berlusconeide

 

Berlusconeide capitolo VI (I)

 

Zaccheroni ed un nuovo inizio (prima parte)

 

Nella primavera del 1998 il dado è ormai stato tratto. La sconfitta in Coppa Italia contro la Lazio in finale ha decretato la fine della seconda era Capello, alquanto breve nella sua durata, decisamente pesante nell’eredità che lascia in termini di malumori e delusioni.
Galliani individua quasi subito nell’emergente Udinese di Alberto Zaccheroni, un nuovo modello possibile per il Milan.
Il contatto con il tecnico di Cesenatico ( Zaccheroni è nato a Meldola il primo di aprile, lo stesso giorno di Sacchi ) è successivo alla debacle in finale, nonostante il mercato sia stato nella quasi totalità programmato da Capello.
Lo scherzo del destino vuole che Don Fabio abbia chiesto e già ottenuto proprio due pezzi da novanta dell’Udinese di Zaccheroni: Bierhoff ed Helveg.
Nel mercato dell’estate 98, Zaccheroni avrà quindi scarsa possibilità di inserirsi, riuscendo ad ottenere su precisa sua richiesta soltanto due giocatori, entrambi argentini: Roberto Ayala, centrale in forza al Napoli e lo sconosciuto Andres Guglielminpietro.

Raramente si ricorda un’estate così scettica da parte degli addetti ai lavori sulle possibilità del Milan in campionato. La squadra rossonera nella griglia di partenza viene addirittura messa in terza fascia.
Questo aspetto sarà proprio uno dei punti sui quali Zaccheroni farà perno per rimotivare la vecchia guardia. Racconterà successivamente il tecnico di Meldola che spesso, durante il ritiro precampionato, faceva tappa fissa nelle camere di Maldini e Costacurta verso sera, facendogli leggere le rassegne stampa della giornata.
Faceva notar loro quanto il Milan non fosse considerato e quanto la vecchia guardia venisse data praticamente per bollita.
In quel Milan ci sono ancora Sebastiano Rossi, Maldini, Costacurta, Albertini, Boban, Donadoni e Weah. Non sono giocatori normali, sono campioni che hanno scritto la storia del Milan e che solo due anni prima erano considerati top nei loro ruoli.

La campagna acquisti del Milan non fu, oggettivamente, di altissimo livello. Il Milan partiva da un decimo posto in campionato che andava migliorato con l’accesso almeno al quarto posto, ma il progetto di ricostruzione milanista aveva durata biennale.
Detto di Helveg e Bierhoff, voluti da Capello prima di sapere che sarebbe stato esonerato, oltreché di Ayala e Guly, il Milan prese anche il portiere tedesco Jens Lehman, il giovane difensore del Bari Gigi
Sala, l’arcigno difensore/mediano del Psg Bruno N’Gotty e fece rientrare dal prestito a Vicenza il giovane mediano Massimo Ambrosini.
Vanno via Marcel Desally e soprattutto Kluivert e Bogarde, veri e propri fallimenti del calciomercato del 1997.

Il nuovo modulo di gioco, il 3-4-3, segna inizialmente una palese inversione di tendenza rispetto alla storia rossonera.
Assimilare meccanismi e schemi non è facile, ma la squadra è con l’allenatore, lo seguono anche se i risultati in termini di gioco e spettacolo non sono gli stessi di Udine.
Il Milan ha una rosa certamente più tecnica infatti rispetto alla rosa che Zaccheroni aveva in Friuli ma se c’è un limite esso riguarda il dinamismo.
Considerata infatti un’età media discretamente alta,il Milan ha pochi giocatori dinamici in organico e questo non facilita un modulo di gioco come il 3-4-3, che tende ad allungare molto la squadra e che richiede una abnegazione ed un sacrificio non indifferenti in termini di corsa.

