Berlusconeide capitolo V (II)
Tabarez e i due ritorni infausti (seconda parte)
Sacchi, che esordì subito con una sconfitta in Coppa dei Campioni, determinante per l’eliminazione del Milan, non solo non invertirà il trend, ma addirittura lo peggiorerà.
In quella stagione si ricorda infatti un amarissimo 6-1 subito in casa contro la Juventus di Lippi, partita in cui probabilmente Franco Baresi prese la decisione di lasciare il calcio a fine stagione, cosa che farà insieme a Mauro Tassotti, altro enorme reduce di tante battaglie.
I tempi erano diventati ormai maturi per il ritorno da eroe di Fabio Capello che, conquistato un altro scudetto in Spagna, si apprestava adesso a rientrare al Milan da vincitore assoluto, con carta bianca sul mercato.
Il ritorno di Don Fabio era una vera e propria vittoria personale che l’allenatore friulano si prendeva su Galliani, il quale aveva fatto in modo di non confermarlo per poter avere un allenatore meno pesante mediaticamente, convinto com’era del fatto che quella squadra potesse vincere anche con un altro tecnico.
Ma Capello non era un allenatore normale. Sia nel bene che nel male e la stagione a venire lo dimostrerà.
L’uomo di Pieris rientra dalla porta principale, acclamato come un grande condottiero che rientra alla base dopo aver conquistato le terre migliori.
Capello non si era lasciato in modo eccelso con la vecchia guardia ed era convinto che la rosa rossonera necessitasse di una riverniciata importante, con l’innesto di forze fresche, nuove e di spessore.
La campagna acquisti fu imponente nel numero di nuovi arrivati.
Giunsero a Milanello Kluivert e Bogarde dall’Ajax, l’eccentrico Ibou Ba dal Bordeaux, l’esterno sinistro Ziege dal Bayern Monaco, il portiere Taibi dal Piacenza, Cruz dal Napoli, Cardone dal Bologna, Maini dal Vicenza, Andersson dal Goteborg, Leonardo dal Psg, i giovani difensori Smoje e Nielsen, rientrò Donadoni dagli Usa, mentre nel mercato invernale vennero acquisiti anche Maniero e Ganz per dare linfa nuova al reparto offensivo.
Un’autentica rivoluzione, fortemente voluta da Don Fabio, che aveva in mente di impostare un Milan molto fisico, diverso dai suoi Milan precedenti, provando a diminuire in seno allo spogliatoio il peso della vecchia guardia.
L’inizio, dopo una grande vittoria nel trofeo Berlusconi, è decisamente al ribasso.
Il Milan parte male nelle prime 6 giornate di campionato, riuscendo a vincere solo ad Empoli con un rocambolesco gol di Andreas Andersson, vedendosi tuttavia sconfitto in casa sia contro il Vicenza che contro il neopromosso Lecce.
Capello riesce ad invertire la rotta solo a novembre, registrando la difesa con l’inserimento di Desally al centro e la riproposizione di Maldini a sinistra.
Il 4-4-2, che inizialmente era stato messo da parte nel tentativo di impostare la squadra su una difesa a 3 utile a sfruttare le qualità di Ba e Ziege, ridiventa il modulo principale della squadra, anche grazie all’esplosione di Leonardo come esterno sinistro.
Maldini, inizialmente impostato a destra, ritorna così nel suo ruolo naturale.
Seguono una serie di vittorie intervallate da due pareggi contro Inter e Juventus.
Il Milan arriva a gennaio distaccato dalle prime posizioni ma determinato a raggiungere quella zona Uefa ampiamente alla portata della squadra.
Tuttavia, dopo un successo a Napoli per 2-1 , la squadra inizia a sfaldarsi. Il problema non è soltanto tattico, ma anche psicologico perché la squadra appare fragile nelle sue fondamenta mentali.
Kluivert non si è ancora ambientato e soffre moltissimo il clima ostile di San Siro. Bogarde è stato gentilmente accantonato, mentre Ba e Ziege conoscono una involuzione profonda che rivela un limite molto grave: sono giocatori con scarsissime risorse caratteriali.
E così Capello, anche non con particolare voglia, inizia a rifugiarsi nel porto sicuro di una vecchia guardia non più di primo pelo, un po’ logora, ma certamente più affidabile di quella babele di stranieri, incapaci di capire cosa fosse il Milan e quale tipo di atteggiamento mentale fosse necessario per affermarsi in una realtà come quella rossonera.
Tra febbraio e marzo il Milan riesce a portare a casa qualche buon risultato, ma dopo la prima metà di marzo arriva il crollo.
Il Milan perde malissimo il derby contro l’Inter (3-0) e viene schiantato a Torino dalla Juventus con un perentorio 4-1 .
Da quel momento inizia il crollo verticale del Milan che, fatta eccezione per una bella vittoria in casa contro l’Atalanta, da qui alla fine del campionato non conoscerà più il dolce gusto dei tre punti.
Rimane la finale di Coppa Italia contro una Lazio meritatamente terza in campionato, una squadra bella che gioca un buon calcio. E’ l’ultimo obiettivo per salvare una stagione.
All’andata il Milan vince 1 -0 con gol di Weah ed al ritorno sembra mettersi bene quando ad inizio secondo tempo Albertini spara un destro che trafigge Marchegiani.
Ma è in quel momento che accade l’imponderabile. In 10 minuti la Lazio segna 3 gol, prima con Jugovic su rigore, poi con Gottardi e Nesta. Il Milan è tramortito, domato, impaurito, incapace di reagire.
Capello quella sera, allo stadio Olimpico di Roma, scrive quasi la fine al suo ritorno al Milan.
Il colpo di grazia arriverà pochi giorni dopo sempre all’Olimpico, quando la Roma di Zeman travolgerà con un secco 5-0 il suo Milan.
Il ritorno di Don Fabio è stato così infausto, deleterio e forse prematuro.
Il Milan si classifica mestamente decimo in campionato e sembra essere piombato in una crisi senza ritorno.
Riuscirà la società rossonera a riportare il Milan agli antichi fasti?
...alla prossima con "Zaccheroni ed un nuovo inizio"