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Milan e Inter: due mercati diversi

 

Il perché le due milanesi si stanno comportando in maniera opposta sul mercato

 

Si fa un gran parlare del parallelo improprio fra il mercato del Milan ed il mercato dell'Inter, analizzando come quello milanista sia un mercato particolarmente munifico, mentre sull'altra sponda dei Navigli la situazione pare invece estremamente opposta. Il problema, ex sè, non concerne la proprietà nerazzurra o quella rossonera, bensì il diverso stato del bilancio e la sottoposizione o meno dello stesso all'esame dell'UEFA per effetto del cosiddetto fair play finanziario.

Faccio una premessa fondamentale: chi scrive questo articolo è assolutamente contrario al meccanismo del FPF ed alla presunzione luciferina che si annida dietro lo stesso, ossia che un organismo esterno ai club, l'UEFA, possa sindacare sull'amministrazione di una società ed imporre un regime di austerity in base alle proprie cognizioni finanziarie. Il mercato è meraviglioso perchè, quando un terzo non si intromette, chi sbaglia le proprie scelte paga personalmente con i propri soldi. Fatta questa breve premessa vengo al punto.

Come tutte le società monitorate dall'UEFA, l'Inter deve sottostare al meccanismo del FPF. La regola principale è quella del break even che impone una perdita aggregata massima di 30 milioni nelle ultime 3 stagioni. L'Inter, conteggiando il ­-30 del bilancio 2015­-16 e lo 0 del bilancio 2016-­17, solo con un bilancio 2017­-18 in pareggio avrà l'opportunità di rientrare nel tetto complessivo massimo di ­30 milioni di sforamento. Inoltre l'Inter non può sottoscrivere il voluntary agreement, perchè il regolamento Uefa non permette ai club che hanno sottoscritto in precedenza un settlement agreement (l'Inter lo ha fatto nel giugno 2015) di chiudere in una fase successiva un voluntary agreement, anche se c'è stato un cambiamento nella proprietà del club.

Diametralmente opposta invece la situazione del Milan che sottoscriverà il suo voluntary agreement in ottobre, non avendo mai sottoscritto alcunchè in passato. Ciò consentirà al club di derogare alla regola che impone un rosso aggregato massimo di 30 milioni in tre stagioni. In più il club di via Aldo Rossi si è dato la linea finanziaria di sfruttare al massimo quest'anno libero dai vincoli UEFA per rafforzare la squadra il più possibile e, con ciò, limitare al minimo le possibilità di intervento negli anni successivi. Tutto ciò nonostante il voluntary agreement presentato da Marco Fassone abbia ottime probabilità di essere accettato dall'UEFA, in modo tale da non vincolare alle sabbie mobili le campagne acquisti dei prossimi anni.

D'altronde la regola del 30 inventata dall'UEFA (trenta milioni massimo di sforamento in tre anni), visti i prezzi che ci sono sul mercato, è una zavorra che impedisce ai club che vogliono svilupparsi di crescere e che con gli anni è destinata solo ad aumentare a dismisura la distanza fra club ricchi e club medi. Il Milan, grazie alle scelte del passato (mancata sottoscrizione del settlement agreement nel 2015) ed in virtù dell'ottimo lavoro di Fassone di oggi, ha la possibilità di guardare al futuro con relativa serenità.

 

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