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M.E. Boschi, da principessa a strega

 

Scaricata anche dai netturbini, la insultano anche per colpe non sue

 

La notizia politica c’è tutta. Quella di costume italico anche di più. E, tanto per cambiare, fanno schifo tutte e due. Riguardano Maria Elena Boschi, che con quella bocca poteva dire tutto quello che voleva, fino a un attimo, anzi a un secolo fa, adesso invece la zittiscono persino i netturbini di Ercolano. La notizia politica? Eccola.

Il presidente del Consiglio ha chiesto al primo sottosegretario alla presidenza, la figura che dovrebbe essere il suo alter ego, di mettersi in malattia e non presenziare alla seduta di Palazzo Chigi in cui il premier ha comunicato ai ministri, sicuro di poter tuffare la sua decisione come un cucchiaio nella panna montata, il rinnovo di sei anni del mandato di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia. Fatto. E via in corteo al Quirinale per il decreto istantaneo di nomina. Facciamo i nomi: Paolo Gentiloni si è accordato con Sergio Mattarella. Quindi ha telefonato a Maria Elena Boschi e le ha spiegato che non era il caso si presentasse a quella riunione durata tredici minuti: avrebbe rovinato il minuetto.

Chiariamo: non è un affare interno alla sinistra, un litigio nel Partito democratico, con l’umiliazione pubblica di chi è stato sconfitto, e chi se ne frega. Qui c’è il decoro dell’istituzione. Se non hai più fiducia nel braccio destro, lo tagli. Nel caso è successo che Renzi e Boschi hanno scritto e fatto votare una mozione di reprimenda (meritatissima) del capo di Bankitalia, per mancanza ai suoi doveri di vigilanza. Non una cosa da niente. Una maniera goffa di dire la verità. Ma proviene dal partito che dà numeri al governo.

Invece di prendere atto di questa banalità democratica, Gentiloni - consultati i poteri veri - ha scelto di premiare il disastroso Visco, e tira avanti come fosse normale. Si è limitato alla tecnica farisaica di pulire la tazza fuori e di lasciare lo sporco dentro, così non risulta a verbale. Una estromissione che tra l’altro finisce per fornire un’arma ai 5 Stelle, che riescono ad avercela a morte sia con Visco sia con la Maria Elena, a causa della parentela della signora, piuttosto dimentichi che le eventuali colpe dei padri in uno Stato di diritto non ricadono non solo sui figli ma anche sulle figlie. Fin qui la politica.

La notizia di costume? Il sottosegretario Boschi nei giorni scorsi aveva prenotato un hotel a Ercolano. Doveva partecipare a un triduo del Pd a Napoli. Uno zelante dirigente comunale ha emanato una circolare in cui si chiedeva al personale apposito di provvedere con particolare cura, nel tempo della sua permanenza, a tenere pulite strade e muri, strappando manifesti abusivi, eccetera. I netturbini contrariati da questo privilegio accordato a una signora ormai demodé (pulire le strade? Ma che assurdità, non si fa) hanno deciso di scioperarle contro.

Non sappiamo se per loro sia tanto diverso lavorare o scioperare, ma una lustratina ogni tanto, visto che se c’è la Boschi c’è pure la televisione, magari avrebbe giovato all’immagine della cittadina e persino a quella abbastanza sciupata degli operatori ecologici locali. Niente da fare. Scandalo. Ah, guai alla Boschi. Cialtronaggine pura.

Libero ha criticato politicamente e duramente la Boschi e il governo di cui fa parte. La nostra idea è: a casa lei con Gentiloni e tutto il caravanserraglio, anche subito, che è meglio. Ma un conto è colpire l’inefficienza e l’incompetenza di questo o quel ministro quando si manifestino, altra cosa è programmare lo sterminio della famiglia dello zar con plotoni d’esecuzione rivoluzionari, basati su ripicche di squadre di carabinieri traslocati ai servizi segreti. E questo è il caso nostro.

Lo zar Matteo da Rignano ha fatto molti danni, e oggi s’ingegna convulsamente per affossarsi da solo, ma passare al linciaggio di chiunque odori di giglio magico, un po’ con i guanti da coppiere di Gentiloni e un po’ con le scope di saggina degli spazzini napoletani, ci pare un esercizio da scotennatori, che siano di destra, di sinistra, nordisti o sudisti.

La morale orribile che se ne ricava, riguarda questa tendenza italica a bastonare il cane che affoga. Che noia questo andazzo di inchinarsi sempre all’imperatore e poi di dare calci alla sua testa rotolante.

Due anni fa, cioè in un’altra epoca, Maria Elena Boschi fungeva da nostra Lady Diana. Come la Principessa aveva salvato una monarchia in decadenza così alla Fata di Arezzo, per fortuna senza bisogno di un corteo funebre, pareva essere riuscito un incantesimo per ricongiungere popolo italiano e politica. Vellutata e splendente era desiderata nelle scuole e nelle fabbriche, i netturbini di Ercolano l’avrebbero voluta a piedi nudi calpestare petali di rose da loro sparsi, perché piaceva la sua faccia, rimanendo abbastanza misterioso, con tutti quei fascinosi capelli, il contenuto della testa.

Adesso è trattata come la strega di Macbeth, creatura spaventosa da lazzaretto, bambolina voodoo da trafiggere con gli spilloni, come ha fatto con il solito delicato sopracciò Massimo Gramellini sul Corriere. Be’ non si fa.

Lei ha reagito, lo ha fatto scrivendo su Facebook. Si capisce che ci ha pianto su. Ma poi si tira su. Racconta di essersi svegliata la mattina e di aver trovato dappertutto segni di odio verso di lei. «Ho un carattere tosto, amici, qui non si molla».

Ma dove sono gli amici? Spariti. Ribatterà «colpo su colpo per ora col sorriso», dice. Auguri sinceri. A noi lei, come dice il capo, fa sangue.

 

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