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Berlusconeide capitolo VII (I)

 

La scelta di Terim ed il rigore di Torino (prima parte)

 

Il Milan era così giunto alla primavera del 2001 con una squadra martoriata dagli infortuni, con pesanti incertezze sulla guida tecnica e con qualche dubbio da parte dei tifosi sulla volontà di stare vicini alla squadra da parte del Presidente Berlusconi.
La società rossonera infatti, a cavallo fra il 1996 ed il 2001 , aveva conosciuto un periodo di vacche magre, con campagne acquisti sbagliate ed un ridimensionamento degli obiettivi abbastanza evidente.
Tutto ciò fu figlio di un clima economico-finanziario decisamente alterato, con squadre come Lazio e Parma capaci di acquistare giocatori a cifre iperboliche, senza alcun riscontro effettivo nel valore di mercato.
Il tifoso milanista in quegli anni si sentì vagamente spaesato, soprattutto in ragione di una società che aveva cambiato il suo modo di esporre gli obiettivi: non più vincere come verbo preminente, bensì competere.
Competere però per le prime quattro piazze del campionato, tese a garantire l’accesso alla Champions League, competizione ambita sia per il prestigio che per i ricchi compensi.

Ci fu, a cavallo fra il 1997 ed il 1998, un allontanamento effettivo dalle sorti della squadra da parte di Silvio Berlusconi. Il Presidente infatti dovette affrontare un male abbastanza serio di cui farà cenno solo qualche anno più tardi e per molti mesi le sorti del Milan furono tenute a debita distanza.
In quei mesi Berlusconi si preoccupò solo di scegliere Capello come allenatore, lasciando poi il resto per evidenti ragioni di salute, a quel punto preminenti su qualsiasi altro tipo di pensiero.

Fu così che si giunse alla primavera del 2001 con troppi dubbi che vennero sciolti solo col nome di Fathi Terim. Il tecnico turco nella stagione 2000-2001 aveva allenato la Fiorentina con ottimi risultati e picchi di gioco notevoli.
Il suo tridente Rui Costa Chiesa e Nuno Gomes era stato uno degli attacchi più prolifici e spettacolari dell’intera Serie A, non tanto e solo per la qualità eccelsa dei suoi protagonisti, quanto per il modulo di gioco e l’impostazione tattica iperoffensiva, adatta ad esaltare il talento.
Berlusconi fu conquistato dalla Fiorentina di Terim e, una volta liquidato il mai troppo amato Zaccheroni, si fece convincere da Galliani a puntare sul tecnico turco.

Alla presentazione dell’allenatore Terim diede a tutti un’ottima impressione.
Disse ironicamente che il suo modello di riferimento era l’ultima finale di Champions fra Bayern e Valencia (vinta dai bavaresi a rigori), partita in cui lo spettacolo era stato tutt’altro che preminente. Spiegò che avrebbe fatto vedere ai suoi giocatori quella partita per far capire tutto quello che non voleva dalla sua squadra.
Era l’esempio negativo da non emulare insomma.

Terim quindi propose concetti chiari fin da subito. Voleva una squadra pronta a rischiare sempre, che si facesse portatrice di una idea di calcio molto offensiva e dai tratti marcatamente spettacolari. Il suo modulo di base era il 4-3-1-2, ma non disdegnava modifiche tattiche a gara in corso.
Il suo primo impatto con l’ambiente Milan fu positivo anche se, fin dai primordi, la sua eccessiva eccentricità ed il suo essere istrione, non lo misero mai davvero nei cuori di chi viveva e lavorava a Milanello.

Terim si era portato come suo vice Antonio Di Gennaro, ex giocatore, che avrebbe dovuto aiutarlo soprattutto nei rapporti coi giocatori e con la società.
Una società che, in quella estate, mise pesantemente mano al portafoglio.
Arrivarano Rui Costa per 85 miliardi delle vecchie lire dalla Fiorentina e Filippo Inzaghi per 40 miliardi più il cartellino di Cristiano Zenoni alla Juventus.
Inoltre Galliani prese Pirlo dall’Inter in cambio di poco meno di 6 miliardi più il cartellino dello sconosciuto Drazen Brincic e portò a termine lo scambio Brocchi/Guly sempre coi cugini nerazzurri.
In difesa arrivò Laursen dal Verona, mentre a centrocampo si investì parecchio nel cartellino del giovane Massimo Donati, proveniente dall’Atalanta.
In avanti, accanto al confermatissimo Sheva, fu preso Javi Moreno, spagnolo, reduce da una buona annata in termini realizzativi con l’Alaves, squadra spagnola di non altissimo rango.
Dallo stesso Alaves il Milan prese anche Cosmin Contra, giocatore di fascia destra tanto eccentrico quanto devastante se in giornata.

Il Milan partì’ subito discretamente.

...alla prossima con la seconda parte di "La scelta di Terim ed il rigore di Torino"

 

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