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Considerazioni sparse sul 101° Giro d'Italia

 

Tante cose belle e qualche delusione. RCS ci ha visto giusto. Applausi per Viviani

 

 

.Tre settimane volate letteralmente, Giro passato in rassegna e a mente fredda, questo è il momento giusto per fare delle considerazioni sparse su quanto è accaduto, su quanto non ci si aspettava accadesse e su quanto doveva accadere ma non è accaduto.

1) IL PERCORSO: "Ma va là, non ha insegnato nulla il Mondiale corso in Qatar?". Si, ha insegnato, e tanto. Ha insegnato che le loction vanno scelte con intelligenza e non solo per business. Infatti chi ha appoggiato e scelto la candidatura del Mondiale 2016 in Qatar ha solo pensato ai soldi. Cairo, Vegni & C. hanno capito che oltre ai soldi in Israele c'è di più. C'erano migliaia di persone a seguire la carovana in tutte e tre le tappe e l'intuizione di invitare una Professional israeliana è stata una genialata. Che l'Etna o lo Zoncolan o il Colle delle Finestre sarebbero stati stadi a cielo aperto era scontatissimo. Che Gerusalemme, Tel Aviv, Haifa o Beer Sheva non facessero la fine della deserta Doha al passaggio dei corridori lo era molto meno. RCS ci ha creduto e ha avuto ragione. Bravi.

2) SPETTACOLO: gli indiani appostati da giorni sulle grandi salite e gli stakanovisti delle dirette hanno avuto quel che si meritano, cioè tanto. Una corsa che è stata una vera e propria roulette russa. Un colpo ciascuno, a random e facciamo che vince chi è più bravo a farsi colpire di striscio. Ogni tappone una croce, dall'Etna a Cervinia: Lopez, Chaves, Aru, Carapaz, Froome, Pozzovivo, Yates, Pinot, Domulin. Anche dopo la crono di Trento - Rovereto a due tapponi e mezzo dalla fine c'erano almeno cinque corridori che si giocavano la maglia rosa alla pari e circa una decina a giocarsi il podio. Più di così si muore.

3) FROOME E TUTTI I 'FILISTEI': Ad inizio Giro sembrava che insieme a Chris Froome nella ricognizione del prologo fosse caduta tutta la Sky. Ok, il capitano non è a posto, velocisti non ne abbiamo, quantomeno proviamo a far corsa per Henao, per ora. Ed invece Froome soffriva e anche tutto il team non era più lo stesso. Giro d'Italia anonimo e anomalo fino alla tappa dello Zoncolan. Risorto Froome, risorti tutti. Ora, inutile stare a farci seghe mentali sul se fosse giusto o meno che il britannico fosse al via della corsa. Di certo non la si può impoutare a loro se la cosa non si sia ancora risolta dopo la positività al salbutamolo alla Vuelta. Si spera solo non si faccia la fine dei Tour di Armstrong o di Landis o del Giro di Contador del 2011, ci sarebbe da incazzarsi davvero. Certo è che il salbutamolo non ti fa fare 80 km di fuga dando tre minuti a tutti tra Colle delle Finestre e Jaffreau. Lì il merito o è delle gambe oppure....Speriamo sia per merito delle prime. 

4) I 'MAICUNTENT' DI STA CIPPA!: Vinci quattoro Tour de France cannibalizzando la corsa con la squadra e non va bene perchè t'annoi, vinci un Giro d'Italia facendo saltare il banco da lontanissimo e non va bene perchè è facile vincere contro nessuno. Eppure proprio al punto 2 abbiamo detto che più che non esserci nessuno, ce n'erano anche troppi. L'anno prossimo se c'avete sta testa guardate "Detto Fatto".

5) GLI ITALIANI: Alla fine si salva solo Viviani. Quattro tappe e maglia ciclamino, ma anche queste stando a quelli su vinte contro nessuno. Si, non ci saranno stati Greipel, Kittel, Ewan, Cavendish, Kristoff. Ma vagli a spiegare a questi che Sam Bennet, Jakub Maretzko (finchè c'è stato), Danny Van Poppel, Sasha Modolo o Nicolò Bonifazio non sono proprio dei " Signor Nessuno". In classifica generale per Pozzovivo si può parlare di delusione solo se vediamo com'era la classifica a due tappe dalla fine. Un quinto posto non è comunque da buttare.

6) SIMON YATES E TOM DOMOULIN: il futuro è loro, senza dubbio. Devono solo imparare a gestirsi. Yates il fisico, Domoulin la testa. Il britannico ha dimostrato che in salita quando è in forma si può permettere di prendere a schiaffi chicchessia. Ha solo sbagliato due cose: la prima è che forse è arrivato già troppo in forma a Gerusalemme ma, soprattutto, che lo scalatore non devi farlo solo in montagna ma soprattutto a cronometro. Spingere il 58x11 non è roba per un pezzettino di 55 kg. Se lo fai, lo paghi e butti a mare se non un Giro quantomeno un podio. L'olandese invece deve gestire le sue energie nervose. Inutile perdere la testa a dire a Carapaz e Lopez di collaborare per andare a prendere Froome. Tanto per uno in quel momento esistevano solo l'altro e la maglia bianca.  Sei secondo in classifica e devi evitare che Froome ti porti via la maglia Rosa? Bene, spetta a te metterti in testa e inseguirlo. L'anno scorso aveva saputo gestire meglio questo aspetto ma certo è che trovarsi a controbattere il Froome di venerdì scorso su Finestre e Jaffreau per ora è una cosa ancor più grande di lui.

7) FABIO ARU: comincio a credere che questo sia il suo limite. Nonostante sia uno dei primi tifosi del sardo comincio a credere che non sarà mai un dominatore di una corsa di tre settimane. E' dalla Vuelta del 2015 ( e nemmeno quella fu dominata, anzi, senza quello squadrone di Astana Domoulin avrebbe già fatto la doppia corona) ha toppato tutti i grandi giri a cui ha partecipato, o quasi. O ci arriva troppo in forma oppure troppo in ritardo di condizione e non può essere un caso. Credo che a questo punto fFabio debba smettere di giustificarsi e debba cominciare a capire sul serio quale sia la propria dimensione. 

 

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