berlusconeide

 

Berlusconeide capitolo IV (II)

 

L'avvento di Capello (parte seconda)

 

Lo scudetto ripaga il Milan dalla delusione di Monaco, ma sarà la stagione successiva a ripagare pienamente gli uomini di Capello.
Nella stagione 1 993-94 infatti, il Milan vincerà sia lo scudetto che la Coppa dei Campioni.
Se lo scudetto fu vinto abbastanza facilmente, con un pareggio in casa per 2-2 contro l’Udinese a far da proscenio alla festa rossonera, particolarmente ardua fu la vittoria della Coppa dei Campioni.

Il Milan arrivò infatti in semifinale a liquidò il Monaco con un secco 3-0 perdendo però, in quanto ammoniti da diffidati, sia Costacurta che Baresi, oltre al luogodegente Van Basten, indisponibile per la finale.
Un Milan insomma che si apprestava ad affrontare da menomato la finale di Atene, con tante dubbi e problemi di formazione e con una coppia di centrali difensivi da inventare.
Non bastasse questo, vi erano le spavalde dichiarazioni di Crujiff a fare da contraltare al momento non particolarmente esaltante in casa milanista.
Il tecnico del Barcellona si disse fino all’ultimo convinto della vittoria ed arrivò a dire che il Milan di Capello non poteva nemmeno avvicinarsi come valore assoluto al Milan di Sacchi.
Il Milan fu caricato da queste parole ma la chiave tattica vincente fu di Capello.
A Firenze, in una amichevole organizzata qualche giorno prima della finale per fare gli ultimi esperimenti, Capello capì che non era possibile togliere la diga Desally dal centrocampo e puntò, nello scetticismo generale, sulla coppia difensiva Galli Maldini, con Panucci a fare il terzino sinistro inedito.
Il 18 maggio 1994, Mauro Tassotti, capitano per l’occasione, alzò al cielo la Coppa dei Campioni in quel di Atene.
La partita è tutt’oggi ricordata come la partita del secolo. Il Milan vinse 4-0 con doppietta di Massaro, con una genialata di Savicevic e con un gol di potenza di Desally.
Il tripudio finale fu il degno proscenio per celebrare un ciclo fantastico, forse irripetibile, che trovò il suo epilogo finale nell’ultimo scudetto di Capello, quello targato 95-96 (dopo una sfortunata finale persa a Vienna contro l’Ajax l’anno prima), una stagione impreziosita dalla fantasia di Baggio e dalla forza di Weah, oltreché da una squadra meravigliosa sia nei titolari che nelle primissime riserve.

Capello è stato, nella storia rossonera, contemporaneamente l’allenatore della continuità e del rinnovamento.
Ha dato continuità ad un gruppo che forse, causa l’eccessiva pressione sacchiana, si era autoconvinto di essere giunto alla fine di un ciclo. Ha saputo toccare le corde giuste di giocatori orgogliosi, di campioni eccezionali, di uomini che piano piano trovarono la voglia di dimostrare che il ciclo di Sacchi c’era stato e c’era potuto essere, anche e soprattutto grazie a dei campioni ineguagliabili.
Capello è stato un pragmatico che ha sempre badato al sodo, è per questo che ha vinto 4 scudetti a fronte di 1 solo vinto da Sacchi. Riteneva lo spettacolo ed il bel gioco importanti ma non determinanti. Non si vergognava di speculare su una partita e fare un calcio più difensivo. Riteneva che il fine supremo giustificasse un mezzo meno nobile.
Ha portato la managerialità in panchina e la programmazione del lavoro come punti essenziali del programmi di un tecnico.

Pur senza esserlo ufficialmente, è stata la prima figura di manager all’inglese che ha avuto il calcio italiano.
Il suo carattere un po’ spigoloso gli ha forse precluso un ritorno in pompa magna nel Milan e gli ha fatto guadagnare l’etichetta di “antipatico”. Ma dietro quel carattere burbero e irascibile, si nascondeva un uomo capace di ottenere il massimo da un gruppo di giocatori che molti all’epoca definivano alla frutta.
Quando lo scelse Berlusconi, un importante giornale dell’epoca, polemicamente, scrisse che il Cavaliere si era scelto il suo maggiordomo.
La storia ha poi contribuito a smentire questa affermazione, fin al punto dal renderla ridicola.
Berlusconi, come sempre, si era dimostrato e si dimostrava capace di guardare oltre il campo visivo degli umani dirigenti sportivi.

...alla prossima con "Tabarez e i due ritorni infausti"

 

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