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Plusvalenze all'italiana

 

Giovani sconosciuti venduti a milioni e milioni di euro; più o meno, tutti hanno scheletri nell'armadio. Perché le 'piccole' accettano queste manovre?

 

Nelle ultime sessioni di mercato Juventus, Inter e Roma, tra le altre, hanno venduto alcuni giovani della Primavera per aggiustare i propri bilanci. Potrebbero rischiare qualcosa?Nelle ultime sessioni di mercato Juventus, Inter e Roma, tra le altre, hanno venduto alcuni giovani della Primavera per aggiustare i propri bilanci. Potrebbero rischiare qualcosa?

L’inizio di questa sessione di mercato si è distinta per la scelta di alcune società italiane – soprattutto l’Inter, ma anche Juventus e Roma – di cedere dei giocatori giovani, in alcuni casi giovanissimi, a cifre superiori a quello che sembra essere il loro reale valore (fermo restando che è impossibile stabilire un “prezzo giusto” in un’economia di mercato) per venire incontro alle esigenze di bilancio. Quanto stiamo osservando in questa sessione di mercato è legale o i club potrebbero rischiare qualcosa in futuro?
 
Il calcio italiano, per fortuna della giurisprudenza, ha diversi casi di questo tipo nella sua storia, ma i più importanti sono stati probabilmente gli scambi di giovani fra Milan e Inter nel 2003, e le accuse di plusvalenze gonfiate rivolte al Parma di Ghirardi, poi fallito per altri motivi.
 
Il primo caso è stato perseguito dalla magistratura all’interno di un indagine su presunti falsi in bilancio realizzati da rossoneri e nerazzurri proprio tramite quelle plusvalenze, ma Galliani e Moratti vennero assolti perché il fatto non costituiva reato. Il caso Parma è stato invece affrontato dalla giustizia sportiva su segnalazione della Procura Federale, con il Tribunale Federale Nazionale che ha assolto tutte le società e i dirigenti coinvolti con la seguente motivazione: «la Procura Federale non ha offerto al Tribunale Federale elementi idonei e sufficienti per poter valutare in modo certo ed obiettivo l’effettivo valore dei calciatori trasferiti, né un criterio valido ed incontestabile su cui si fondano le regole commerciali e di mercato, o almeno un criterio obiettivo, sul quale si dovrebbero fondare le violazioni contabili contestate ai deferiti».

È proprio sull’impossibilità di definire un criterio incontestabile per definire “gonfiata” una plusvalenza che si fonda la possibilità delle società di alzare le valutazioni dei giocatori delle proprie Primavere, per venire incontro alle richieste della UEFA (come nel caso di Inter e Roma) o per competere ad alto livello in Europa (Juventus). Questa motivazione sarà probabilmente decisiva anche in altre due indagini di questo tipo attualmente aperte, quella relativa alle triangolazioni fra Inter, Milan e Genoa attorno all’anno 2013 e quella recentissima che vede coinvolte Chievo e Cesena.
 
Ma se i vantaggi di queste operazioni per i grandi club è evidente, va capito qual è invece il guadagno delle squadre che fanno da “sponda” alle big, prestandosi ad offrire cifre elevate per giovani che ancora non sembrano valerle. La risposta a questa domanda spesso si trova nel funzionamento dell’ormai famoso “diritto di recompra”, inserito ufficialmente nel regolamento del calciomercato proprio da questa sessione, ma che era già utilizzato in maniera non ufficiale da qualche stagione (in particolare da quando sono state abolite le comproprietà) perché non era espressamente vietato e i buoni rapporti fra alcune società permettevano di arrivare a “patti fra gentiluomini” conclusi con una semplice stretta di mano. Vendendo un giocatore con il “diritto di recompra”, la società cedente si riserva il diritto di riacquistare il giocatore entro un tempo prefissato per una cifra superiore di alcuni milioni a quella di vendita.

