggio a casa mia mentre l'unica nota stonata arrivava da Chiara che si stava ammoscando qualcosa per l'ultima di campionato. Prendendomi da parte e avendo percepito un po' l'aria la sera mi disse:
"Non è che ora con questa rimonta.."
"No tranquilla, la Lazio non perde più punti e noi schiantiamo"
"Mah sarà.."
"Facciamo un patto però"
"Sentiamo..."
"Se arriviamo all'ultima giornata davanti alla Lazio te vieni con me in trasferta a Perugia; se accade una cosa diversa, prendo due giorni liberi in più e rimaniamo quattro giorni alle terme: ci stai?"
Era un'offerta pazza, ma il suo sogno delle terme e la sicurezza del calendario della Lazio che aveva riletto mille volte grazie a suo padre - biancoceleste ancor prima di Chinaglia - aveva fatto propendere alla ragazza di accettare la mia offerta.
Due settimane dopo, il 2 maggio, si stava realizzando un ponte del primo maggio meraviglioso per Chiara perchè a cinque minuti dalla fine la Lazio stava allungando di due punti sul Milan, chiudendo abbastanza il discorso-scudetto. Sepolto sul divano per il pareggio di Franceschetti, stavo quasi rassegnandomi ad un amaro epilogo di campionato quando quell'iradiddio di Ganz, cinque minuti oltre i supplementari, la girò in porta trovando la deviazione di Castellini: portiere da una parte, palla dall'altra, io che sbraito come un forsennato e lei che dal salotto: "Non ci sta! Non ci sta!".
Battiamo la Juventus, loro superano a fatica il Bologna e alla penultima asfaltiamo l'Empoli ormai retrocesso per 4-0. La Lazio a Firenze trova una viola che non fa sconti: 1-1 e sorpasso. Ho vinto la scommessa, Chiara è più nera di una pantera, ma accetta sportivamente. Suo padre un po' meno.
Allora eccoci qua, prenotazione per la Spa annullata, Chiara venuta con me perchè almeno un po' di sole al caldo lo prende e Zaccheroni che mi schiera il 4-3-1-2. L'altoparlante passa in rassegna i nostri, subissati da una montagna di fischi perugini: ecco Abbiati, Sala, Maldini, Costacurta, Helveg, Ambrosini, Albertini, Boban, Guglieminpietro, Bierhoff e Weah. Fischiano forte i padroni di casa, ma più che altro devono tenere l'orecchio alla radiolina: a noi serve vincere o comunque fare un risultato migliore di quello della Lazio, ma gli umbri devono controllare il risultato di Piacenza dove se la Salernitana non dovesse vincere loro sarebbero quasi sicuramente salvi.
Servono solo 11 minuti per far lamentare Chiara del caldo, ma soprattutto per il primo sussulto: Maldini avvia un'azione che porta ad una sponda dei nostri, palla per Guly al limite che si accentra ed esplode un tiro deviato dal perugino Olive. Quello davanti a me si alza, Chia esclama un "UH" e la palla entra in rete. Più o meno siamo tutti milanisti qui e l'esplosione è logica. 0-1 al Curi, la Lazio pareggia, ma a noi interessa meno di zero.
I ragazzi della curva si fanno sentire in quanto a cori, Weah fa il fenomeno e sulla sua fascia la squadra di Boskov patisce. Albertini prende un palo incredibile pochi minuti prima che pennelli un cross preciso da corner: può saltare solamente una persona e quella persona è Oliver Bierhoff. 0-2, Chiara mi bacia e io non ci credo. Siamo a un passo dallo scudetto. Basta resistere.
Sembra facile, ma non c'è neanche il tempo di realizzare di essere avanti di due reti che quel forsennato di Sala mette il piede sul driblling di Rapajic in area ed è rigore netto. Era troppo bello.
Mi passo la mano tra gli occhiali scuotendo la testa
Solo superSeba può sventare rigori in questi momenti importanti, ma anche Abbiati non vuol essere da meno: peccato per lui che Nakata angoli troppo il tiro e vanifichi il tuffo del portiere. 0-2. Ribolle il Curi.
Il mio silenzio fa da contrasto al "Noo" di Chia che si consola con "C'era quasi arrivato, peccato!". Patiamo come dei cani cinque minuti dopo quando ancora Rapaic impegna su punizione Abbiati che alza in angolo. E' incredibile come in un baleno siamo passati dalla sicurezza del doppio vantaggio ad essere in balia del Perugia. La Lazio vince sempre, costringendoci a non abbassare la guardia.
