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Doping: pugno di ferro

 

Nella settimana in cui un condannato per doping pone fine alla fantastica carriera di Usain Bolt, il tennis italiano si ritrova a fare i conti con la notizia della condanna di Sara Errani, squalificata per doping fino al 2 ottobre 2017 (2 mesi) poiché sono state ritrovate nelle sue analisi tracce di letrozolo (stimolatore ormonale), una sostanza che, secondo la versione difensiva della tennista, sarebbe presente in un medicinale che viene assunto dalla madre della tennista a causa di problemi tumorali. Secondo la versione della tennista, la pillola sarebbe finita in modo accidentale nell'impasto per la preparazione dei tortellini che la madre stava preparando per il ritorno a casa di Sara dopo la partecipazione ad un torneo.

La condanna, abbastanza lieve, sarebbe dovuta più che altro al fatto che in tutti i numerosi test a sorpresa a cui Sara ė stata sottoposta in questi anni non fosse mai emerso nulla di irregolare. Spiace che a cascare nel trappolone sia una delle maggiori esponenti del tennis e dello sport italiano: nr. 5 del mondo, finale e semifinale a Parigi, semifinale e quarti all’US Open, quarti in Australia, 9 tornei vinti, 10 finali in singolare, 5 trionfi Slam in doppio al fianco di Roberta Vinci e n.1 mondiale di specialità nella quale ha vinto 25 tornei. 13 milioni di dollari incassati di soli premi, più altri 7 di sponsor che sommati fanno 20 milioni di dollari in totale.

Ma allora cosa spinge una Errani a commettere questo tipo di errore? In questo momento Sara è n.98 del mondo, e nei mesi scorsi era anche uscita dalle prime 100. Da un bel po’ Sara è entrata in crisi, una crisi sempre più pesante di risultati e di fiducia, se si pensa che aveva chiuso il 2013 a n.7, il 2014 a n.15, il 2015 a n.20, il 2016 a n.50. Adesso le verranno tolti risultati ed i premi dal mese di febbraio in poi, il che la spingerà, probabilmente fuori dalle 200. Con quella classifica le toccherebbe ripartire da tornei di vera periferia, il che ci porta inevitabilmente a pensare che questa vicenda segnerà per sempre la fine della sua carriera, non certo nel modo glorioso in cui avrebbe meritato. E questo a prescindere da quello che la Errani dirà nella conferenza stampa che ci sarà a breve: qualsiasi decisione verrà presa e qualsiasi sia la scelta per il suo futuro (difficilmente annuncerà il ritiro che saprebbe com una mezza ammissione) purtroppo questa vicenda resterà come una macchia indelebile sulla carriera della trentenne tennista bolognese.

Le motivazioni bizzarre della difesa (doping da tortellino) ricordano molto quelle altrettanto anomale addotte da Peruzzi nel '90 per una sostanza presente nelle tagliatelle preparate dalla mamma (salvo poi ammettere il fatto) o quella della crema vaginale usata da Belen Rodriguez che avrebbe trasmesso i suoi effetti in un rapporto sessuale col malcapitato (si fa per dire) calciatore Marco Borriello. Film già visti insomma, che portano comunque a pensare che la cazzata sia stata commessa e che si cerca ogni scusa per nascondere la dura realtà. Anche il recente caso Shwazer ne è una prova inconfutabile.

Non vogliamo scrivere sentenze prima che la realtà venga accertata in via definitiva, ma a memoria non ricordiamo una sola di queste vicende che abbia poi confermato la versione a dir poco singolare dei personaggi coinvolti. Il doping è una piaga con cui lo sport (quasi tutti) deve purtroppo fare i conti. A parere di chi scrive le soluzioni sono due, l'una diametralmente opposta all'altra: o si liberalizza l'uso delle sostanze illecite oppure si usa il pugno di ferro e chiunque venga coinvolto deve essere definitivamente radiato, senza se e senza ma.

Poiché la prima ipotesi sembra francamente poco percorribile, siamo per la più severa delle punizioni, perché riteniamo che sia l'unico modo per far riflettere profondamente prima di agire chi pensa di poter fare il furbo e cerca la scorciatoia per affermarsi rispetto agli altri.

 

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