Raiola

 

La caduta di Raiola

 

L'ambizione iniziale ha fatto posto alla cieca ricerca del miglior contratto per sè e per i suoi assistiti. Tanto è cambiato negli anni per il noto agente.

 

Sembrano veramente lontani i tempi in cui Ibrahimovic descrisse il suo primo incontro con Mino Raiola nella sua autobiografia Io, Ibra. La prima volta che lo svedese incontrò il suo agente rimase letteralmente spiazzato, perché si aspettava il classico agente di calciatori, uno alla Mendes tanto per intenderci, e invece si ritrovò davanti uno gnomo ciccione - sue testuali parole - in maglietta, jeans e scarpe da ginnastica. Come se non bastasse poi, rimase ancora più spiazzato nel vedere che quell'individuo non solo era totalmente privo di ogni canone estetico tipico di un agente, ma per di più era anche sfacciato e aggressivo, visto che gli disse chiaro e tondo, che se avesse voluto diventare un giocatore della sua scuderia avrebbe dovuto darsi una bella svegliata, visto che la sua media gol era assolutamente non paragonabile a quella dei maggiori attaccanti dell'epoca, vale a dire i vari Vieri, Inzaghi, Shevcenko e Trezeguet. Gli disse sopratutto che se avesse voluto essere rappresentato da lui, avrebbe dovuto puntare ad essere il numero uno al mondo, e solo poi, in conseguenza di ciò, sarebbe arrivato il denaro e tutto il resto.

Ebbene vien da chiedersi dove sia finito quel primo Mino Raiola, quello alla Jerry Maguire, uno partito veramente dal nulla, precocissimo self- made man con un fiuto straordinario per gli affari, che non si faceva intimorire da niente e nessuno. Forse in pochi lo sanno, o se lo ricordano, ma Raiola è uno che sta nel giro che conta da un trentennio ormai, si avete capito bene: 30 anni. Poco più che ventenne, lui già gestiva gente del calibro di Rijkaard e Bergkamp, sapendo sempre assistere i suoi nel migliore dei modi, soprattutto per quanto riguarda la propria carriera sportiva. Da questo punto di vista per esempio, miracoloso fu il recupero di uno come Bergkamp, passato dall'essere considerato un mezzo bollito nell'Inter premorattiana, ad una vera e propria leggenda nella storia dell'Arsenal, in un periodo in cui la Premier stava per esplodere diventando quel campionato che conosciamo tutti. Il Mino Raiola di oggi invece è decisamente un'altra cosa, sarà perché si è adeguato al calcio degli ultimi anni, ma di fatto è uno che non pensa più a far diventare i suoi giocatori i numero 1 del mondo, ma solo a farli guadagnare quanto più possibile.

Emblematico da questo punto di vista il caso di Balotelli, uno che 10 anni fa era considerato veramente un possibile fenomeno di portata mondiale che avrebbe potuto tranquillamente aspirare a qualcosa di meglio, e invece sappiamo bene tutti come è andata a finire. Certo la colpa è stata quasi tutta di Mario, e Mino è stato fin troppo bravo a fargli guadagnare tutto quello che era possibile guadagnare e anche (decisamente) di più. Ma siamo proprio sicuri, che Balotelli non avesse potuto avere un altro tipo di destino, magari un filino più consono al suo talento? La stessa cosa in fin dei conti si potrebbe dire anche per lo stesso Ibra, che in tutti questi anni non è mai riuscito neanche una volta a spezzare il duopolio dei totem CR7 e Messi, eppure la sensazione netta è che dal punto di vista della tecnica e della classe non era certamente inferiore, anzi rispetto a quei due aveva anche un fisico da gigante. Non era da gigante però la mentalità, visto che non ha mai saputo fare quel definitivo salto di qualità utile a salire sul gradino più alto. Anche qui, siamo sicuri che quei continui mal di pancia che lo hanno costretto a fare tanti trasferimenti in carriera fossero solo suoi? E infine arriviamo al caso più preoccupante legato all'attualità, ovvero quel Donnarumma, che solo un anno fa sembrava il miglior prospetto mondiale per quanto riguarda i giovani portieri, tanto che per lui si parlava di Real Madrid e PSG.

Ebbene che fine ha fatto quel Donnarumma che sembrava destinato ad essere l'indiscutibile erede designato di Buffon? Un interrogativo inquietante al quale oggi sembra difficile dare una risposta, perché di sicuro il suo portafogli è sistemato, quanto alla sua carriera non si sa... Poi però bisogna essere onesti fino in fondo e citare anche Pogba e Lukaku, del quale è stato agente fino a metà aprile, che soprattutto dopo questo mondiale hanno dato una sterzata alla propria carriera facendo aumentare di molto il valore del proprio cartellino, ma guarda caso lo hanno fatto in una manifestazione come il Mondiale, ovvero in un contesto spazio-temporale in cui le classiche dinamiche di club legate al calciomercato, sono praticamente sospese per un mese intero, o quantomeno funzionano in modo diverso. E se si sono avvicinati ad essere dei numeri uno, è stato solo perché lo hanno dimostrato sul campo con i fatti, e non a suon di trasferimenti clamorosi e dichiarazioni roboanti, che il più delle volte sono stati sempre suggeriti sappiamo tutti da chi.

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