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Zeman: parabola di un allenatore sopravvalutato

 

Da innovatore a tecnico stantio: la discesa negli Inferi del boemo

 

 

La parabola di Zeman ricorda quella di tanti innovatori. Rivoluzionari, geniali in principio; caricatura di sè stessi col trascorrere degli anni. Chi scrive ha stimato enormemente il Zeman allenatore negli anni 80 e negli anni 90. Per lungo tempo il tecnico boemo è stato il pioniere indiscutibile di un calcio nuovo, moderno, in cui il riferimento principale per una squadra doveva essere sempre la palla e non più l'avversario. Si veniva da un calcio antico in cui nelle riunioni tecniche ogni allenatore comunicava ai propri giocatori i compiti di marcatura in ogni zona del campo. Passare da quel calcio tattico e tatticista alla rivoluzione zemaniana è stata una meravigliosa cavalcata emozionale.

Il suo Licata ed il suo Messina negli anni 80 sono squadre di cui, ancora oggi, si parla. Non per i risultati ottenuti, ma per lo stile di gioco che aveva entusiasmato la gente e che aveva comunicato qualcosa allo spettatore neutrale. Il picco massimo Zeman lo ha raggiunto negli anni 90. Il suo Foggia dei miracoli ha ottenuto due noni ed un undicesimo posto con giocatori sconosciuti lanciati con grande coraggio al calcio dei massimi livelli. Credo tutt'oggi però che la miglior stagione di Zeman, in carriera, sia stata il 1994-95, quando la sua Lazio arrivò seconda dietro la Juventus di Lippi in campionato. Si narra che Berlusconi, nel 1995, deluso dalla finale persa a Vienna dal suo Milan, avesse pensato proprio al boemo per sostituire Capello. Non se ne fece nulla ma la tentazione fu forte. Forse in quel momento Zeman ha commesso l'errore fondamentale della sua carriera, ossia pensare che gli schemi e i principi venissero prima dei giocatori. E così dopo un'altra buona annata alla Lazio ed un'ottima esperienza sulla sponda opposta del Tevere è iniziata la sua lenta caduta negli Inferi. Tanto ha inciso il mancato aggiornamento professionale del boemo. Squadra alta, pressing, fuorigioco e verticalizzazioni sono sempre stati il suo mantra. Nel frattempo però la regola n° 11 del fuorigioco subiva modifiche e nuove interpretazioni. Lui però continuava ad allenare la sua linea difensiva come se nulla fosse.

Dalla fine degli anni 90, per Zeman è iniziato un decadimento professionale senza precedenti. In pratica negli ultimi 20 anni, tolta la salvezza con il Lecce nel 2005 e la promozione in A col Pescara nel 2012, l'allenatore boemo ha raccolto solo risultati insoddisfacenti, esoneri ed una lunghissima serie di delusioni. Il calcio, secondo la teoria zemaniana, va sempre aggredito. Tuttavia è stato proprio Zeman che, ad un certo punto della sua vita sportiva, ha smesso di aggredirlo non aggiornandosi più e facendo del 4-3-3 un mantra intoccabile e non modificabile. Peccato perchè il primo Zeman è stato uno dei migliori allenatori del calcio italiano. Oggi il boemo si è ridotto a caricatura ingombrante e parossistica di sè stesso, di ciò che è stato e di quella carica innovativa che il calcio del suo Foggia e della sua Lazio seppero trasmettere ad un paese intero.

 

 

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