Se i rapporti fra le due società sono ottimali, e l’acquirente può quindi avere la certezza di poter ridare indietro il giocatore a una cifra superiore a quanto speso dopo uno o due anni, il costo messo a bilancio per quel giocatore non può più essere un problema dal punto di vista economico perché si tratta in realtà di un “investimento” che darà i suoi frutti nel tempo. In questo modo la società che vende realizza immediatamente la plusvalenza necessaria, mentre quella che compra non solo potrà anch’essa in futuro mettere a bilancio una plusvalenza, ma avrà anche un guadagno netto dal semplice confronto fra entrate e uscite di cassa. Quando non viene utilizzato questo escamotage, il vantaggio di chi compra un giocatore dal prezzo “gonfiato” può risiedere nell’inserimento nell’affare (o in scambi precedenti o successivi) di altri giocatori in entrata o in uscita che rendano l’operazione conveniente, oltre a costruire buoni rapporti con club di prima fascia che potrebbero portare vantaggi successivi per l’acquisizione di giocatori in prestito, magari con l’ingaggio pagato in parte dalla squadra proprietaria del cartellino.
 
Passando dalla teoria alla pratica, andiamo a vedere le principali operazioni concluse negli ultimi anni da Inter, Juventus e Roma utilizzando queste modalità.

L’Inter negli ultimi due anni ha dovuto affannosamente rincorrere a fine giugno un “monte plusvalenze” tale da soddisfare le richieste della UEFA e già nella scorsa stagione ha ricorso alla sua Primavera per soddisfare le esigenze di bilancio vendendo quattro giocatori (più un quinto, meno giovane ma vale comunque la pena citarlo). Dalle ricchissime giovanili nerazzurre sono usciti Eguelfi (pagato 6 milioni dall’Atalanta,, apparentemente senza diritto di recompra, per poi essere ceduto in prestito al Cesena, dove ha totalizzato appena 4 presenze in Serie B), Gravillon (al Benevento per 4 milioni e, dopo due apparizioni in Serie A, ceduto al Pescara in Serie B per 3,5 milioni; l’Inter vanta un diritto di recompra), Dimarco (ceduto al Sion per 4 milioni e ricomprato quest’anno a 7 come da accordi) e Miangue (3,2 milioni dal Cagliari con diritto di recompra fissato a 10 milioni). Inoltre l’Inter ha realizzato un’importante plusvalenza di 9,3 cedendo Caprari alla Sampdoria, inserendo il giocatore nell’affare che ha portato Skriniar a Milano.
 
Quest’anno l’Inter ha sfruttato di nuovo il meccanismo, ma con prezzi ancora maggiori. Bettella (all’Atalanta per 7 milioni), Odgaard (7 milioni dal Sassuolo in cambio del prestito di Politano per la stessa cifra), Valietti e Radu (rispettivamente 7 e 5 milioni pagati dal Genoa) sono partiti con diritto di recompra, Zaniolo invece è stato valutato 4,5 milioni dalla Roma senza diritto di recompra ma con una percentuale sulla futura rivendita nell’ambito dell’operazione che ha portato Nainggolan all’Inter e Santon in giallorosso. In questo caso, non bisogna dimenticare la valutazione di 9,5 milioni per Santon, ritenuta da molti eccessiva, ma che ha permesso sia all’Inter sia alla Roma (aumentando il prezzo di Nainggolan) di fare un’importante plusvalenza.