Il primo tempo si chiude con la nostra curva più dimessa mentre i perugini sono stracarichi: l'onta crescente di Nakata, Rapaic, Kaviedes e Petrachi sommata al pareggio 0-0 tra Piacenza e Salernitana sono di ottimo auspicio.
Di ottimo auspicio per noi invece è la notizia che sette minuti dopo l'inizio della ripresa mi urla un signore di dietro, scandendo perfettamente in perugino stretto: "Pareggio del Parma!" poco dopo aver confidato in maniera molto più pacata: "Oh, ha fatto gol il Piacenza!", un attimo prima del boato del Curi biancorosso.
Sarebbe il risultato perfetto, saremmo tutti contenti senza stare a giocare, ma Fresi al 64' pareggia per la Salernitana rimettendo in gioco le sorti salvezza.
Siamo cotti e chiusi in difesa già al 60', ma quando ci buttiamo in avanti serve un super Mazzantini per evitare la doppietta a Guly. Helveg si fa male, ma può continuare la gara: un'entrata di Ba sarebbe rischiosissima.
Si gioca veramente poco poi all'improvviso Salas riporta avanti la Lazio. Respiro a fatica mentre Chiara mi abbraccia perchè si sta rendendo conto di quanto patisca.
Il tempo passa fin troppo lentamente, Maldini è un muro, Ambrosini e Albertini sono perfetti a centrocampo e a 12' dalla fine esce un Boban stremato per lasciare spazio a Leonardo. Ogni poco scorgo Zac che esce dalla panchina, urla qualcosa e poi si risiede: non vorrei essere in lui. Nessuno vorrebbe essere invece nelle mie coronarie al 35' quando Bucchi tenta l'eurogol e serve un incredibile balzo di Abbiati per togliere quella palla dall'incrocio e tenerci ancora avanti in classifica. "L'ho vista dentro" mi sussurra lei, ma io non parlo. Mi dice che sono un fantasma e le do ragione: le mani sono un lago, i capelli me li strappo a poco a poco e le gambe inquiete.
La squadra di Boskov ci crede, ma ogni qual volta che si ferma il gioco i giocatori si avvicinano all'allenatore serbo per sapere quanto stanno a Piacenza. Lì i minuti di recupero sono 7, 5' a Roma tra Lazio e Parma mentre qui il quarto uomo ne alza tre soli. Lo ringrazio. Sono sempre tanti, ma rispetto a quanto si è perso durante la gara è un nonnulla. Dall'Olimpico la Lazio esce vincente quindi un campo si spegne e gli uomini di Eriksson si posizionano davanti ai televisori per seguire solo questa gara. Sperano anche in un gol della Salernitana che produrrebbe un forcing finale perugino, ma non fanno in tempo nemmeno a pensarci che la gara del Garilli si conclude.
Rimbomba il Curi, ma la notizia anche stavolta l'aveva anticipata quello dietro a me. Più che una ragazza mi pare di avere una piovra che sta patendo quasi quanto me dato che Chia mi ha ormai circondato il corpo con le braccia. Alla notizia del finale di Piacenza è come se si fosse segnato il terzo gol, ma Petrachi è a terra e i fotografi invadono il campo. L'arbitro Braschi è l'unico a non avere furia in questo frangente perchè si dirige a piccoli passi nella zona delle panchine per minacciare che tutta quella gente a bordocampo non ci può stare.
Il perugino Ripa sventola la mano intuendo che forse anche lui la vorrebbe chiudere qui. Io mi sento un po' più leggero. "Dai ma chi glielo fa fare di pareggiare? Perchè dovrebbero rovinarci la festa?".
Chiara prova a convincere l'arbitro di fischiare il prima possibile mentre piano piano si alzano tutti in tribuna. Io ho la fortuna di avere quelli davanti seduti e ritardo di alcuni attimi. La punizione è battuta, qualcuno lancia il pallone in area, poi il fischio e dopo il nulla. Alzo le mani urlando, l'aggettivo squarciagola in questo caso è risicato perchè è più di un semplice urlo. E' una liberazione, è un abbracciarsi con gente che in tribuna dovrebbe essere più contenuta e più calma rispetto alla curva, ma che al triplice fischio impazzisce. Mi giro verso Chiara perchè la folla, l'esultanza, lo sbalzo mi hanno spostato di alcuni posti: ha le mani sul viso, gli scappa da piangere, non ci crede neanche lei che segue il calcio da pochi mesi. Mi faccio largo e rientro ad abbracciarla sbraitando qualcosa mentre singhiozza "Campioni d'italia, campioni d'italia" facendomi anche piangere.
La guardo.
La bacio.
Questo scudetto è anche il suo.