L'allenatore perfetto? Non esiste
La storia dimostra come i tecnici capaci di far bene in ogni contesto siano rari, se non del tutto inesistenti
Un antico adagio di un vecchio dirigente calcistico della Serie A italiana sostiene che gli allenatori siano come le donne. Quando ne hai uno tendi a desiderare gli altri. Al netto della battuta, va ammesso che in fondo alla stessa c'è qualcosa di vero. A mio modesto avviso non esistono allenatori adatti a tutti gli ambienti, così come non esistono club adatti a determinati allenatori. Basterebbe pensare al caso più eclatante, ossia quello di Marcello Lippi. Alla fine degli anni 90, Lippi era uno dei migliori allenatori del mondo. Decise di andare all'Inter di Vieri e Ronaldo. Sembrava una squadra destinata a vincere tutto; finì con il tecnico di Viareggio che costrinse il suo club a licenziarlo dopo una pittoresca scenata negli spogliatoii del Granillo. Lippi avrebbe poi vinto nuovamente due scudetti con la Juventus e sarebbe entrato nella storia del calcio italiano diventano il CT della Nazionale campione del mondo in Germania. Chiaramente il valore di Lippi non è in discussione ma nessun allenatore, per quanto grande, può nulla contro un ambiente non adatto a lui. Così era l'ambiente nerazzurro a fine anni 90.
In tempi più recenti, emblematico il caso di Mourinho. Il Chelsea, una delle squadre del suo destino, fu costretto ad esonerarlo per carenza di risultati dopo che l'anno prima aveva vinto il titolo con i blues. L'ambiente londinese, per Mourinho, non era più fertile per il suo carattere. Le ragioni erano tante. Il tecnico di Setubal era l'uomo che nel triennio 2004-07 aveva portato il Chelsea alla vittoria dopo decenni privi di soddisfazioni. Superato quel momento però, a Londra hanno iniziato a chiedere qualcosa in più del suo calcio essenzialmente pragmatico. Ne è nato un esonero inaspettato ed imprevedibile, certamente una delle macchie nella carriera di Mourinho.
C'è poi l'esempio di Ancelotti, da tutti unanimente riconosciuto come allenatore perfetto per allenare i grandi giocatori ed eccezionale nel plasmare un gruppo. Fino a pochi mesi fa era impossibile trovare un giocatore che parlasse in termini negativi del tecnico di Reggiolo perchè il suo carattere bonario, autorevole ma mai autoritario, si adattava perfettamente alle grandi personalità presenti negli spogliatoii dei grandi club. Eppure questa regola che poteva quasi essere definita aurea, ha trovato la sua eccezione nell'ambiente del Bayern Monaco. In quel contesto Ancelotti non è riuscito a farsi amare dai giocatori. I suoi modi di fare sono apparsi troppo ruffiani ad un gruppo che non solo non lo ha mai amato ma, dichiarazioni alla mano, pare non averlo nemmeno troppo stimato come allenatore. Lippi, Mourinho, Ancelotti: tre allenatori in tre momenti storici diversi. Tutti accomunati dall'essere grandi ma nel non riuscire a produrre risultati in determinati ambienti. Il calcio, per tanti, è una scienza esatta. A giudizio di chi scrive trattasi invece di materia antitetica alla razionalità.