La Juventus ha iniziato ad attuare questa strategia nella scorsa stagione mantenendo un diritto di recompra “sulla parola” per Romagna del Cagliari (ceduto a 7,6 milioni) e per la coppia Lirola-Cassata del Sassuolo (entrambi valutati 7). In entrambi i casi le operazioni sono da vedere in un’ottica più ampia legata agli scambi con queste due società. La Juventus ha infatti ceduto Isla e Padoin al Cagliari al minimo prezzo possibile per non realizzare una minusvalenza, mentre con il Sassuolo ha un rapporto di lungo corso che già aveva visto diverse operazioni in entrata e uscita legate ai nomi, fra gli altri, di Zaza, Peluso, Marrone e Berardi. Proprio il mancato arrivo a Torino di quest’ultimo, che pareva essere parte di un passato accordo verbale fra le due dirigenze ma che il giocatore avrebbe fatto saltare rifiutando la destinazione, ha probabilmente lasciato un “debito” del Sassuolo nei confronti della Juve saldato con le due operazioni sopracitate. Sta facendo molto parlare anche la cessione di Mandragora all’Udinese per 20 milioni, cifra elevata sia per le potenzialità economiche della squadra acquirente che, secondo alcuni, per il valore del giocatore. Ma anche in questo caso la spiegazione è data dal “diritto di recompra” fissato a 24 milioni, che quasi certamente la Juventus eserciterà nel giro di un paio d’anni (dividendo poi il peso di questo “riacquisto” per gli anni di contratto e spalmando di fatto la spesa su più esercizi di bilancio, a differenza delle plusvalenze che sono totalmente incassate in un’unica stagione). Nel corso di questo mercato la Juventus tenterà di replicare la stessa operazione con il giovane portiere Audero e forse anche con Cerri, mentre ha esercitato il diritto di recompra su Favilli dall’Ascoli per 7,5 milioni.

Anche la Roma si è avvalsa di questa modalità di cessione, anche se in misura ridotta rispetto a nerazzurri e bianconeri. In particolare sono da sottolineare i rapporti privilegiati anche da parte dei giallorossi con il Sassuolo. Negli ultimi anni abbiamo visto viaggiare dalla Capitale verso l’Emilia i giovani Mazzitelli (3,5 milioni), Pellegrini (1,5 milioni), Ricci (3 milioni), Marchizza (3 milioni) e Frattesi (5 milioni), questi ultimi tre nel rush finale del giugno scorso per racimolare le plusvalenze richieste dalla UEFA, con Pellegrini che è tornato alla Roma per 10 milioni a seguito di una “recompra” sulla parola. Le due squadre, inoltre, hanno coltivato ottimi rapporti anche sul mercato “convenzionale”, chiudendo altre operazioni come quelle relative a Politano (acquistato dal Sassuolo un paio di anni fa per una cifra intorno ai 3,5 milioni di euro) e Defrel (passato alla Roma la scorsa estate per 20 milioni). In questa stagione c’è stata anche la cessione di Tumminello all’Atalanta per 5 milioni con “diritto di recompra” fissato a 13.

Vista la vasta casistica in Serie A, ci si può domandare se questo modo di abbellire i bilanci sia una specialità tutta italiana o venga utilizzata anche all’estero. Per ora sembra che le squadre straniere non utilizzino in maniera massiccia i propri giovani per creare plusvalenze e non sfruttino il “diritto di recompra” in questo modo, con l’unica eccezione della Spagna.
 
I casi che possono in qualche modo essere catalogati come simili a quanto abbiamo visto sono davvero sporadici: il passaggio di Cheikh la scorsa estate dal Celta Vigo all’Olympique Lione per 10 milioni (una presenza in Ligue 1) forse per rendere il favore del passaggio inverso l’anno prima del più anziano Beauvue in Spagna per 5 milioni; il riscatto di Edouard del Paris Saint-Germain da parte del Celtic Glasgow per 10,3 milioni (cifra che sembra alta per il 20enne visti i 6 gol in 19 presenze in Scozia, ma utilissima al PSG per fare una plusvalenza della quale aveva estrema necessità e che forse verrà ripagata con qualche favore futuro); e la cessione da parte del Chelsea di Aké al Bournemouth pe 22,8 milioni, anche se la Premier League è ormai un “mondo a parte” che fa storia a sé, perché la pioggia di sterline caduta sul campionato inglese porta spesso i club a ipervalutare i giocatori senza che ci siano dietro secondi fini di mercato.
 
Almeno in questo campo, possiamo davvero dirci pionieri in Europa.

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