Il Milan parte bene, vince le prime due partite ma poi vede frenare le proprie iniziali ambizioni da scudetto con una sconfitta a San Siro per mano della Fiorentina. Batistuta è un ciclone inarrestabile che sfrutta al massimo le insicurezze di Lehman, il Milan perde 3-1 ed il ruolo di portiere titolare inizia ad essere in discussione.
Anche fin troppo facilmente infatti, Rossi scavalca il tedesco nelle gerarchie e si afferma come titolare per parecchi mesi.
Il Milan va bene in campionato, è competitivo, pur nell’alveo di alcuni problemi inerenti l’equilibrio di squadra. Massimo Ambrosini diventa così titolare praticamente in pianta stabile al fianco di Albertini, mentre Boban retrocede in panchina.
A Bari, in novembre, Sala esordisce come titolare e complice una buona prestazione non perderà più il posto. Il trittico titolare diventa pertanto Sala Costacurta e Maldini dietro, con Helveg e Ziege esterni. Tuttavia proprio il tedesco continua il suo grigio cammino in maglia
rossonera. A gennaio perde così il posto a beneficio della sorpresa Guly.
Il Milan insomma inizia ad avere una propria fisionomia, limitata ma ben caratterizzante. Leonardo, Bierhoff e Weah davanti non si toccano, con Ganz prima riserva a garantire gol e sostegno in qualsiasi momento.
Il liberiano George Weah non ha un rapporto idilliaco con Zaccheroni. Non si amano, si sopportano, Weah gli addebita un lavoro troppo massacrante in fase di non possesso. Lui si sente ancora centravanti e quel ruolo da punta esterna non lo galvanizza più di tanto.
Nel 3-4-3 però c’è posto per un solo centravanti e Bierhoff per Zaccheroni è intoccabile anche perché la sua presenza davanti è fondamentale per l’applicazione dei suoi schemi che il tedesco, dopo anni, conosce ormai a menadito.
Nel frattempo una follia di Rossi contro il Perugia, lancia il giovane Abbiati titolare per cinque partite. Il vecchio Seba, irascibile e bizzarro, prende per il collo Bucchi e lo scaraventa a terra dopo un gol su rigore subito da Nakata in Milan Perugia, beccandosi così ben 5 turni di squalifica.
Il Milan vince comunque 2-1 ma Abbiati fa il suo esordio nel Milan per pochi minuti. Da quel momento non uscirà più dalla formazione titolare.
La domenica successiva infatti, a Bologna, il Milan coglie un insperato successo per 3-2 con un gol allo scadere di N’Gotty su punizione, ma i tre punti sono soprattutto merito delle grandi parate di Abbiati.

Ci sono partite però che possono cambiare il corso della stagione. E nel campionato 1998-99 ve ne fu una in particolare, dai più sottovalutata. Si tratta della terza giornata di ritorno. La Fiorentina, capolista, affronta il Milan al Franchi, la partita termina zero a zero ma succedono due cose, una evidente, l’altra meno.
Batistuta si fa male su uno scatto, un brutto stiramento che priverà i viola del suo uomo fondamentale nella corsa scudetto, mentre Zaccheroni, sornione, inserisce Boban trequartista. E’ la prima volta, dopo 20 gare di campionato, che l’allenatore romagnolo cambia lo schema.
Il suo 3-4-3 diventa un 3-4-1 -2, con Weah più vicino alla porta e con Boban pronto a legare i reparti garantendo più equilibrio e fantasia alla squadra.
Fu solo un esperimento iniziale ma Zaccheroni ne fu soddisfatto, tanto che a fine partita disse che quando gioca in quel modo Boban è da pallone d’oro. Zucchero per il croato col quale il rapporto non è mai stato particolarmente eccelso.

Il Milan continua un’altalena di buoni risultati e di delusioni per altre 6 partite, gare in cui Zac preferisce però tornare al consolidato 3-4-3.
Mancano 8 giornate alla fine, il Milan balla tra il terzo e il quarto posto, la Lazio è prima avendo superato la Fiorentina, ma all’Olimpico si deve giocare la sfida che può riaprire i giochi scudetto per il Milan.
Lazio-Milan però finisce zero a zero con una terribile sensazione di vorrei ma non posso da parte del Diavolo. I capitolini rimangono a più sette sul Milan e a sole 7 gare dalla fine appare ormai un vantaggio incolmabile.
Il Milan è comunque soddisfatto perché il suo obiettivo di rientrare in Champions è a portata di mano. E’ lì però che succede qualcosa nella testa dei giocatori.
La domenica successiva il Milan perde, a fine primo tempo, 1 -0 in casa propria contro il Parma. Gol di Balbo su errore di Abbiati. Zaccheroni ha un sussulto: fuori Bierhoff e dentro Ganz, si passa al 3-4-1 -2 con Boban ad ispirare.
E’ la mossa vincente.

...alla prossima con la seconda parte di "Zaccheroni ed un nuovo inizio"

 

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